Maria Giudice. Chi era costei? Nata a Codevilla, in provincia di Pavia, nel 1880 e morta a Roma nel1953, Maria Giudice forse è una sconosciuta per la maggioranza degli italiani, specialmente se di giovane età. Eppure, nella storia del nostro paese, fu una figura di spicco. Esponente di primo piano del “socialismo umanitario” fu la prima donna a capo della Camera del Lavoro di Torino, attivista infaticabile per i diritti delle donne, antifascista, partigiana e vicina ai padri e alle madri costituenti. Nel libro di Maria Rosa Cutrufelli, scrittrice femminista, si legge di come l’impegno politico fu la bussola sulla quale questa donna coraggiosa e determinata organizzò la sua vita, spesso affrontando scelte radicali e sempre in coerenza con i suoi ideali.
Giudice non fu una madre tradizionale, specialmente se si pensa ai canoni dell’epoca. Avviò una impegnativa ma libera relazione con l’anarchico Carlo Civardi a cui la legava un forte trasporto amoroso. Ma quando, con l’avvicinarsi della guerra, Civardi scelse la fazione belligerante, Maria Giudice lo lasciò e rimase con i suoi sette figli. Carlo Civardi poi morì in guerra a causa di una granata.
L’impegno politico provocò anche forti sofferenze a questa forte donna lombarda che non ebbe alcun timore a cambiare contesti, per indicazione del proprio partito o per la necessità di mettersi al sicuro dalle insidie. Solitudine, ricatti, persecuzioni non la abbandonarono mai. Maria Giudice dovette subire il carcere e fu anche costretta a fuggire in esilio più volte: in Svizzera prima di tutto, molto giovane e incinta del primo figlio. Sempre, anche in situazioni di emergenza e pericolo, riuscì ad approdare dove il conflitto era forte e dove lei fu capace di interventi qualificati sul coordinamento delle masse di sfruttati, dalla Svizzera al Sud d’Italia. Nello stesso periodo ebbe modo di fondare e dirigere diversi giornali. Prima di stabilirsi definitivamente a Roma, dove morì, Maria Giudice venne inviata in Sicilia, dove si distinse fino al punto che le venne affidata l’organizzazione del partito. In quel periodo lottò duramente contro la mafia e rischiò la vita con il suo nuovo compagno Giuseppe Sapienza.
Furono però le donne e la loro condizione di sfruttate sui luoghi di lavoro e in famiglia a costituire il momento principale dell’impegno politico e ideale di Maria Giudice. Tra i tanti giornali in cui scrisse da giornalista, ricordiamo che collaborò con il periodico Eva e scrisse La donna che piange in contrapposizione dialettica con la rivista di Ernesto Majocchi, L’uomo che ride. Al termine della guerra firmò l’atto di fondazione dell’UDI, Unione Donne Italiane. Tanto lavoro, tanto impegno, tanti ostacoli e tanta fatica fisica e mentale la portarono a una sorta di corto circuito psicologico per il quale dovette subire anche un profondo periodo di cura. Quando si riprese, la donna che aveva conosciuto Lenin e Mussolini in Svizzera, che aveva passato periodi di prigionia con Umberto Terracini (colui che, dopo la Liberazione, presiederà l’Assemblea Costituente), non smetterà di lottare e di impegnarsi.
I libri di storia sembrano averla dimenticata, ma ci aiuta Cutrufelli con un lavoro di ricostruzione biografica della grande esponente del socialismo umanitario. Molto di più: attraverso una sottolineatura “matrilineare” valorizza l’impegno nella lotta per i diritti delle donne tra fine Ottocento e prima metà del Novecento e lo arricchisce di tratti emotivi personali che danno spessore all’opera e ci aiutano a capire maggiormente, oggi, la storia dell’impegno impegno femminile fra politica e relazioni personali. Il punto di partenza della narrazione – assai ben riuscito – è l’incontro in un circolo di lettura di donne (tra cui la giornalista e scrittrice Clara Sereni) capaci di affrontare in modo peculiare posizioni alquanto irriducibili. Da qui si arriva al motivo profondo della scelta di Cutrufelli: scrivere pagine in omaggio a Goliarda Sapienza, ultima figlia di Maria Giudice, e sua amica di vecchia data. E il percorso matrilineare prende vita per offrici una storia che coinvolge quasi tutto il Novecento.