Lost in Japan

Marco Paracchini, Il numero 4, Tabula fati editore, pp 147, € 13,00 stampa

recensisce VALENTINA MARCOLI

Kenzo Tanaka è la creazione di Marco Paracchini, un novarese che di Giappone ne sa veramente molto. Storyteller, sceneggiatore, regista e docente, oltre che scrittore, Paracchini ha saputo condensare nella figura del suo personaggio principale le caratteristiche riconoscibili di Dylan Dog, Sherlock Holmes e James Bond, dando così vita ad un mix perfetto. Tanaka è un ex poliziotto di padre italiano e madre giapponese, che ha fama di essere il più brillante investigatore privato di tutta la nazione, sciupafemmine e un po’ arrogante ma dalle intuizioni geniali.

Nel Numero 4 sono descritti tre casi da leggersi in ordine poiché in ordine cronologico sono stati disposti, e divisi come fossero atti di una stessa opera. Il primo caso vede Tanaka alle prese con una misteriosa serie di omicidi corredata da avvistamenti UFO. Parte tutto con la morte di un giovane giocatore di baseball per un incidente d’auto, la seconda morte è quella del padre del ragazzo per un diabete fulminante, mentre la terza vittima è l’allenatore della squadra di baseball, catalogata come infarto. Possibile ci sia un legame tra queste morti in tempi così ravvicinati? E gli avvistamenti UFO nella zona di Fukushima, sono reali oppure suggestioni? E cos’è quest’ossessione per il numero 4 che si ripete di continuo? A questa lunga serie di domande il nostro eroe riuscirà come sempre a dare una risposta, uscendo però con qualche osso rotto.

Ed è proprio dall’ospedale che parte la narrazione del secondo caso che Tanaka racconta a Hiroshi, suo giovane assistente. Un caso che riguarda traffici illeciti e forse ha anche qualche legame con la yakuza, la mafia locale. Un corpo sfigurato arriva al medico legale e viene, sulla base di alcuni indizi, identificato come Makoto Ojiwara. La tesi principale riguarda la maledizione del Kappa, mostro folkloristico in grado di commettere atti di indicibile orrore. I due ex soci di Ojiiwara in che modo sono coinvolti? I Kappa esistono davvero? Ma soprattutto chi è l’infiltrato nella polizia che mischia le carte in tavola? L’arguzia e lo spirito di osservazione salveranno la pelle a Tanaka anche in quest’occasione.

Ma se è vero che la parte migliore della cena si trova sempre alla fine, è così che Paracchini ha deciso di concludere il libro e congedarsi dal lettore, tenendosi per la conclusione la ciliegina sulla torta che conquisterà anche i più scettici sul genere. Una donna bellissima assume Tanaka per indagare sulla morte del marito (la vittima numero 4, numero che ricorre a partire dal titolo) ucciso con una freccia che gli ha sfondato il cranio. Anche per precedenti omicidi il modus operandi è lo stesso, e si inizia a parlare della maledizione dell’arciere, antico guerriero tornato a seminare terrore. La storia però non convince Tanaka che brillantemente collegherà il nome delle frecce (Leone, Chimera, Tifone e Zeus) alla mitologia greca, sbrogliando così la misteriosa matassa.

Paracchini ha una costruzione della struttura narrativa praticamente perfetta, e nonostante qualche errore sfuggito all’editor, la lettura è scorrevole e chiara grazie anche alle note esplicative dei termini nipponici. L’ambientazione per un italiano non è di facile approccio ma l’autore, forte della sua esperienza, si districa tranquillamente nei labirinti di una cultura affascinante ma ostica senza cadere nel banale.

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