L’Impero colpisce ancora. A proposito del provvedimento disciplinare contro Christian Raimo, insegnante

Dunque, per comprendere pienamente l’’affaire’ Raimo – le sue parole e la gravissima e spaventosa censura subita con tre mesi di sospensione dalla scuola e stipendio dimezzato – non è possibile fare a meno di contestualizzarlo ed inserirlo in questo quadro: Storia, personaggi e riferimenti ideologico-pedagogici. Perché, evidentemente, è proprio questo quadro che agita non tanto i burocrati di Viale Trastevere quanto proprio Ministri e sottosegretari di un Governo arrogante e reazionario, ma, in sostanza, come ha detto lo stesso Raimo, “debole”.

E la libertà di espressione?

“Io penso che, da un punto di vista politico, Valditara vada colpito perché è un bersaglio debole. Perché è un bersaglio debole e riassume in sé tante delle debolezze di questo Governo. Quindi, io penso che vada fatta una manifestazione contro Valditara: non per la scuola, ma contro Valditara. Perché ci sono, dentro la sua ideologia, tutto il peggio […]. E se è vero che non è lui l’avversario, è vero che è lui il fronte del palco di quel mondo che ci è avverso e che quindi vada colpita lì come si colpisce la Morte nera […]. E siccome lui si pone come la Morte nera io penso che non è difficile colpirlo perché tutto quello che dice è talmente palese, evidente, arrogante, cialtrone, lurido – direi “lurido” è una parola che si attaglia a quello che dice Valditara – che, insomma, è facile vederlo.”

Per queste parole pronunciate l’11 settembre 2024, in occasione di un incontro intitolato “Proteggiamo la scuola da Valditara” nell’ambito della Festa del movimento politico Alleanza Verdi Sinistra, Christian Raimo – scrittore, giornalista e docente di Storia e Filosofia nella Scuola secondaria di II grado – è stato fatto oggetto di un provvedimento disciplinare da parte dell’Ufficio Scolastico Regionale (USR) del Lazio: tre mesi di sospensione dal servizio e dimezzamento dello stipendio.

Qualunque sia il giudizio sulle parole di Raimo, alcune questioni testuali vanno certamente evidenziate: Raimo sottolinea la natura politica e non personale delle sue parole: il Ministro Valditara ne risulta simbolo ed esponente del Governo Meloni (ciò che dice sulla Scuola e ciò che concentra in sé) e non come uomo, e la distruzione della Morte nera non sarebbe nient’altro che un’allegoria del conflitto politico, delle cui dinamiche diremo più avanti.

Tuttavia resta da chiedersi come sia stato possibile che Raimo, in quanto dipendente del Ministero dell’Istruzione e del Merito (definizione quest’ultima creata proprio sotto il ministero Valditara e già di per sé degna di molte analisi), sia stato punito per parole pronunciate al di fuori dell’espletamento delle sue funzioni ed in un contesto pubblico.

L’Articolo 21 della Costituzione chiarisce che “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. E del resto, anche nell’ambito dell’insegnamento, l’Articolo 33 della Costituzione sancisce che “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”: dove quella libertà va intesa non soltanto nella scelta e organizzazione di strumenti e contenuti, ma anche nell’autonomia dell’insegnamento di quei contenuti.

Tuttavia, come chiarisce Annalisa Camilli, Raimo è stato punito in base all’articolo 13 del Decreto Ministeriale 105 del 26 aprile 2022, ovvero l’“Adozione del Codice di comportamento dei dipendenti del Ministero dell’istruzione” che recita: “Il dipendente si astiene dal pubblicare, tramite l’utilizzo dei social network, contenuti che possano nuocere all’immagine dell’Amministrazione”.

Insomma, un po’ come se un dipendente comunale si lagnasse pubblicamente – e magari a ragione! – della cattiva gestione dei rifiuti da parte della municipalità per cui lavora. Qual è il confine e quali esattamente le intersezioni tra l’essere un dipendente di una pubblica amministrazione e l’essere un cittadino con la piena garanzia della libertà di espressione?

Contro la Morte nera

Questa non sarà una storia da dimenticare e nemmeno da ripetere ma, soprattutto, sarebbe un grave errore limitarsi a trattarla dal mero punto di vista giuridico: la faccenda è politica e discorsiva e, come sempre, le questioni politiche e discorsive attengono all’immaginario.

Nel film Star Wars: Episodio IV – Una nuova speranza (Star Wars: Episode IV – A New Hope, Usa 1977) l’alleanza ribelle – un gruppo intergalattico composito ed eterogeno di popoli e pianeti – dopo aver rubato i piani di costruzione della Morte nera, una gigantesca e terrificante stazione spaziale in dotazione all’Impero intergalattico in grado di distruggere addirittura interi pianeti con un solo colpo, riuscirà infine a distruggerla in un crescendo piuttosto classico nel corso del quale Davide sconfigge Golia dando una nuova speranza ai più deboli, ai più piccoli e indifesi. Nella saga ideata da George Lucas la Morte nera è proprio il simbolo di un potere devastante – accentratore, autoritario, violento, spietato, tecnologicamente avanzato e implacabile – che lascerebbe senza speranza qualsiasi idea di ribellione e, persino, di Resistenza. Certo, sperare di poterla distruggere non equivale a partecipare ad un pranzo di gala! Del resto, il ritorno dell’Impero – come di qualsiasi potere colpito al cuore – promette di essere ferocissimo: come si vede nell’episodio successivo di Star Wars: Episodio V – L’Impero colpisce ancora (Star Wars: Episode V – The Empire Strikes Back, Usa 1980).

A leggere con attenzione il lavoro storico, politico e culturale portato avanti da almeno un decennio da Christian Raimo di lettura attenta e storicamente profonda della Scuola italiana ci si accorge che il suo intento intellettuale è innanzitutto quello di decostruire l’idea di una Scuola e dei suoi studenti che è dominante in un dibattito tutto incentrato su una lettura catastrofista delle prove standardizzate internazionali senza precise analisi sociali e geo-storiche e basata su una idea falsa e mitologica – come più volte dimostrato dal lavoro del linguista e pure Ministro dell’Istruzione (2000-2001) Tullio De Mauro (1932-2017), faro del lavoro di Raimo –  di generazioni precedenti che sarebbero state più capaci e più abili nelle competenze linguistiche. Un’idea confutata con estrema precisione anche dalla sociolinguista Vera Gheno nella sua rubrica su Il Post [].

L’obiettivo più spesso preso di mira da Christian Raimo nel corso degli anni è stato il discorso sulla scuola portato avanti da Ernesto Galli Della Loggia: personaggio più in vista di una pletora di intellettuali che, pur non lavorando nella Scuola ed essendo per altro impegnati in tutt’altri campi del sapere, ritengono però di poter dire la loro su un ambito – evidentemente ritenuto strategico – per il sol fatto di averlo frequentato sessant’anni prima.

Ecco, farla finita con la faciloneria sulla Scuola come se fosse un campo privo di Storia, opinioni e conflitti, soggettività sociali, politiche e corpi sessuati che nel corso del tempo hanno investito pensiero e azione nella sua trasformazione in senso “democratico”, appare l’afflato – si potrebbe dire etico – dell’impegno di Raimo.

Nell’introduzione del recente libro per sua cura pubblicato da Laterza (2024), Alfabeto della scuola democratica, Raimo scrive:

“I peggiori effetti del berlusconismo sono oggi ossificati nelle leggi introdotte a suo tempo dalle riforme Gelmini e Moratti. L’involuzione, anche normativa, del sistema scolastico mostra i suoi effetti nel lungo periodo. Dà corpo a un’educazione antidemocratica: al populismo penale, alla repressione del conflitto, all’incompetenza pedagogica…

[…]

Come respingere questi venti? Il libro che avete in mano è lo strumento di cui sentivamo di avere bisogno: una raccolta di saggi sulle questioni fondamentali per capire di cosa parliamo oggi quando parliamo di scuola democratica. Li hanno scritti persone che studiano e s’impegnano ogni giorno ad accompagnarci in quest’orizzonte di senso, politico nell’accezione più bella del termine”.

In un saggio recente, pubblicato anche questo da Laterza, Il passero coraggioso (2022), dedicato a Mario Lodi e al suo Cipì, Vanessa Roghi usava il dispositivo creativo coniato da Gianni Rodari, “il binomio fantastico”, per riflettere sull’energia sprigionata dall’accostamento tra “scuola” e “democrazia” per quegli insegnanti che, sulla scorta delle letture di John Dewey, Célestin Freinet, Anton Makarenko, Maria Montessori, Édouard Claparède, Ovide Decroly, dopo la fine del fascismo si trovarono a immaginare la scuola della Repubblica.”

Nelle stesse pagine, Raimo si sofferma a spiegare le scelte politico-ideologiche e pedagogiche di Loredana Perla, già sodale di Galli Della Loggia nella stesura di Insegnare l’Italia. Una proposta per la scuola dell’obbligo (Scholé, 2023), nel quale, nota Raimo, la professoressa ordinaria di Didattica e Pedagogia Speciale presso il Dipartimento Di Scienze Della Formazione, Psicologia, Comunicazione dell’Università di Bari “…sostiene che insegnare al bambino l’identità italiana gli toglie l’angoscia della polidentità, qualunque cosa significhi. Usando in modo casuale altri riferimenti storiografici che anche qui non padroneggia (fa di Gramsci un precursore del sovranismo), Perla arriva a presentare un vero monstrum pedagogico”.

Si tratta, del resto, di una infiammazione identitaria rintracciabile anche nella comparsa dell’espressione “made in Italy” nelle nuove Linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica  recentemente emanate dal Ministero dell’Istruzione – e dove invece l’Agenda 2030 è finita in una nota a piè di pagina –, che Raimo aveva già straordinariamente tematizzato nel suo volume Contro l’identità italiana (Einaudi, 2019) e che caratterizzano l’azione politica e ideologico-culturale del Governo Meloni, ben inscritta nella genealogia del neofascismo e del postfascismo italiano.

Dunque, per comprendere pienamente l’’affaire’ Raimo – le sue parole e la gravissima e spaventosa censura subita – non è possibile fare a meno di contestualizzarlo ed inserirlo in questo quadro: Storia, personaggi e riferimenti ideologico-pedagogici. Perché, evidentemente, è proprio questo quadro che agita non tanto i burocrati di Viale Trastevere quanto proprio Ministri e sottosegretari di un Governo arrogante e reazionario, ma, in sostanza, come ha detto lo stesso Raimo, “debole”.

Resta da chiedersi: ma gli e le insegnanti dove sono e cosa fanno? Almeno quelli e quelle che vivono quotidianamente la sfida e la fatica di attraversare le classi e affrontare l’informe e affascinante corpo dei e delle discenti con impegno e trasporto.

Nello scenario appena descritto, infatti, la Scuola e soprattutto i suoi lavoratori e le sue lavoratrici sembrano afoni: spesso si affidano a personaggi di riferimento molto popolari ma che non sempre bene hanno fatto alla Scuola (come Umberto Galimberti o Massimo Recalcati, anche loro portatori di mitologie piuttosto trite e cristallizzate) e appaiono non sempre in grado di (ri)trovare risorse endogene per portare una critica radicale al sistema così come viene corretto e riorientato nel solco di politiche neoliberiste calate dall’alto da almeno un quarto di secolo.

Impoverire e punire. Se il 50% vi sembra poco

Per concludere. In un editoriale uscito sulla rivista musicale Rumore a novembre 2024, Claudia Bonadonna osservava che uno dei grandi tabù del mondo della cultura italiana (non solo quella letteraria) è quello di parlare mai di soldi; eppure, scrive, è proprio “Nei conti della spesa, nelle bollette non pagate, nei compensi da sollecitare, nelle ore passate a produrre parole” che pullula anche la vita di chi insegna. Perché, è bene chiarirlo una volta per tutte fuor di malriposto romanticismo da stampa mainstream, insegnare non è una missione, ma un lavoro. Lo sa molto bene chi ha deciso di infliggere la sanzione del dimezzamento dello stipendio a Christian Raimo, perché, al di là del vecchio ritornello populista e qualunquista dei tre mesi di vacanze all’anno, il lavoro dell’insegnante fuori dall’aula è ormai una massa informe incontenibile per quanto risucchi tempo di vita ed energie psichiche.

E dunque, impoverimento, silenzio e sanzione rischiano – a partire dalla punizione clamorosa del caso Raimo – di essere gli unici assi del quadro di riferimento politico dell’Istruzione pubblica in Italia. Un Paese nel quale la precarietà nella Scuola resta largamente la norma e i salari sono i più bassi dell’area OCSE. Anche a partire di qui forse il tempo della rivolta della Scuola italiana è adesso, proprio ora.


Altri libri di Christian Raimo sulla Scuola:

Per sostenere Christian Raimo:

https://www.gofundme.com/f/raccolta-fondi-per-christian-raimo