I tempi sono più che maturi perché l’opera di Lu Xun (1881-1936) venga finalmente riconosciuta non soltanto come diamante della letteratura cinese moderna, ma anche nella sua capacità di valicare tempi e confini. L’uscita di Grida per i tipi di Sellerio, nella nuova traduzione di Nicoletta Pesaro, che avvia la pubblicazione della narrativa completa di Lu Xun e che sarà perciò seguita da Esitazione e Antiche storie riscritte (quest’ultimo volume tradotto da Fiorenzo Lafirenza), colma un divario di lunga data: è dagli anni ’70, quando uscì la ormai pressoché introvabile traduzione di Primrose Gigliesi, che la narrativa di Lu Xun non viene ripubblicata, tantomeno ritradotta. La pubblicazione più recente di questo grande autore in traduzione dal cinese risale alla riedizione, da parte di Quodlibet nel 2006, dell’antologia di saggi La falsa libertà. La tradusse e commentò Edoarda Masi, che sempre per Quodlibet aveva curato la raccolta di prosa poetica Erbe selvatiche, nel 2003 (già uscita per Scheiwiller nella traduzione di Anna Bujatti nel 1994). Altre edizioni, in pur pregevoli traduzioni da altre lingue oltre al cinese sono più comuni, in primis quella di Luciano Branciardi, La vera storia di Ah Q e altri racconti, ripubblicata da Assonanze nel 2014.
Grida raccoglie quattordici racconti – insieme alla prefazione – scritti da Lu Xun fra il 1919 e il 1922, agli inizi della sua attività di scrittore. Lu Xun non ha mai scritto un vero e proprio romanzo, ma la forma racconto nulla toglie alla piena e forse insuperabile espressione del suo estro creativo. Sono pagine permeate dal fermento politico e culturale acceso in Cina dal Movimento di Nuova Cultura iniziato nel 1915, che si poneva come grande riflessione collettiva su limiti e mali della cultura – e della società – tradizionale cinese, ed esploso in modo irreversibile nella grande protesta studentesca antimperialista del 1919, passata alla storia come Movimento del Quattro maggio. Le condizioni e le angosce della Cina di allora, incapace di trovare gli strumenti teorici e pratici per svincolarsi dall’aggressione degli Stati imperialisti occidentali, dall’oppressione dei signori della guerra locali e dalla zavorra dei condizionamenti culturali di matrice confuciana, vengono rappresentate con spietata passione e piglio critico dalla penna di Lu Xun. Esse si incarnano nei suoi personaggi, spesso figure stereotipiche dai contorni simbolici ben chiari ma mai “macchiettistiche”, così come negli ambienti: nella notte che domina i paesaggi (chiaro rimando all’oscurità in cui era sprofondata la Cina), come nel villaggio natale che condensa la mentalità tradizionale da cui l’intellettuale di ritorno, esposto alle idee nuove e impegnato per il cambiamento della società, si sente ormai escluso. La pazzia, sin dal racconto che apre la raccolta, Diario di un pazzo, è la condizione metaforica di chi ha l’ardire di mettere in discussione tutto il proprio sostrato culturale, scorgendo l’orrore che si cela dietro ciò che “si è sempre fatto così”: un ribaltamento di lucidità e follia che costituisce una delle cifre più evidenti della critica socioculturale di Lu Xun. A ciò si accompagna l’ottusità di chi invece potrebbe essere fautore del cambiamento e non è invece in grado di farlo, tacciando di pazzia le menti più brillanti e critiche per perpetuare un ordine sociale “cannibalistico”.
Non stupisce quindi che Lu Xun sia stato in grado di ispirare generazioni di scrittori e lettori, non solo in Cina. Ciò rende ancora più importante l’attuale ritraduzione di Grida, frutto peraltro di un’attenta riflessione sulle funzioni e trasformazioni della lingua, contenuta, insieme a un commento sull’opera, nella postfazione di Nicoletta Pesaro. Tuttavia, sarebbe limitante vedere nelle pagine di Lu Xun un semplice affresco, per quanto acuto, della società cinese dell’epoca. Chi sceglierà di addentrarsi nella lettura si renderà subito conto che esse hanno qualcosa da dire anche a noi. L’invito a una radicale messa in discussione dell’esistente, contro l’intorpidimento del pensiero e delle idee, è più attuale che mai. Così come la suggestione di Lu Xun a uscire dal seminato e percorrere una nuova strada: “la speranza di per sé non esiste, come all’inizio non esistevano strade sulla terra, la strada esiste quando molte persone fanno insieme lo stesso cammino” (p. 107).