Lo sguardo delle parole

Alan Hollinghurst, Il caso Sparsholt, tr. Riccardo Cravero, Guanda, pp. 516, euro 17,00 stampa, euro 10,99 ebook

L’autore de La biblioteca della piscina e La linea della bellezza riappare con l’ultima fatica, portando il lettore nel suo spazio-tempo narrativo: riconoscibile anche questa volta ma aperto a una più estesa e complessa prospettiva.

Il diciottenne David Sparsholt abbaglia tutti per la sua bellezza. Come per una sorta di contagio, il giovane e muscoloso canottiere, peraltro regolarmente fidanzato con Connie “una ragazza dall’aspetto prospero”, scatena il desiderio di un gruppo di giovani maschi intellettuali di Oxford. È il 1940, l’Inghilterra e il mondo sono in guerra; nei cortili del prestigioso college si organizzano veglie notturne per individuare gli aerei nemici, ma la tragedia collettiva lascia abbondante spazio alla “questione privata”: Everet Dax, figlio di un celebre romanziere, sarà la vittima predestinata della seduzione. David, il giovane adone, pare consapevole e in grado di approfittare degli eventi e la sua avvenenza, adeguatamente immortalata dal disegno di un pittore del gruppo, sembra altrettanto destinata a lasciare, insieme alla mancanza di scrupoli, un segno su ulteriori e futuri avvenimenti.

Gli eventi storici – lo sappiamo – travolgono, distruggono e ricostruiscono: un bravo romanziere della Storia fa emergere,  come uno scultore, le corrette proporzioni dei personaggi in relazione allo sfondo di un bassorilievo confezionato con precisione socio-antropologica. Nella sapiente e raffinata costruzione testuale di Hollinghurst, l’Inghilterra postbellica sembra dissolvere velocemente nell’epoca della “swinging London”, trapassare poi negli anni Ottanta della non nominata “Lady di ferro”, per giungere al qui e ora del mondo, per esempio, delle coppie di fatto.

Trascorrono i decenni infatti, ma David Sparsholt non solo non viene dimenticato: è diventato un caso. Padre di famiglia e imprenditore, risulta implicato in vicende legate a corruzione e scandali di natura omosessuale (sono molteplici le vie che conducono a ottenere favori!). L’ombra di tale padre seguirà costantemente anche la vita del figlio Johnny, gay dichiarato e ritrattista di successo per la classe sociale benestante e trendy d’oggidì.

Il caso Sparsholt, nella bella traduzione di Riccardo Cravero, si fa apprezzare per la qualità della scrittura, la complessità dell’intreccio e l’attraversamento descrittivo di epoche senza distogliere “lo sguardo delle parole” da un ossessivo oggetto del desiderio, soggetto di scandalo e motore della narrazione.

La divisione in cinque capitoli, ognuno dei quali quasi autonomo in sé e insieme perfettamente imbricato agli altri, scandisce un percorso dove personaggi, eventi e persino oggetti “di scena” costruiscono, con consumata perizia, narrazione e struttura testuale. Una serie di risonanze o assonanze narrative ne sono la prova: il primo capitolo, intitolato “Un uomo nuovo”, si conclude con l’indicazione che lo definisce “una narrazione mai letta per il Cranlley Gardens Memoir Club… rinvenuta fra le carte di… dopo la sua morte”; solo molte pagine dopo, il lettore saprà chi, dove e perché alcuni amici dei lontani anni di Oxford si riuniranno ad ascoltare la lettura condivisa di pagine scritte da qualcuno di loro. Ma non si legga solo come semplice “differimento” od ovvio e ritardato chiarimento di senso: Hollinghurst non rivela mai ciò che un lettore impaziente si aspetta, lo lascia deliziosamente soffrire e lo vuole capace e libero di immaginare e colmare alcune reticenze badando ai dettagli.

Efficacissima la sceneggiatura  – nel senso cinematografico più classico… parole scritte per essere filmate… – di un sopralluogo intorno a una villa chiusa da parte di due adolescenti (il figlio di David e l’amico francese): non si vede niente, la casa è chiusa, i ragazzi pare non riescano a distinguere nulla, anche se sono andati lì per cercare qualcuno, i lettori possono solo intuire qualcosa attraverso “il trascorrere di un’increspatura, il lento lampo di luce e ombra delle sottili lamelle di una veneziana…”.

Tantissimi, come si è detto, i dettagli significativi, gli episodi, le descrizioni, le inferenze che l’autore ci costringe a trarre (talvolta anche a rileggere per ri-collegare un nome a un accadimento di un precedente capitolo).  Necessaria parrebbe però una precisazione e assai significativa una… come chiamarla – indicazione di lettura interna al testo: il romanzo è un racconto strutturalmente e intenzionalmente ascrivibile alla letteratura gay. L’autore ne è uno degli illustri esponenti (La biblioteca della piscina è una sorta di cult in tal senso).

La capacità di narrare e usare il linguaggio trascende però il “genere”, e il “vero poetico” del testo, per dirla con Manzoni, consiste in ciò che, per bravura, fa traghettare il “vero storico” dalla parte della letteratura: quella “alta” più che quella di consumo, ammesso che abbia ancora senso usare una cosi obsoleta categoria.

Ancora più ” dentro” il testo spunta però un altro sentiero da percorrere, da svelare.

All’inizio del romanzo c’è un ritratto del bel David giovane, ritratto che ricompare, da qualche parte, quando è un anziano padre; tale immagine raffigurante il desiderio, icona della bellezza scolpita nel disegno, segnala la “cifra nel tappeto” esibita nel “corpo” stesso del racconto. Se a muovere gli eventi è l’iniziale apparizione di David, sarà la sua immagine, l’illusione di ciò che è e ciò che sarà a non abbandonare più la scena. Bellissimo e desiderabile, corrotto e corruttibile, immaginato e descritto.

Il figlio del bel David, guarda caso, diventa pittore, ritrattista alla moda addirittura, dopo aver conquistato una indiscussa professionalità. Johnny cresce e dipinge, fa esperienza della vita, si accoppia “naturalmente” con un uomo e convive con l’”imago” di un padre variamente raffigurato e dipinto; persino “in rete”: basta cliccare per vederlo, per vederne brandelli di immagine attraverso le parole.

Mentre porta a termine la committenza di un quadro di famiglia molto modaiola che, tra l’altro,”googla” (questa la scelta lessicale dell’autore!) le vicende del padre, Johnny, il ritrattista figlio di David, David Sparsholt, quello del caso Sparsholt, riflette sul senso della sua professione. Il narratore, esterno alla storia, così ne interpreta i pensieri: “Dopo trent’anni di mestiere conosceva benissimo il copione: parte servitore, parte intrattenitore, l’artigiano in visita con la sua umile superiorità, il suo talento, e di quando in quando quell’aria ispirata che li deliziava, li rassicurava, li teneva a distanza”.

Di chi Parla Hollinghurst? Del suo personaggio o di chi i personaggi li costruisce e li “dipinge”? Si rivolge ai suoi lettori e fa scivolare a terra un raffinato ritratto, forse, mettendoli al loro posto, quello di chi guarda una bella immagine, la osserva, ma si lascia anche guardare come può e come vuole.