I quattro Blast, pubblicati da Manu Larcenet originariamente fra il 2009 e il 2014, sono ora riuniti nel grande volume cartonato di Coconino Press: edizione integrale – di cui si fregiano copertina e contenuto – giunta perché infine ci si possa immergere per intero nel mondo grigio e obnubilato di Polza Mancini, uomo obeso e decisamente anomalo ma che soprattutto inquieta per la sua presenza vagabonda in un territorio pervaso di squallore. Polza è un clochard preda di “illuminazioni” periodiche, devastanti visioni allucinate che forse non sono affatto quel che sembrano. C’è del male intorno alla sua esistenza, in una cella viene accusato da poliziotti ora indagatori ora comprensivi mentre le parole dell’uomo narrano di situazioni affondate in oscurità invasive e perenni. Polza si blocca davanti a statue monolitiche, a un padre morente e beccuto, fra recinti e selve oscure dove appaiono gufi e ombre che forse sono uomini e forse no. Cosa cerca nei suoi tentativi di scalpellare i giganteschi monumenti di pietra? L’alcol segna il suo vagare nelle selve, e spesso l’umiliazione gli distorce i pensieri e abbatte il corpo su un terreno insalubre ai limiti periferici di città cubicolari. Una apocalisse del corpo, carcassa che fin da subito si presenta a noi come sintomo di decadenza e di epilogo esistenziale.
Larcenet, nel suo lavoro premiato all’estero e in Italia, racconta usando un tratto grafico come fosse un’epica più che umana, cerca per il proprio personaggio vie d’uscita capaci di oltrepassare il mondo psichico in cui è trattenuto e da dove non si può tornare indietro. Le nuvole piatte e bige sovrastanti la città cosa portano a Polza, steso sul terreno arido come la sua gola, prigioniera dell’obesità? S’abbevera, in controluce, da una bottiglia inesauribile, mentre il Male sta tutt’attorno, e per alcuni momenti lui ne sembra immune. La psicopatologia in certi modi è difensiva, probabile che Larcenet voglia documentarne il potere. E ci accorgiamo, improvvisamente, che l’ambiente in cui vaga Polza Mancini sparge intorno un violento potere carcerario, nella vastità grigio-nera delle tavole disegnate dal fumettista francese. Il paesaggio – se tale può definirsi – costringe all’immobilità. Meglio stare fermi che muoversi, in quella realtà: non sappiamo chi sia, Polza, se vittima o testimone di verità aliene e brutalità insolubili.
Vita ordinaria e vita allucinata stanno insieme in una commistione imperfetta, e se in alcuni momenti appaiono esplosioni di luce colorata (le tavole policrome sono rare nelle oltre 800 pagine della graphic novel), sappiamo che è proprio lì la parte storta del mondo. Blast “sa” quando prendere forma e circondare il corpo obeso di Polza. È astuta la storia, si definisce nell’interezza del volume tralasciando il tempo ma occupando tutto lo spazio fino al culmine di un set fotografico. Ogni tavola di Blast struttura una realtà, autonoma e parallela a qualcosa che già abbiamo visitato in antiche ore notturne. Non si può desistere dall’inoltrarsi, ma indagare questo magma di storie non porta consiglio, Larcenet ci butta addosso il dolore di Polza, non lenito neppure dai periodi di “illuminazione”: la storia è il suo corpo obeso, finirci dentro è la condizione ineluttabile dell’opera. Quando la porta si chiude, una pagina completamente nera occupa l’intero mondo.