Parole come varchi: sulla soglia del mondo greco

Maria Grazia Ciani, Le porte del mito. Il mondo greco come un romanzo, Marsilio, pp. 128, euro 15,00 stampa, euro 9,99 epub

Chi studia il mito conosce il segreto del farsi soglia, del lasciarsi attraversare dal mistero di voci e ombre che appartengono a un tempo insoluto. Lo sa bene Maria Grazia Ciani, che nel suo ultimo lavoro edito per i tipi di Marsilio, Le porte del mito. Il mondo greco come un romanzo, dismette i panni di insigne accademica, per concedersi la libertà di uno sguardo emozionato e penetrante sull’universo che per decenni è stato l’oggetto dei suoi studi devoti e della sua fedele passione.

Queste pagine, pregne di sapienza e pudore, possono essere lette come una sorta di elogio della pausa, un’esortazione a fermarsi, scrutare, fare esercizio di attenzione, prima di lanciarsi nell’irrinunciabile avventura cui il mondo classico chiama: non solo analisi, traduzione e interpretazione, dunque, ma sfida, dialogo, eterna seduzione. Le porte che Maria Grazia Ciani apre, luoghi della fragilità, custodiscono le arcane incertezze della lingua con cui noi moderni dobbiamo confrontarci, e al tempo stesso dischiudono un orizzonte vibrante di significati e giochi di parole, che nel variare dei generi registrano valori nuovi, evoluzioni, movimenti, i quali testimoniano passaggi tutti da scoprire. L’autrice ne offre alcuni esempi illuminanti, con la perizia della filologia e con lo stupore di chi non smette di provare meraviglia di fronte alle intuizioni che i frammenti della classicità sanno destare.

Interrogando l’antico anche attraverso le visioni dei moderni, Maria Grazia Ciani intesse una rapsodia di suggestioni in cui, senza soluzione di continuità, il mondo omerico riecheggia nella poesia impertinente di Charles Simić, il quale, stufo di proporzioni epiche, accorda all’universo dilaniato dalle guerre selvagge un ‘dopo’, un nuovo tempo di pace, nel quale le figlie possono ricevere dalle madri il permesso di recarsi al pozzo, attraversando un sentiero nei boschi finalmente tornati tranquilli. L’eredità dei Greci rivive luminosa nella commozione di Marguerite Yourcenar, nella fierezza di Margaret Atwood, nella raffinata lucidità di Iosif Brodskij, nella tensione che sostiene le riflessioni di Simone Weil: l’autrice accoglie i contributi della modernità per tentare di decifrare gli enigmi di un mondo perduto, che, in una felice espressione di Wisława Szymborska, “affascina e dura”.

Tra città e re, fili e corone, corpi sacri e malattie mortali, messaggeri che raccontano ed eroi che si dimenticano, Maria Grazia Ciani si mette in ascolto del mito, di cui come una musicista restituisce tonalità e variazioni, restando sempre in un elegante equilibrio tra conoscenza e fantasia. E con lei Antigone, Arianna, Euridice divengono a loro volta soglia di mondi altri, di significati eterni che accarezzano le nostre perdite, gli abbandoni che ci sono stati inflitti e il senso della fine con cui occorre fare i conti. “La Verità sfugge o forse non esiste neppure. Forse è tutto davvero favola. (…) Tutto e niente può succedere nell’universo del mito”, conclude l’autrice, ricordandoci che al rigoroso esercizio della memoria deve accompagnarsi la serena consapevolezza dell’inafferrabile. È il mistero dell’esistenza ad essere imprendibile, e le parole del mito non sono che varchi, immagini del vasto mondo scolpite sullo scudo di Achille che rimandano a un altrove di sogno e prodigio.