Sacha Naspini è un autore collaudato. Ottimi riscontri ha avuto il suo penultimo libro Le case del malcontento, pubblicato due anni fa dalle Edizioni E/O, lo stesso editore per cui esce oggi Ossigeno. In forza di questo motivo Naspini si può permettere di usare la propria scrittura come un vero e proprio strumento per indagare la condizione umana. Egli cerca qualcosa di indicibile e di imperscrutabile, non tanto in termini esistenziali né in termini sociologici, ma misurandosi con qualcosa che ognuno di noi porta in se stesso. Nella sua parte meno nota e non scandagliata.
Analogamente, un terribile fatto di cronaca non è occasione per ricostruire una dimensione di sgomento e di paura. Di morbosità non confessata. No: il fatto di cronaca (nera, nerissima) è lo spunto per vedere e far vedere cose che forse tutti sappiamo e con le quali non sempre abbiamo fatto i conti.
Lo spunto narrativo prende le mosse dall’irruzione di un gruppo di carabinieri che entrano in casa del prof Carlo Maria Balestri, illustre antropologo, che al momento si trova a cena con Luca, il suo unico figlio.
L’accusa è terribile: rapimento, tortura, omicidio e occultamento di cadavere. Il prof Balestra ha cinquantanove anni e il figlio ventisette.
L’autore non ci invita a seguire il professore in prigione, con gli interrogatori, le indagini e tutto l’armamentario ormai noiosamente noto dei libri “polizieschi”. L’autore ci invita a seguire il giovane ormai rimasto solo. Prova a ricostruirne il passato e a vedere quale piega assumono i suoi rapporti con i vicini, con le ragazze, con il futuro. Il primo impatto con un luogo di clausura è la cassa dove viene racchiusa la madre deceduta dopo una terribile malattia, e che fa da preludio a “un’altra vita”. Poi c’è la prepotente emersione di un senso di colpa per quello che ha fatto suo padre, ingiustificato quanto ineludibile.
Più avanti si scopre di Laura una ragazza di ventidue anni che era stata rapita dal professore all’età di otto anni e che aveva subito una prigionia di 14 anni in un container di ferro, incatenata, senza mai subire violenza sessuale e continuamente sollecitata dal suo aguzzino a leggere libri, studiare le lingue, imparare a usare il computer. E badare a se stessa per ogni tipo di esigenza. Tutto in solitudine.
Quando viene ritrovata, Laura, spaventata e disorientata, sa cavarsela abbastanza bene. Ma soprattutto meraviglia tutti per la sua enorme cultura (conosce bene quattro lingue) e per la totale mancanza di inibizione a usare le tecnologie contemporanee.
Sembra un mistero. Sembra una diavoleria. La liberazione di Laura è un trauma per la famiglia di origine e per le vecchie amiche. Lo è anche per Luca che, credendosi non visto, si mette a pedinare la giovane donna vittima della perversione del padre antropologo. La prima scoperta è che Laura, nelle sue peregrinazioni apparentemente senza senso, spesso entra nel bagno di un bar. Vi si rinchiude e vi rimane per più di un’ora.
Laura ha bisogno della sua scatola di metallo. Laura ha bisogno di rimanere sola e di tenere fuori tutti gli altri.
Affiora così un tema importante nella filosofia occidentale, la paura e il disagio per gli altri. Chiunque altro.
Nel 1944 Jean-Paul Sarte scrisse una famosissima piece teatrale che ha per titolo A porte chiuse. Tre personaggi, finiti all’inferno a causa dei loro comportamenti in vita, si ritrovano in una stanza aspettandosi di essere puniti. Dopo un certo periodo di convivenza scoprono la dura verità che culmina nella notissima frase “l’inferno sono gli altri”.
Ossigeno giunge così al culmine della tensione. La costrizione violenta e cupa diventa condizione rassicurante. L’ossigeno che si respira fuori può anche non valere l’ossigeno che si respira “dentro”. Ritrovare se stessi in solitudine e concentrazione ci può permettere di trovare e imparare più cose che nella vita consueta.
I pensieri più angoscianti che emergono nel racconto riguardano le famiglie. Quella di Luca che è ossessionato e terrorizzato dal fatto di portare nelle sue vene il sangue del padre (almeno in parte) e quella di Laura, famiglia povera e sofferente, che veramente non sa come orientarsi quando improvvisamente la figlia, che credeva perduta per sempre, si presenta sulla soglia di casa.
C’è addirittura l’aspetto del romanzo di formazione in un libro che riesce a superare la cortina dell’orrore dell’attualità per cercare oltre. Con delle sorprese veramente di rilievo.