L’ultima primavera di Kronenberg è il romanzo d’esordio di Marco Lazzarin, pubblicato da Garzanti nella giovane collana Gli Schermi. Essendo costantemente circondati da schermi, si legge nella descrizione della collana, dobbiamo ricordarci che la luce diffusa da un libro è l’unica a non morire mai. Sembra l’unica via possibile, allora, parlare della storia di Jacopo e di Lionel Kronenberg in questo contesto, dove l’essenza letteraria delle storie che raccontiamo è il nucleo che mette in moto le nostre menti e le nostre azioni.
Un giorno di aprile, all’alba del Festival Internazionale di Letteratura programmato nella bellissima Venezia, Jacopo accoglie Lionel Kronenberg, scrittore inglese, in quanto suo accompagnatore per tutta la durata della permanenza nel capoluogo veneto. Jacopo nutre da tempo una stima e un’ammirazione incondizionata verso lo scrittore che ha fatto nascere in lui una vera e profonda passione (e bisogno) per la letteratura – stima e ammirazione che, in quei giorni veneziani, vanno sempre più ingrigendosi con la realizzazione della dissonanza tra mito e realtà. Kronenberg sembra avvolto da una stanchezza esistenziale, più che fisica, e sembra aver difficoltà a trovare un senso alla sua presenza lì, ansioso di tornarsene in Inghilterra. Da qui inizia una conversazione lunga una manciata di giorni, ma destinata a perdurare, tra un ragazzo disilluso e un anziano scrittore.
Jacopo ha appena terminato il suo percorso universitario, diversi mesi addietro, quando ha un grave incidente, con conseguenze durevoli nei mesi successivi che gli scaveranno dentro un nuovo sentiero – una strada immersa nel vuoto, nella fatica delle azioni quotidiane, nel silenzio di un futuro che Jacopo non capisce da che parte vada. Si sente immerso in un’immobilità nuova, percepita nel corpo ma ad un livello più profondo nella mente e nello spirito. Forse un’immobilità affine – un guardarsi allo specchio senza riconoscersi, vedendo solo fantasmi – la sentì anche Kronenberg quando, due decenni prima, prese una decisione che crepò il tessuto relazionale della sua famiglia. In preda a una nostalgia febbrile decise di scappare da New York e tornare in Inghilterra, dove la sua infanzia echeggiava tra le pareti della casa di Winchcombe, cercando di trovare nel silenzio della campagna inglese un senso alla sua esistenza immobile.
Lionel ha sempre parlato al mondo con le sue storie, con i personaggi che vivono dentro di lui – e Jacopo ha sempre ascoltato, immagazzinando discorsi e parole da ripetere a sé stesso qualora ne avesse bisogno. Eppure lo scrittore che Jacopo incontra sembra voler prendere le distanze da quello che ha creato nel corso degli anni – non è stato questo, dopotutto, a portarlo alla situazione di rottura del legame con la moglie Clara e i suoi figli? Nella primavera veneziana le parole sembrano trovare, infine, una nuova casa. Come uno schiaffo quei tre giorni serviranno come base per una storia, la mano creatrice di Jacopo, tuttavia, avrà avuto un battesimo a lungo cercato: una vitalità tutta nuova. Jacopo accoglie dentro di sé la pluralità di storie che Kronenberg condivide, dandogli una scossa, come un terremoto nel silenzio – e lo scrittore vede un riflesso tutto nuovo negli occhi di chi ha imparato ad entrare nelle sue parole. Con un ricco vocabolario Marco Lazzarin scrive una storia non lineare, forse l’unico modo per capire pian piano questi due personaggi che si specchiano l’uno nell’altro – dove risuona il potere delle storie, come schermi da tenere sempre accesi.