I migranti italiani che sognavano il Messico

Mariana Campoamor, La terra del sogno, tr. Fiammetta Biancatelli, Mondadori, pp. 348, euro 19,00 stampa, euro 9,99 epub

“Ai viaggiatori di ogni tempo e luogo, e alle terre in cui sperano di seminare un sogno”. La dedica iniziale del libro di Mariana Campoamor racchiude in poche parole un significante straordinario. La terra del sogno è infatti un romanzo d’esordio, una sintesi tra racconti di vita vissuta e immaginazione. Un romanzo che racconta una storia con un fitto intreccio basato, soprattutto, sui sentimenti di chi parte inseguendo un sogno, lavora per realizzare un progetto, vive per dare un senso ai propri pensieri.

Nel 1886 Aldo Masi lascia Milano e l’Italia e, a bordo di un piroscafo, raggiunge le Americhe. Uomo ambizioso, riesce a realizzarsi grazie alla piantagione di indigofera nella terra arsa dal sole del Michoacán eppure continua a coltivare un grande sogno, un desiderio ereditato dal padre, un’idea talmente folle da diventare possibile: coltivare riso in Messico.

Il Messico è la terra che ha accolto Aldo Masi e la sua famiglia, che ha visto nascere e crescere i suoi figli e i suoi desideri. L’Italia è la terra che gli ha dato i natali, è il luogo cui si sente più legato e verso cui ritorna ogni suo pensiero. Nella storia raccontata da Mariana Campoamor si ritrovano il passato e il presente di quest’uomo, le tradizioni dell’uno e dell’altro paese, e il tutto sembra fondersi al punto da non riuscire quasi a definire le differenze. Come se l’unione delle due culture ne abbia generato una terza, ibrida, che serba e racconta parti di entrambe.

La storia de La terra del sogno presenta diversi lati oscuri, segreti e misteri che rendono a tratti la narrazione vicina a quella di un libro giallo o noir senza mai davvero assumere il canone del genere. Rimane, il testo di Campoamor, all’interno dei parametri utili a definirlo “romanzo”, un romanzo moderno che racconta la saga di una famiglia di immigrati italiani in Messico e lo fa con uno stile narrativo vicino a tanta letteratura, soprattutto americana, che ha narrato la vita, la cultura all’interno di queste immense piantagioni, sterminati campi di piante, alberi, vita e vite,  in un intreccio di esistenze ed esperienze che sembrano appartenere a una società che non esiste più ormai e che, invece, ha solo trovato differenti protagonisti e luoghi, o terre su cui mettere radici.

Alcune parti del libro sono richiami palesi ai racconti che l’autrice ha ascoltato da sua nonna. Racconti dei suoi antenati al tempo in cui lavoravano nelle piantagioni di proprietà di immigrati italiani. Storie di padroni, proprietari, immigrati e di braccianti, lavoratori, autoctoni. Storie su cui l’autrice ha intessuto la sua, di narrazione, modellata anche dalla volontà di raccontare il riscatto, etnico e di genere.

La terra del sogno lancia innumerevoli spunti di riflessione per il lettore a partire da una storia ben strutturata e ben scritta nella quale l’autrice ha saputo fondere alla perfezione emozione e razionalità.