Ottanta anni fa, il 24 marzo, un drappello di soldati tedeschi guidati dal generale Kappler spinge nelle cave di Pozzolana della via Ardeatina, in Roma, 335 civili italiani. Tutti uomini tra i 15 e i 74 anni, frutto di una rappresaglia che il comando degli occupanti nazisti nella capitale ha voluto eseguire a fronte di un attacco partigiano effettuato in via Rasella il giorno prima e in cui erano morti una trentina di militari tedeschi. Si realizzò così la più grande strage perpetrata in ambito urbano dal nazifascismo contro la Resistenza. Incredula e attonita Roma reagì incrementando la lotta partigiana nei quartieri popolari e nei castelli.
Di tutto questo gli italiani hanno portato memoria per molti anni fino a quando si è visto che anche questa storia veniva gradatamente sepolta nell’oblio dando la possibilità a qualcuno di dire che i soldati in via Rasella non erano altro che una banda musicale. Purtroppo, a favorire tutto questo hanno contribuito il silenzio di molti giornali e quello di molte scuole.
Oggi però c’è una buona notizia: due storici di valore, Mario Avagliano e Marco Palmieri, per Einaudi pubblicano il libro Vite spezzate delle fosse ardeatine, una raccolta dei profili e delle storie di tutti i martiri di quell’orrendo crimine. Il libro costituisce una novità assoluta, non perché non si sia mai parlato dei terribili fatti di quel giorno, ma perché Avagliano e Palmieri si sono fatti carico di restituire le biografie, le vicende delle persone barbaramente uccise in quella occasione. L’effetto è molteplice. Da una parte si può avere un quadro esaustivo delle varie componenti della resistenza romana, e non solo. Dall’altra si percepisce con tutta evidenza quale fosse il valore e il coraggio di queste persone, non vittime del Fascismo ma suoi fieri oppositori che dettero la vita per gli ideali, loro e nostri, che hanno portato la democrazia nel nostro paese.
Due furono i luoghi in cui si concentrarono i rastrellamenti: il carcere di Regina Coeli e la prigione politica di via Tasso. In più vennero catturati inermi cittadini che semplicemente si trovavano nei paraggi dell’azione di guerriglia partigiana. Troviamo così 40 militari che erano stati tra quelli che si erano ribellati ai tedeschi l’8 settembre, guidati dal colonnello Luca Cordero Di Montezemolo, il carabiniere che arrestò Mussolini, Giovanni Frignani. L’azionista Pilo Albertelli, a cui Roma ha dedicato una scuola. Con lui molti altri membri del Partito d’Azione. Socialisti, Comunisti, militanti di Bandiera Rossa. Il sacerdote pugliese don Pietro Pappagallo. E molti ebrei. I martiri delle Fosse Ardeatine provenivano dai quartieri popolari di Roma: Centocelle, Pigneto, Tor Pignattara e altri. Erano seguaci delle religioni più diverse, cattolici, ebrei, evangelici ma vi erano anche molti atei.
Il libro vanta una prefazione in cui i fatti storici vengono spiegati nei dettagli. Apprendiamo anche che gran parte delle persone uccise furono vittime della delazione di fascisti italiani. Il dr. Attilio Ascarelli, al tempo, si occupò di riesumare le salme dei 335, con fatica e con l’aiuto di molti parenti delle persone uccise. Oggi, Avagliano e Palmieri con la perizia e la cura degli storici e con lo stato d’animo di chi sa di svolgere un importante impegno civile, ci restituiscono elementi decisivi per coltivare la memoria. Non più solo nomi e cognomi segnati sulle tombe nere del sacrario, ma vite di fieri oppositori al peggiore regime che l’Italia ha dovuto sopportare. Alcuni di loro hanno lasciato biglietti perché noi li leggessimo, altri si sono fatti trovare abbracciati nella montagna di cadaveri: un padre e un figlio che hanno condiviso il destino di lotta per la libertà e la giustizia.