Minimum Fax prosegue la pubblicazione di tutte le opere residue di Mark Fisher (1968-2017), saggista e teorico culturale britannico che tanto peso ha avuto nel dibattito socio-politico degli ultimi anni. In dialogo coi pensatori del realismo speculativo (corrente filosofica contemporanea che vede il reale come radicalmente ritirato, cui si può accedere per via speculativa, empiricamente inattingibile), e vicino, su posizioni neomarxiste, all’accelerazionismo (concezione politica postcapitalista e pro-tecnologica che vuole far collassare le contraddizioni del capitalismo accelerandole verso un altrove alternativo al neoliberismo), ha coniato concetti chiave per comprendere la contemporaneità soprattutto nel suo testo più noto, Realismo capitalista (Nero, Not, 2018); ha ripreso il concetto di hauntologia da Jacques Derrida, da lui definito in Spettri di Marx e declinato da Fisher nel senso di “nostalgia per un futuro perduto” (Spettri della mia vita. Scritti su depressione, hauntologia e futuri perduti, Minimum Fax, 2019); ha analizzato in termini culturali e filosofici la spettralità – intesa come relazione con ciò che è non più o non ancora – in The Weird and the Eerie: individuando il weird, come compresenza di entità che non appartengono alla stessa dimensione, e l’eerie, che agisce dove non dovrebbe esserci nulla o nel fatto che non vi sia nulla dove dovrebbe esserci qualcosa (The Weird and the Eerie. Lo strano e l’inquietante nel mondo contemporaneo, Minimum Fax, 2018). Cogliendo così perfettamente l’essenza del XXI° secolo: un presente bloccato dall’impossibilità di concepire un futuro, oppresso dal senso di finitezza e sfinimento in cui gli spettri dei futuri passati lo costringono, schiacciato dall’immagine di un mondo radicalmente diverso, di un orizzonte perduto, di possibilità fallite, che lo infestano e lo immobilizzano nell’incapacità di realizzarle davvero.
Fisher è stato allievo di Nick Land al CCRU (Cybernetic Culture Research Unit), collettivo sperimentale di teoria culturale, attivo alla Warwick University tra il 1995 e il 2003, in cui si andava definendo una theory-fiction che incorporava cyberpunk e horror gotico, ars goetia e telematica, riferendosi sia a H.P. Lovecraft e Aleister Crowley che a Deleuze & Guattari. Dalle bizzarre lezioni dell’eccentrico pensatore sarebbero emersi, oltre Fisher, filosofi come Ray Brassier (Nihil Unbound: Enlightenment and Extinction, 2007, inedito in italiano) e Reza Negarestani (Cyclonopedia. Complicità con materiali anonimi, Luiss University Press, 2021), e artisti come lo sperimentatore di musica elettronica Kode 9 (Steve Goodman, fondatore dell’etichetta Hyperdub).
I percorsi di Nick Land e di gran parte dei suoi ex allievi, tra cui Fisher, andranno però presto distanziandosi: la diversa visione del superamento del capitalismo darà origine ad un accelerazionismo “di sinistra” e un accelerazionismo “di destra”. Per il primo, i limiti sono intrinseci al capitalismo stesso: il dispiegamento corretto delle forze latenti indirizzate all’emancipazione totale, richiede la drastica correzione dello spreco capitalista di risorse, intelligenze ed energie; per il secondo invece, gli stessi limiti sono sintomi di un capitalismo che non si è spinto abbastanza oltre, che in qualche modo ha tradito sé stesso. La soluzione diventa allora non meno, ma più capitalismo, anche nelle sue forme più brutali e spietate. Nick Land aderirà a quest’ultima formulazione come si evince dai suoi – astrusi e quasi illeggibili – saggi (Fanged Noumena: Collected Writings 1987 – 2007, bel titolo: “numeni con le zanne”), recentemente tradotti anche in italiano: Collasso. Scritti 1987-1994, Luiss University Press 2020; Nessun futuro. Scritti 1995-2007, Luiss University Press 2022, e soprattutto Illuminismo oscuro, testo divenuto la bibbia dell’alt-right e non a caso edito in Italia nel 2021 dalla casa editrice fascisteggiante e rossobruna Gog.
Uno dei concetti chiave – almeno tra quelli accettabilmente comprensibili – dell’opera di Land è l’iperstizione: una profezia che si autoavvera, affine per certi aspetti al meme, e all’hype. La capacità di far succedere le cose, usando la fede come forza positiva: “Solo perché una cosa non è ‘vera’ adesso, non vuol dire che non lo sarà in qualche punto del futuro. E una volta che diventa reale, è come se lo fosse sempre stata”. L’iperstizione funziona di fatto come un sigillo magico (usati nella Magick di Aleister Crowley e Austin Osman Spare): una volta formulato, il sigillo si attiva in modo da piegare la realtà all’iperstizione stessa. Il futuro determina il presente, indirizzandolo ai propri fini. Per Land, è il capitalismo ad incarnare “la dinamica iperstizionale a un livello di intensità ineguagliabile e senza precedenti”.
Fisher riutilizza il concetto invertendolo di segno: hanno voluto convincerci che il mondo contemporaneo fosse “la fine della Storia”, che il capitalismo e la forma neoliberista non fossero superabili, che non esistessero più classi e fossimo ormai tutti quanti “classe media”. Dobbiamo invece immaginare un oltre, un altrove che trascenda l’esistente, immaginare una società che si sia lasciata alle spalle il capitalismo ma non il desiderio su cui il capitalismo si fonda: l’immagine e la volontà che costituisca la dinamica iperstizionale a guidarci e guadarci al di là della secca dell’oggi, a recuperare una coscienza di classe e riconnettersi al filone attivo della controcultura che il capitalismo ha – in termini cospicui ma non assoluti – inglobato e mercificato. L’immaginario auspicato in canzoni come Sunny Afternoon dei Kinks o I’m Only Sleeping dei Beatles, diventa per Fisher un’agenda politica da concretizzare, No More Miserable Monday Mornings: “un sinuoso edificio aristocratico, ormai occupato da sognatori operai che non timbreranno mai più il cartellino”. A questo intento e in questa direzione erano rivolte le lezioni di Desiderio postcapitalista e il saggio Comunismo acido (quanto ne resta è stato incluso in Il nostro desiderio è senza nome. Scritti politici, Minimum Fax 2020), purtroppo entrambi interrotti dalla tragica morte dell’autore.
Le cinque lezioni, tenute da Fisher all’Università di Warwick tra il novembre e il dicembre del 2016, cercano di raccogliere i materiali culturali su cui ricostruire questa visione postcapitalista condivisa in un incessante dialogo con i propri studenti che partecipano e dibattono costantemente con il loro professore. Si riflette sul desiderio rileggendo Marcuse e il suo quasi dimenticato Eros e civiltà (Einaudi, 1964); sulla coscienza di classe commentando passi da Storia e coscienza di classe di Luckàcs (Mondadori, 1973); sul post-lavoro utilizzando gli accelerazionisti Nick Srnicek e Alex Williams di Inventare il futuro: per un mondo senza lavoro (Nero, Not, 2018); sull’Economia libidinale di Lyotard (PGreco, 2013). Nel gennaio del 2017, poco prima di riprendere i corsi affrontando il tema dell’Autonomia italiana e il testo di Hardt e Negri Comune. Oltre il privato e il pubblico (Rizzoli, 2010), Fisher cede alla depressione e si suicida. Ma la depressione, ci aveva insegnato lui stesso in Realismo capitalista, non è affatto una questione personale e privata: la depressione, l’angoscia, l’infelicità, il suicidio, non sono problemi clinici ma patologie sociali, pubblici tralignamenti di cui – anche di questo – chiedere conto.