L’investigatore fragile

Matteo Servegnini, La donna della luna, Meridiano Zero, pp. 238, euro 16,00 stampa

Il noir, soprattutto italiano, è una ricerca sulle condizioni sociali e sui legami psicologici che costituiscono le piccole comunità. Con lo spirito del voyeur, l’investigatore svela progressivamente i fili che legano segretamente le persone tra loro, fino a svelare le cause originali del loro essere assieme. Come un viaggiatore che visita una città utopica e la racconta, un compito da sempre affidato a uno straniero, queste piccole comunità del vogliono, contemporaneamente, nascondersi e rivelarsi. In questa contraddizione si muove lo spirito narrativo del genere e si misura l’abilità dell’autore.

A partire dall’indagine meccanicista della detective story, basata sugli indizi oggettivi, le prove e l’analisi degli errori, si è giunti al noir attraverso la consapevolezza che la piccola comunità sottoposta ad analisi proietta, in realtà, i rapporti sporchi del mondo intero. È dunque lo statuto intimamente pessimista che ci attrae verso il noir, soprattutto da quando, archiviati Miss Marple ed Hercule Poirot, l’investigatore è inevitabilmente coinvolto nei rapporti sporchi di questa società. Forse più dell’assassino, l’investigatore è segnato da una serie di cicatrici interiori che si svelano assieme alla vicenda narrata per completare il quadro del mondo. Ne La donna della Luna, in realtà, sveliamo soprattutto l’investigatore informale Marco Tobia, con le sue contraddizioni e i suoi rimorsi. È un uomo schivo, affetto da una malattia neurologica, la sindrome di Tourette, che lo costringe a tic e gli fa perdere il controllo della voce fino a farlo ululare, e con un passato pesante di ex poliziotto che ha dovuto abbandonare il proprio lavoro.

In questo romanzo si intrecciano l’approccio diretto dell’hard boiled, con la sua irruenza istintuale, e il ragionamento della detection, con il suo culto degli indizi e dei dettagli. Nel doppio mistero che caratterizza La donna della luna, il giallo tradizionale si occupa di una caso di suicidio che forse cela un omicidio, un complesso mistero meccanico che parte da un giovane annegato nel lago d’Orta, mentre il giallo d’azione risiede nella profondità del passato di Tobia, nei suoi errori e rimorsi che progressivamente tornano a galla e nello scontro tra la marginalità dell’investigatore, schivo per la propria malattia e per le molte delusioni che hanno caratterizzato la sua vita, e l’ambiente dell’alta borghesia della famiglia che lo ha assunto per indagare.

È un contrasto non solo teorico tra profondità e superficie, tra sentimenti forti e comportamenti formali, tra anormalità e normalità, tra solitudine e folla; su questo confine sottile si muove con difficoltà Marco Tobia, a sua volta vittima delle sferzate della propria malattia. Tra gli investigatori del noir italiano, Tobia è appunto uno dei più fragili, sia perché la malattia può manifestarsi all’improvviso, senza sintomi premonitori, e impossessarsi di lui, sia per la scala di valori con cui costruisce i suoi rapporti umani: un disabile, un vecchio amico, una escort e una bambina.

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