Etichettare un romanzo relegandolo a un genere non mi è mai piaciuto, anche perché personalmente amo molto la narrativa di contaminazione che credo sia, attualmente, quella che produce i titoli più interessanti: la differenza sostanziale è tra buona e cattiva letteratura, niente altro. Morsi, di Marco Peano, è un esempio di ottima letteratura, un testo che gioca con l’horror che si spinge spesso nel gotico virando a volte nello splatter, si muove tra fantastico e realismo e di sicuro rientra nei testi di pura formazione: un miscuglio che produce uno scritto di qualità. L’autore torinese, che è al suo secondo romanzo, di mestiere fa l’editor per Einaudi e si sente. Con uno stile cristallino ed efficace, affronta molti argomenti con una profondità di indagine che apre a diverse chiavi e livelli di lettura: si parla di epidemie, di bullismo, di separazioni e di lutti, di guaritrici che oltrepassano i confini dell’esoterismo, del vivere isolati, di quanto sia complicato crescere, un’esperienza che può creare incubi.
La vicenda si svolge in un paesino di montagna, Lanzo Torinese, scarsamente abitato e difficilmente raggiungibile, specialmente in inverno, a ridosso del Natale del 1996. Sonia è a casa della nonna Ada, guaritrice misteriosa che usa erbe che coltiva nel proprio giardino, dove rimane spesso: i genitori si sono stabiliti in un altro paese per lavoro anche se il padre da anni sembra non riuscire a mantenere le occupazioni che trova. Ma le scuole chiudono prima delle vacanze – Sonia frequenta quelle locali, per questo è spesso ospite della nonna –, a causa di un “incidente”, che gli adulti cercano di nascondere ai ragazzi, avvenuto in una classe durante la lezione di italiano della professoressa Cardone, donna antipatica e acida. Ma è solo l’inizio di una serie di orrori che colpiranno gli abitanti del paese, molti dei quali assenti proprio per le vacanze natalizie. Sarà Teo, un ragazzo di montagna preso in giro dai compagni per la sua mole e le sue abitudini selvagge, a raccontare a Sonia l’accaduto, ma quello che dovranno affrontare i due ragazzi sarà molto più drammatico di quanto potremmo aspettarci.
Peano costruisce un’architettura di tutto rispetto, quasi impeccabile, riuscendo a creare un’atmosfera intensa in una valle ferma nel tempo, non risparmiando dettagli precisi che ci scaraventano nell’epoca e dando un’importanza fondamentale all’olfatto di Sonia, con cui riconosce persone e ambienti. Il pathos permea ogni pagina e svelare di più significherebbe togliere al lettore il gusto della scoperta dei frequenti colpi di scena che animano la narrazione e ne sono parte integrante.