Masande Ntshanga / Fantascienza post-colonialista

Masande Ntshanga, Triangulum, tr. di Stefano Pirone, Pidgin Edizioni, pp. 300, euro 18,00 stampa, euro 8,99 epub

L’anno scorso in Italia sono usciti circa settantamila libri e mentre scrivo imperversano le top dieci, cinque, tre. Alcuni sottintendono che questa produzione è insostenibile, mica si legge così tanto in Italia. Già, ma questo è un problema spinoso e ha in un certo qual modo a che fare con Triangulum di Masande Ntshanga. Per due motivi: il primo è con che criterio si possa giudicare se un libro debba essere pubblicato, magari addirittura stampato su carta. Se le classifiche della settimana di Natale sono piene di titoli come Crimini e misfatti da risolvere mentre fai la cacca, mentre quelle estive erano infestate dal “fenomeno” Vannacci non è certo quello che viene “consumato” a poter essere il discrimine univoco di ciò che merita. Ecco che con questo criterio verrebbe a mancare la cosiddetta bibliodiversità (ovvero la varietà di libri disponibili in commercio) e le scelte coraggiose di editori che invece di propinarci il solito giallo (estivo o natalizio, da leggere alla toilette, sotto l’ombrellone o… coniugatela come vi pare) traducono fantascienza africana. Ma come si permettono, costoro?

Spetta spesso agli editori indipendenti fare da apripista alle letterature particolari – in traduzione non dai soliti mercati editoriali – di generi che a più riprese vengono considerati morti e poi rinascono. Ecco che quindi penso sia il caso di pubblicarli tutti quei settantamila libri in Italia all’anno se si rischia di lasciare fuori delle perle come il libro di Ntshanga. Per certi versi Triangulum parla anche di questo: della forma mentis delle popolazioni, del cambiamento di mentalità e quindi anche antropologico che è necessario per scongiurare la catastrofe (l’ho già detto che è un libro di fantascienza?).

Ntshanga, vincitore del PEN International New Voices Award nel 2013 e del Betty Trask Award nel 2018, pubblicato da Pidgin nel 2017 con Il Reattivo, propone oggi un romanzo composito, complesso per temi e plot, ma in definitiva completo e ben riuscito. Ecco di cosa si tratta. L’anonima protagonista è l’autrice di un pacchetto di documenti (una sorta di messaggio nella bottiglia) che vanno dai ricordi registrati alla scrittura di autofiction. Tramanda la propria storia per una necessità stringente: comunicare al genere umano il messaggio che ha appreso. La storia si svolge in Sudafrica, tra svariate metropoli e sobborghi, su più piani temporali. Dapprima la troviamo teenager, con una madre scomparsa forse a seguito di un rapimento, così come anche alcune ragazze della sua scuola. Insieme agli amici (poi amanti) Part e Litha cerca di scoprire perché le persone scompaiono, rivelando dunque un tessuto sociale contradditorio e violento e ricco di storie specifiche del periodo post-Apartheid.

Spesso le appare una stranissima macchina triangolare che le mostra delle cose, forse allucinazione, forse bandolo della matassa per capire cosa (le) sta succedendo. Di questa esperienza scrive in un libro, Obelisk, che attrae più di una persona, per esempio l’artista D., attivista in un gruppo di ecoterroristi segreto chiamato i Ritornanti. I ricordi, dopo una cesura, riprendono nel 2025 (26 anni più tardi) e le cose non si sono certo risolte. La nostra protagonista si trova a lavorare come programmatrice al misterioso U.S.D., ente aziendalizzato di “Controllo della popolazione” che vende i dati degli slum a imprenditori senza scrupoli pronti a creare modelli di business e gentrificazione adatti ai comportamenti di popolazioni che non meritano una privacy. Quando poi inizia il lavoro che si svolge nella cosiddetta Torre, le cose precipitano ulteriormente e si scopre che l’U.S.D. insegue progetti pilota per la mutazione del DNA delle persone svantaggiate al fine di “prevenire” i reati. Nel frattempo la nostra si innamora di D. e insieme a lei cerca di combattere il completo disequilibrio sociale, politico e ambientale che le circonda. La macchina tornerà e avrà a che fare con la (parziale) risoluzione degli enigmi.

L’ottica Africana sullo squilibrio climatico/ambientale come fine del mondo è qui potente e originale. Triangulum parla proprio di questo: di come le cose siano fuori di sesto e del fatto che non abbiamo più appello. Ritorna qui la funzione principale della fantascienza: con un’ottica sub specie aeternitatis o a volo d’uccello sulla razza umana, mette in luce meccanismi che altrimenti non vedremmo. L’immensamente grande si relaziona con il quotidiano e la vita delle persone, le nostre scelte hanno a che vedere con la sopravvivenza di tutto l’universo. Il moltiplicarsi delle missioni e dei doppi e tripli giochi di hacker, ricercatrici e ecoterroristi accostano Triangulum anche ad altri contenitori “di genere” come il romanzo di spionaggio o il noir, come ogni lavoro di fiction che si rispetti è sfaccettato e non monocorde. È infine leggibile come storia d’amore tra ragazze (la protagonista e D., la protagonista con Litha, ma soprattutto Part). In definitiva anche l’amore sincero è possibile nella vita di una rivoluzionaria professionista.

Per finire è da notare come sia la solidarietà giunta dal basso, tra le persone “sulla stessa barca” – compagni di classe, colleghi o parenti – a rendere possibile una speranza sul futuro del pianeta. Insomma una scrittura contemporanea, fresca, capace di parlare di grandi tematiche e di farlo da un punto di vista femminile (il che non è per nulla scontato) adempiendo ai canoni di genere senza trascurare la storia, con nomi e cognomi, dei fatti realmente accaduti e il ritmo che ci si aspetta da un romanzo siffatto. Complimenti a Pidgin, di libri così ce n’è davvero bisogno. Se poi volete leggerlo sulla tazza, liberissimi di farlo.