Aggrapparsi alla memoria, recuperare dai bui abissi del passato esperienze di vita e di arte, tramandarle alle nuove generazioni, è il modo più proficuo per combattere l’endemico oblio che mina il nostro presente e indebolisce il nostro futuro. In particolare, raccogliere testimonianze dirette può rivelarsi un metodo vincente nell’inesausta battaglia contro la dimenticanza e la perdita, e in questo l’attività giornalistica si rivela una ben valida alleata di quella portata avanti dallo storico di professione.
Il libro di Lisa Bernardini, giornalista e comunicatrice, svolge mirabilmente questo compito attraverso interviste a esponenti delle arti più varie: pittori, registi, attori, musicisti, fotografi, cantanti d’opera, ma anche ad astronomi e produttori. La circostanza che queste interviste “sciolte” in una “libertà di parole e sogni”, come recita il sottotitolo, siano state realizzate durante il periodo della pandemia dona loro un valore aggiunto, poiché i diciassette personaggi messi a nudo dal fuoco di fila di domande mai banali, spesso miranti alla sfera intima come a scandagliarne le motivazioni più vere, la sostanza umana più autentica, hanno trovato un’interlocutrice intelligente cui affidare le proprie memorie ed emozioni, speranze e desideri, difetti e qualità, in un drammatico momento di isolamento sociale, duro per tutti ma dagli artisti vissuto come una vera e propria catastrofe emotiva e non di rado professionale.
L’autrice prova nell’introduzione a schermirsi, sostenendo di non aver avuto alcun “intento ambizioso” in queste “chiacchierate a due voci”, ma a smentirla è la grana di queste “pillole di conversazioni” condotte nella “ricerca di una ipotetica essenza nascosta da far affiorare”, la curiositas che le ispira, virata sul labirintico gioco dei sentimenti, sulle varie e mutevoli “sfaccettature umane”. E così questi “concentrati di dialoghi”, “attimi di scambi”, propongono un viaggio intrapreso negli hard times della contemporaneità, concluso all’alba del nuovo anno e condotto con la bussola del recupero d’un contatto umano, tra uno smerigliare ricordi pieni di senso e un artigliare progetti per un futuro forse fosco, ma illuminato dall’invitto desiderio di creatività.
Dunque, un viaggio in diciassette tappe, caratterizzato, come nota nella prefazione Filippo La Porta, da una “personalissima drammaturgia dell’intervista”, da un garbo estremo non privo di affondi diretti, capaci di suscitare negli intervistati una sorta di disarmo che li spinge a rivelazioni sincere. Un itinerario scandito dalla figura fiabesca di Peter Pan, simbolo di quell’infanzia perenne a un tempo tranquillizzante e minacciosa, portatrice di gioco, candore, fantasia e meraviglia (tra le fonti emotive dell’arte), ma anche evocatrice d’una congenita e pericolosa incapacità di maturare, di un micidiale miscuglio di capricciosità, egocentrismo e irresponsabilità, dicotomia che affiora chiaramente da alcune risposte degli intervistati, anche se forse a prevalere è l’idea di un’infanzia quale incanto e tenerezza, stato di grazia troppo presto evaporato.
Le interviste recano a mo’ di titolo una frase icastica tratta dalla conversazione, com’è del giornalismo, i soggetti sono di primo piano, donne e uomini che hanno davvero qualcosa da raccontare: dall’attore, trasformista e pittore Dario Ballantini al fotografo e fotoreporter Tony Gentile (autore della celebre fotografia che immortala Falcone e Borsellino sorridenti poco prima del loro bestiale omicidio), allo sceneggiatore, regista e scrittore Marco Tullio Barboni (figlio del creatore della saga inaugurata dal film Lo chiamavano Trinità con l’indimenticata coppia Bud Spencer e Terence Hill, nonché pregevole autore di romanzi tutti dialogici), al leggendario jazzista Lino Patruno (che i meno giovani ricorderanno quale cofondatore del gruppo musicale I Gufi), al compositore e musicista Claudio Simonetti (fondatore del noto gruppo progressive rock dei Goblin, le cui colonne sonore hanno impreziosito i film di Dario Argento), al raffinato cantautore Sergio Cammariere, al regista Luca Verdone, al fotografo Franco Fontana (uno dei protagonisti della scena italiana e internazionale, tra l’altro maestro dell’autrice, anch’essa fotografa di professione), al prestigioso attore Orso Maria Guerrini, al musicista Carmelo La Bionda (che col fratello Michelangelo diede vita ai D.D. Sound, da alcuni considerati gli “inventori” della disco-music italica), al soprano Maria Dragoni. Non citare gli altri è certo un torto, poiché in tutti appunto affiora qualcosa d’importante dalla testimonianza del proprio percorso esistenziale e professionale, riverberi nello specchio collettivo della nostra storia culturale ed artistica, vivide immagini dunque di noi tutti.