Mario Avagliano, Marco Palmieri / Emigrazioni: verso il grande sogno

Mario Avagliano, Marco Palmieri, Italiani d’America. La grande emigrazione negli Stati Uniti, il Mulino, pp, 552, euro 32,00 stampa, euro 19,99 epub

Uno dei punti di forza della propaganda politica dell’estrema destra imperante in tutto il mondo ricco e agiato, ma specialmente in Italia, è senza dubbio il tema dell’immigrazione. Immigrati pericolosi, immigrati criminali, immigrati stupratori, immigrati ladri di posti di lavoro dei nostri giovani (sic!) e così via delirando. In questo contesto sembra apparire debole l’obiezione di chi dice “anche noi fummo immigrati. Anche noi avemmo gli stessi problemi. Dovremmo imparare dalla storia per capire questi fenomeni ed elaborarli non solo facendo appello al senso di umanità, ma anche alla sociologia e alla politica, intesa nel senso più nobile del termine”. A questa obiezione si risponde frettolosamente che i “nostri” quando andavano all’estero andavano per lavorare e non creavano problemi e non ne subivano. Ma non è così. Per le persone non disoneste culturalmente c’è oggi un’opportunità molto interessante per collocare il fenomeno all’interno di parametri storici oggettivi che ci riguardano molto da vicino: si tratta di Italiani d’America.

La mole del libro non deve spaventare perché si offre con facilità alla consultazione. È facile individuare alcune aree tematiche che riguardano la materia del mito americano, le dinamiche della partenza, del viaggio, l’attesa nei porti, l’impatto con il Nuovo Mondo, le condizioni di vita e di lavoro, i legami identitari, le differenze culturali, le difficoltà culturali e linguistiche, il valore della corrispondenza e la crisi delle unioni, il razzismo i linciaggi e le violenze, i conflitti generazionali e i successi individuali.

Il libro propone molti dati divisi per periodi storici e documentazione proveniente da fonti italiane e americane, composta per lo più da materiale epistolare e organizzata per temi. Si vede così che furono oltre 27 milioni gli italiani che partirono per paesi stranieri – in prevalenza gli Stati Uniti – dal 1876 al 1915. Tra costoro, circa la metà tornarono in patria per i motivi più disparati. A questi seguì poi una seconda ondata di emigrazione composta anche da antifascisti ed ebrei in fuga dalla persecuzione del “nostro” regime. Provengono in prevalenza dalle regioni del sud ma c’è anche una folta rappresentanza dell’Italia settentrionale. Devono misurarsi con la dura accoglienza intrisa di razzismo e sfruttamento. Con la difficoltà di una lingua sconosciuta (quando moltissimi non conoscevano neanche l’italiano). Ma soprattutto si scontrano con i loro stessi connazionali, con i loro “paesani” che non perdono occasione per truffarli.

All’arrivo al porto, sulle banchine trovano altri italiani che si propongono di cambiare denaro con l’obiettivo di defraudarli. Venditori ambulanti cercano di vendere agli immigrati vecchi abiti usati di “tipo americano” a prezzi esosi. Forme di vampirismo e di sciacallaggio che nulla hanno a che fare con il (falso) mito di “italiani brava gente” che non è solo il titolo di un film del dopoguerra ma anche un luogo comune in cui tutti ci siamo crogiolati in forme onanistiche di autocompiacimento.

Questi immigrati faticano a mantenere i rapporti familiari, a misurarsi con la cultura locale o di altri gruppi etnici. Sono sfruttati senza ritegno dal rampante capitalismo americano. Si trovano dilaniati nelle coscienze (e nei corpi) nel caso della guerra. Insomma gli immigrati italiani in America, più dei loro connazionali in Europa rappresentano una sorta di avanguardia della modernità nel mescolamento delle etnie, delle culture delle istanze politiche e sociali che, con alcune pause, arriverà fino ai giorni nostri. Conoscere questa realtà e approfondirla vale quanto conoscere la nostra storia, ma soprattutto, senza facili pedagogismi, ci offre le linee guida per imparare a vivere e comportarci di fronte all’attuale grande emigrazione.