È stato detto che chi consuma i suoi anni negli studi filosofici, per quanto faccia, alla fine si ritrova o aristotelico o platonico. Cambiano i nomi, le lingue, le mode, non il risultato: i poli del pensiero quelli sono e quelli sembrano rimanere. Allo stesso modo, dopo aver consumato bancarelle a furia di cercare titoli ancora sconosciuti, l’appassionato si ritrova sempre due modi opposti e distinti con cui la fantascienza tratta i progressi della tecnologia. Cambiano i tempi e gli stili, non gli atteggiamenti di fondo.
Certi autori descrivono minuziosamente il modo in cui la tecnologia cambia il mondo, ma solo per raccontare come l’esperienza umana sia sempre la stessa: l’amicizia, la voglia di riscatto – ma più spesso la solitudine, il senso del fallimento e dell’assurdo – sono gli stessi oggi e sono gli stessi nell’anno Tremila sulle astronavi per Deneb. Anzi, più eclatante il progresso tecnologico, maggiore il sense of wonder che ci trasmette indirettamente il testo, più rimarcata per contrasto risulta l’immutabile natura degli esseri umani. Questi sono persone la cui disfatta e le cui (rare) vittorie dipendono meno dalla tecnologia che dalla loro stessa natura. Gli esempi che vengono in mente includono l’esito negativo dell’avventurosa missione spaziale di Il pianeta del silenzio di Stanislaw Lem, o – in chiave più rosea – il coraggioso riscatto del depresso protagonista di Antigravitazione per tutti di Bob Shaw. Il modello mainstream sono i personaggi di Joseph Conrad; un Lord Jim sarebbe stato perfetto in orbita intorno a Solaris.
L’atteggiamento opposto non è tanto – come verrebbe da pensare – l’ottimismo tipo “arrivano i nostri” della space opera tradizionale, la irriducibile fiducia negli spaziali-pionieri de L’avanguardia di Poul Anderson, dello Starman Jones di Robert A. Heinlein o dei protagonisti di Vantaggio naturale di Lester del Rey. Per il lettore smaliziato che ha passato da un pezzo l’età dell’adolescenza queste cose sono confinate al cinema, da consumarsi con popcorn e patatine. No: l’approccio davvero alternativo è quello in cui la fantascienza illustra i mondi resi possibili dal progresso della tecnologia – che siano peggiori o migliori del nostro non conta. La fantascienza racconta storie che non sono possibili nel nostro mondo ma che diventano tali nei mondi che la tecnologia può abilitare all’esistenza. È un approccio alternativo a quello visto più sopra perché – lungi dal rimanere sostanzialmente invariata – la vita delle persone viene radicalmente modificata dalla tecnologia. Due esempi sono i racconti Straniero in paradiso di Isaac Asimov e Storie della tua vita di Ted Chiang; nel primo i contatti tra due fratelli sono ristabiliti grazie a un successo nella cura dell’autismo, nel secondo l’apprendimento di una lingua aliena esorcizza la guerra (almeno nella versione cinematografica). La fantascienza si fa mappa di mondi immaginati ma non per questo irreali. Ne traccia il profilo come i bestiari medievali descrivevano il regno del Prete Gianni; con la differenza che quel regno stava da qualche parte a oriente, quelli della fantascienza nel futuro.
Un tentativo di sfruttare questa seconda vocazione, diciamo così, cartografica della fantascienza è l’antologia Fanta-Scienza 2. Come già nell’antologia Fanta-Scienza che la precede, si intervistano alcuni scienziati sui risultati e le prospettive di alcune ricerche nel campo delle scienze applicate e si chiede ad altrettanti autori di fantascienza di scrivere racconti ispirati alle informazioni divulgate dai ricercatori. Sovente i ricercatori ammettono volentieri che la fantascienza offre loro spunti suggestivi. Vale anche al di fuori della scienza, del resto: nel 1943 fu il cartone animato disneyano, Victory Through Air Power, a suggerire al capitano Edward Terrell della RAF il progetto della prima bomba d’aereo bunker-buster per distruggere i cantieri degli U-Boot. E poi i ricercatori non lo dicono, ma la fantascienza è spesso il primo canale tramite cui un ragazzo scopre di essere innamorato della scienza e della tecnologia (forse aver scritto ragazzo qui è sessista: correremo il rischio). È lecito chiedersi quanto valga il contrario: quanto cioè una data innovazione tecnologica suggerisca idee originali agli autori di fantascienza. L’antologia Fanta-Scienza 2 è un rilevante banco di prova.
Diciamo subito che i risultati sono misti. Tutti i racconti si ispirano più o meno velatamente a un precedente letterario o cinematografico, il che di per sé non è nulla di male dato che pure nell’antichità il popolo romano esaltava l’aemulatio. Per esempio, è evidente l’influsso sul catastrofista Il morbo di Serena M. Barbacetto dell’indimenticato Lebbra antiplastica di Kit Pedler e Gerry Davis. L’innovazione tecnologica a volte sembra quasi un pretesto. In Junk Boulevard di Irene Drago viene intelligentemente accennata solo qua e là nel testo l’esatta natura del contatto fra i sistemi nervosi di una madre gravemente malata e la figlia di mezza età, avvocato di successo ma in crisi esistenziale e in conflitto con la figura materna. Questo espediente narrativo non solo aumenta il realismo dell’ambientazione, dato che raramente gli utenti di una tecnologia ne conoscono il preciso funzionamento, ma sottolinea quell’atmosfera di non-finito, quell’incompiutezza di sentimenti e ragionamenti che rende bene la povertà spirituale dei protagonisti. Il racconto è un bell’esempio di fantascienza del primo tipo nella nostra piccola classificazione di cui sopra, e richiama al lettore i toni sommessi del Visita al padre di Lino Aldani. Per contro, chi ha saputo dell’avveniristico progetto Breakthrough Starshot del miliardario Milner e ricorda il finale di Requiem di Heinlein non verrà travolto dalla sorpresa nel leggere il racconto Alfa Centauri di Paolo Aresi, dove certo l’innovazione tecnologica travolge la vita del protagonista. Che poi anche la tecnologia più sostenibile e amica dell’ambiente non assolva gli umani dalla meschinità delle loro azioni lo leggiamo in Zeroemission di Fabio Aloisio; il finale distingue il racconto da illustri predecessori che in passato hanno toccato lo stesso tema, quali La civiltà del vento di James G. Ballard e Gli ultimi eroi di Poul Anderson. Peggio capita al protagonista del Manoscritto trovato in una pastiglia di Dario De Marco: il racconto, che nel titolo rimanda al classico Manoscritto trovato a Saragozza di Jan Potocki, descrive in forma epistolare stringata ed espressiva una società in cui la manipolazione psichiatrica di massa è la regola. Segue certo la scia del Brave New World di Aldous Huxley, ma mantiene il ritmo concitato e quasi umoristico del Dottor Ox di Jules Verne.
Nelle parole dei ricercatori intervistati, le sorprendenti prospettive delle biotecnologie lasciano intravedere mirabolanti interfacce fra macchina ed essere umano e fra cervelli diversi. Non solo sarà restituita la vista ai ciechi, ma vedremo letteralmente attraverso gli occhi degli altri, in una specie di Essere John Malkovich cibernetico. Un chip neurale mapperà col suono, per esempio, l’ambiente intorno a un disabile. Ciò che potrà succedere se due disabili condivideranno lo stesso handicap, e quindi gli stessi tipi di chip, fornisce la chiave del mistero nell’adrenalinico Ti presto gli occhi di Lukha B. Kremo, una felice rivisitazione meneghina del claustrofobico La finestra sul cortile hitchcockiano – e un esemplare di quella fantascienza del secondo tipo cui accennammo all’inizio. Se non potremo toccare gli oggetti con le nostre mani senza sciuparli, servizievoli invertebrati semi-senzienti lo faranno per noi, e noi ricambieremo col prenderci cura di loro come compagni e non come strumenti. Questo potrà persino aiutarci a superare la solitudine, come accade alla protagonista del Conservare e tramandare di Clelia Farris, dove un’accorta e realistica descrizione di ambienti schiva il pericolo di una deriva disneyana verso una storia alla Lilo & Stitch.
L’amicizia è importante, tanto importante che per il Capitan Harlock di un futuribile Mediterraneo sconvolto dalla geoingegneria il migliore amico potrà ben essere la sua stessa nave senziente. Con la decadenza senile di questa, il protagonista del Mare Nostrum di Bruce Sterling cerca l’amicizia di un ambiguo personaggio che sembra uscito dalle pagine del Mago di Somerset Maugham. La maestria dell’autore, capofila del cyberpunk, garantisce l’eccellenza del racconto.
Ma non c’è amicizia senza giustizia; e sarà la capacità di condividere esperienze e sensazioni con gli animali a guidare il protagonista dello Ouija di Marco Passarello nella lotta per una giustizia la cui percezione non è affatto, come imparerà, un’esclusiva di Homo sapiens. Questo breve ma succoso giallo giudiziario alla Grisham è veloce nel ritmo, completo di questioni etiche e ha un finale che non delude. Con gli animali al posto degli alieni, riprende l’idea del Caso Rautavaara di Philip K. Dick e la fonde con quella anti-specista di una giustizia universale dei viventi – spunto raro nella fantascienza, che si trova per esempio in Un lavoro per il professor Gray di Clifford D. Simak.
A smentire ancora una volta un sorpassato pregiudizio, questa antologia conferma che si può essere creativi anche componendo letteratura d’occasione, cioè a un momento dato, su un tema prefissato e senza aspettare l’ispirazione. La fantascienza, poi, offre un variegato centone di situazioni narrative pronte alla bisogna per tutti gli usi. I lettori di Fanta-Scienza 2 potranno divertirsi a cercare l’originalità nei modi in cui i vari racconti queste situazioni le combinano.