Non c’è il commissario Ricciardi a indagare sugli omicidi nella Napoli degli anni Trenta; come non c’è la squadra dei Bastardi che, dal commissariato della collina di Pizzofalcone, si muove nel capoluogo partenopeo a caccia di moderni criminali. E, soprattutto, non c’è lei, la sua città: Napoli, dove Maurizio De Giovanni è nato e cresciuto e vive tuttora. Napoli, lo sfondo sul quale agiscono i suoi personaggi, ma anche personaggio la città stessa, in tutta la sua bellezza mediterranea e le sue contraddizioni. Il nuovo romanzo rappresenta una pausa che lo scrittore si è preso per raccontare una storia che, come lui stesso ha dichiarato, aveva in mente da tempo. Lasciata momentaneamente da parte la serialità dei suoi personaggi e migrando dal suo “luogo sicuro”, De Giovanni regala ai lettori una parentesi commovente ed emozionante.
Il romanzo narra la storia di un nonno e un nipote: detto così, potrebbe sembrare un racconto semplice, ma non lo è quando si tratta di sentimenti e relazioni familiari. Tanto più che, in questo caso, il nonno e il nipote della storia sono quasi due estranei, non si sono mai frequentati se non per brevi momenti di vacanza, quando il nonno porta a pescare il bambino e, per gioco, si danno del lei e fanno finta di non conoscersi:
“Io sono Petrini Francesco di anni nove, signor pescatore. Detto Checco”. Il pescatore annuì, serio, senza l’ombra di un sorriso. “Bene, signore. Ma mi dica, dove l’ho già vista? Perché il suo viso non mi è nuovo”. Il bambino spostò il ciuffo nero dagli occhi e disse piano: “Mi conosce, signore, perché sono suo nipote. Lei, insomma, è mio nonno”.
Massimo è un professore di matematica in pensione. Vedovo, vive in solitudine sulla sua isola, con la sola compagnia delle sue passioni: la pesca, la musica e la matematica. Ha una figlia, Cristina, che ha sposato un ricco imprenditore del nord, dove vive con marito e figlio, il piccolo Francesco detto Checco, di nove anni. Massimo e Cristina hanno un rapporto distante, fatto di telefonate settimanali che hanno il sapore di un dovere formale più che di una necessità sentimentale. Fino al giorno in cui Massimo riceve una telefonata che cambia tutto: Cristina e il marito Luca sono morti in un incidente stradale. Francesco, che era in auto con loro, è ferito gravemente. Controvoglia, Massimo parte per una fredda e umida cittadina della provincia del nord, convinto che, appena concluso il funerale e accertatosi delle condizioni del nipote, possa tornare a casa. E invece, l’anziano professore troverà una realtà ben diversa da quella che si aspettava. Innanzitutto, Francesco è in coma farmacologico per il grave trauma cranico subito, non si sa se e come si risveglierà. In secondo luogo, alla fine delle esequie di Cristina e Luca, Massimo viene avvicinato da un poliziotto, un suo conterraneo, che gli confida di avere dei sospetti sulla dinamica dell’incidente.
Impossibile tornare presto all’esistenza solitaria che si è costruito sulla sua isola di cui non si nomina il nome (ma sappiamo che è Procida, amata da De Giovanni e che ha voluto così omaggiarla), perché Massimo, a questo punto, deve sapere cosa sia davvero accaduto a quella figlia che non ha mai davvero conosciuto, a cui ha permesso di allontanarsi da lui, non solo geograficamente. Un ultimo, tardivo ma importante gesto che sente di fare per rimediare, almeno in parte, alle sue mancanze di padre. E poi c’è il piccolo Checco, accudito da Alba, la tata moldava che lo ama come una vera madre, personaggio di straordinaria umanità che riesce a scalfire in parte la fredda distanza del professore. Su suggerimento dei medici, Massimo inizia a parlare al bambino, prima con imbarazzo e poi lasciandosi andare, per mettere in moto quella relazione affettiva tra due individui così intimante connessi – un nonno e un nipote – che, una volta innescata, cambia per sempre le persone coinvolte, come spiega bene l’equazione di Dirac, un concetto matematico che il professore applica alla sua esperienza umana:
“Perché l’equazione di Dirac, attraverso i simboli che la compongono, dice questo: se due sistemi interagiscono tra loro per un certo periodo di tempo e poi vengono separati, non possono più essere descritti come due sistemi distinti, ma diventano un unico sistema. Mi senti, signor pesciolino? Se mi senti, capisci questo: due sistemi, come per esempio due persone, o due anime, o due mondi, se entrano in contatto, per sempre, finché esisteranno, risentiranno l’uno dell’altro. Potremmo dire che questa scoperta, fatta da un solitario silenzioso ragazzo nel secolo scorso, sia l’equazione che ci racconta. Potremmo proprio dirlo”.
L’equazione del cuore è un romanzo commovente e intimo, che dimostra tutta l’umanità dell’autore, la sua capacità di penetrare con delicatezza nell’anima dei personaggi, un “detective del cuore”, che svela sentimenti segreti e cerca di mettere ordine nel caos affettivo di esistenze travagliate. Maurizio De Giovanni è un grande narratore e un abile costruttore di trame, che si colloca tra i grandi scrittori della letteratura italiana contemporanea.