Marco Vichi sceglie di farci riscoprire un’artista poliedrica come Alba De Céspedes. Intellettuale a tutto tondo, figura di rilevanza nel panorama della letteratura del Novecento, Alba ha sempre dato priorità nei suoi scritti all’impegno politico e al suo senso di giustizia dovuti anche all’impronta della famiglia in cui crebbe, benestante e orientata in senso progressista e antifascista. Erroneamente considerata una scrittrice di “romanzi rosa”, Alba De Céspedes vanta un’esistenza intellettuale e politica di elevato profilo. Oggetto delle attenzioni della polizia politica fascista, a causa delle sue critiche all’avventurata coloniale italiana, abbandona Roma e oltrepassa il fronte per raggiungere gli Alleati. Diventa così Clorinda la voce della Resistenza per la radio antifascista che trasmette dal meridione d’Italia. Ritornata a Roma con la liberazione della città, nel 1944 diventa il curatore di Mercurio, la rivista letteraria degli intellettuali antifascisti e della rinascita culturale italiana. Una sua aggiornatissima biografia è stata pubblicata nella prestigiosa collana dei Meridiani Mondadori nel 2011, anno del suo centenario.
– Oh, per l’amor di Dio, Augusta, che fai mai?
Lei attese un istante prima di rispondere. Qualcosa nel suo viso s’era sciolto, si vedeva che desiderava aprir- si con la compagna, e che tuttavia ciò le costava grande sforzo. Disse infine: – Scrivo.
– Scrivi?
– Sì.
– Che cosa scrivi?
– Scrivo romanzi, novelle. Questo – e trasse dal cas-setto un pacchetto di cartelle minutamente tracciate del- la sua esatta scrittura – è tutto il lavoro di stanotte.
– Dici davvero?
– Certo. È un romanzo, un grande romanzo. E adesso ti confesso tutto. Senti: io patisco, mi logoro e nessuno vuole saperne della mia roba. Forse bisognerebbe avere aiuti, conoscere persone…
– Non conosci nessuno, in Sardegna?
– Oh, in Sardegna! Lì, dopo il fatto della Deledda ogni donna che abbia una finestra sul monte, una bella cucina e un’aia si mette a scrivere della sua casa e della sua infanzia. Laggiù non si può più, ormai. Quella è riuscita perché aveva il dono di Dio. Non era nella Sardegna il miracolo, era in lei. E invece adesso tutte credono che il miracolo sia nella terra. Forse io stessa…
– Ma di che scrivi?
– D’amore, tutte storie d’amore.
Frugava nel cassetto, ne trasse un rotolo di fogli legati da un nastrino.
– T’ho chiamata perché voglio leggerti questo; è un racconto. E tu mi devi dire la verità, se ti piace o no. Un mese di lavoro. L’ho mandato a un giornale, un giornale letterario nel quale si stampano certe ignobili cose futuriste con tanti onori quanti ne avrebbe la Commedia. Io ho scritto due volte, sempre accludendo i francobolli per la risposta; e loro, silenzio, neanche una parola, finalmente alla terza lettera rispondono di no, che non è adatto, dicono che gli manca la spina dorsale, come dire che non sta in piedi. Tu sei una ragazza intelligente, tu hai letto, hai viaggiato. Non sei la prima venuta tu, an- che se non fai l’università. Che c’entra l’università? Le altre sono chiuse nel loro mondo impolverato della biblioteca, non capirebbero, non hanno il senso dell’universalità. Ti spiego: voglio da te un giudizio. I giornali- sti, gli editori, tutta gente poco seria, stampano per raccomandazione oppure per incoraggiare lo stile nuovo, certa roba strampalata di gente senza preparazione. E quando capita una cosa buona, sai che fanno? neppure la leggono. Con che sistema procederanno io non capisco. Giorni fa leggevo questo, guarda, una recensione di tre colonne sul libro di una donna, perfino la fotografia. Che dovevo fare? L’ho comprato. Lo compro, lo leggo, lo leggo tutto in una sera… Niente. Una storia piatta di una donna e tre operai; neppure si capisce bene come vada a finire. Eccoti il libro, guardalo, dodici lire, uno dei migliori editori, tre colonne di recensione… E allora che dice il pubblico? Il pubblico guarda la fotografia e deve dire che sì, tutto questo va bene, abbiamo capito, è una bella ragazza. Questo stesso editore mi ha risposto che il mio libro non lo può stampare, perché, per il fatto della cellulosa, manca la carta; e mi ha rimandato il manoscritto. Deve avere fatto molto comodo in quell’ambiente il fatto della cellulosa. Che puoi dire avanti a un argomento simile?
– Hai ragione.
– Adesso ti leggo questo. – Snodò il nastrino e mentre apriva i fogli riprese: – Tu sempre avrai pensato: «Augusta deve essere bene ottusa se neppure prova a dare gli esami». Io dico che li darò, gli esami. Intanto queste ragazze entrano, escono, vanno, tornano al paese, si sposa- no, fanno, e mai più si ricorderanno di me.
– Ma fino a quando rimarrai qui dentro?
– Fino a quando avrò fatto qualche cosa. Magari sempre a marcire con le suore, ma in Sardegna ci torno due mesi d’estate, e basta.
– I tuoi sanno che sei qui per questo?
– Lo sanno. E anche se non fosse per questo, a casa non tornerei lo stesso. Non si può più tornare. Se i geni- tori sapessero questo non ci manderebbero in città. Per- ché dopo, se anche torniamo, siamo delle cattive figlie, delle cattive mogli. Chi può dimenticare di essere stata padrona di se stessa? E poi, per i nostri paesi, dopo esse- re state qualche anno, sole, in città, torniamo con la reputazione di donne perdute. Quelle che sono rimaste, che sono passate dalle mani della madre alle mani del marito, non ci perdonano di aver visto cose nuove, nuove facce, di aver avuto la chiave della nostra stanza, usci- re entrare all’ora che si vuole. E gli uomini non ci perdo- nano di saperne quanto loro. Questo, s’intende, per le giovani. Io sono ormai già… già matura. Quando mi fi- danzai dissero che Loris lo faceva per interesse. Forse avevano ragione. Adesso, non potendo dire che ho una condotta immorale, dicono che sto facendo un fiasco in letteratura.
– E che t’importa di quel che dicono?
Dalla parte di lei
Alba De Céspedes è un portento, la naturalezza della narrazione. Mai un compiacimento, una parola inutile, un ricciolo retorico, soltanto un flusso necessario di narrazione che non stagna mai, che non si ferma mai a guardarsi allo specchio. Una scrittura delicata e potente. Nessuno torna indietro è il suo primo romanzo, era il 1938 e lei aveva ventisette anni. Arnoldo Mondadori in persona ha dovuto difenderlo dalla censura fascista, che voleva ritirarlo dalle librerie. È stato tradotto in decine di paesi, e nel 1943 Alessandro Blasetti ci ha fatto un film. Leggendo i suoi romanzi e i suoi racconti mi dimentico di avere un libro in mano, mi scordo di star leggendo, vengo risucchiato dentro alla storia che lei mi sta raccontando. Una scrittrice paragonabile a Cechov, a Dostoevskij, a London, a Saroyan, a Malaparte… ai più grandi scrittori del mondo. Dirò di più, quello che successe nel 1968, i giovani in rivolta, lo scontro tra generazioni, il mondo che stava cambiando, Alba lo aveva già raccontato nei suoi romanzi del dopoguerra, dove troviamo dei giovani profondamente insoddisfatti, incapaci di accettare un passato che non capiscono più, giovani che detestano i valori in cui non possono più riconoscersi. Ogni cambiamento epocale, prima di esplodere, deve germogliare per molti anni, e la De Céspedes ha saputo vedere quei germogli, ha sentito che valeva la pena osservarli da vicino…
Voglio addirittura spingermi oltre, dire una cosa assurda e impossibile, ma solo per rendere l’idea di quello che intendo: una pagina del romanzo Dalla parte di lei, del 1949, potrebbe essere stata plagiata da Mick Jagger quando ha scritto “Satisfaction”.
Marco Vichi, nato a Firenze nel 1957, esordisce con L’inquilino (Guanda) nel 1999. È autore di testi teatrali e sceneggiature per la radio come per la trasmissione di Rai Radio Tre dedicata all’arte in carcere Le Cento Lire. Tra i suoi lavori ricordiamo Il commissario Bordelli (Guanda, 2002), Una brutta faccenda. Un’indagine del commissario Bordelli (Guanda, 2003), Il nuovo venuto. Un’indagine del commissario Bordelli (Guanda, 2004), Il brigante (Guanda, 2006), Nero di luna (Guanda, 2007), Per nessun motivo (Rizzoli, 2008), Morte a Firenze. Un’indagine del commissario Bordelli (Guanda, 2009), Un tipo tranquillo (Guanda, 2010), La forza del destino (Guanda, 2011), La vendetta (Guanda, 2012), Il contratto (Guanda, 2012), Racconti neri (Guanda, 2013), Fantasmi del passato. Un’indagine del commissario Bordelli (Guanda, 2014); Il bosco delle streghe (Guanda 2017); Nel più bel sogno (Guanda 2017). Nel 2009 vince il Premio Scerbanenco con il romanzo Morte a Firenze.