L’estate ormai è giunta, temperature torride si fanno costanti su tutto il territorio nazionale e la maggioranza degli italiani è in procinto di partire per le tanto attese vacanze. Ma quanti di noi, per chi li ha vissuti, si ricorda com’erano gli anni Settanta? Ebbene, ce lo ricorda Mauro Fabi, giornalista, scrittore e poeta, nella sua ultima fatica letteraria: La cantina.
Siamo nell’agosto del 1976 in una Roma praticamente deserta. C’era ancora la lira e si poteva fumare ovunque. Quand’eri fuori casa, per telefonare cercavi disperatamente una cabina o un bar munito d’apparecchio. Eh già, ci scordiamo talmente in fretta di quei dettagli che ci hanno accompagnati per anni, che quando qualcuno ce li ricorda, fatichiamo a crederci e lo stupore affiora sul nostro volto.
Questo romanzo è un noir, ma solo in superficie. È la scusa che ognuno di noi ha per spiare nella vita di un’altra persona e usarla per riflettere sul nostro presente. Il commissario Raimondi sta per partire per la Sardegna, dove ad accoglierlo ci sarà la sua amante Dora, quando viene chiamato per risolvere un caso di scomparsa. Giulio Spadoni è sceso in cantina per recuperare il canotto del figlioletto e godersi una giornata di mare con la sua famiglia, ma da quel momento di lui si perde ogni traccia. Raimondi sa che per trovarlo deve osservare i pochi indizi a sua disposizione: l’indifferenza della moglie, i ricordi felici di una vita inscatolati e quasi nascosti, per la serie “lontano dagli occhi lontano dal cuore”, ma soprattutto la sua preziosissima collezione di fumetti di Phantom, l’uomo mascherato.
In fondo, non è quello che tutti gli insoddisfatti cercano di diventare, dei fantasmi? Non cercano di sparire, di allontanarsi da problemi e preoccupazioni? Ed è partendo da questa riflessione che la mente del commissario inizia incessante ad arrovellarsi, analizzando la vita di Spadoni e ponendola come termine di paragone per la propria. La sua storia con Dora iniziata qualche hanno prima lo rende davvero felice oppure è giunto il momento di dirsi addio? Le forti emicranie che lo costringono a letto sono un segnale del corpo che lo sta avvertendo di rallentare, o sono presagio di un male oscuro?
Forse Spadoni ha colto la palla al balzo per rifarsi una vita più soddisfacente altrove; ma questo non lo sapremo mai. Ciò che sappiamo invece è che Raimondi ha da subito stimolato nel cuore del lettore un senso di protezione, anche se qualche ceffone glielo tireremmo volentieri per la sua arroganza. Una vita abitudinaria e vuota di reali motivazioni lo stanno facendo scomparire, lentamente, fino al finale che arriva in maniera malinconica a spezzare il fiato.