Il romanzo di formazione è un genere molto utilizzato in letteratura, a partire dalla fine del Settecento. Termine coniato originariamente in Germania, Bildungsroman, il primo testo definito tale è il Wilhelm Meisters Lehrjahre di Goethe, pubblicato nel 1797. Nel corso del tempo il genere si è evoluto, adattandosi alle varie trasformazioni sociali e tecnologiche del secolo breve e dei primi venti anni del nuovo millennio modificando ambientazioni e psicologie dei personaggi. Capolavori di questo genere letterario ce ne sono parecchi, i primi due che mi vengono in mente sono Il giovane Holden di Salinger e Un giorno questo dolore ti sarà utile, di Cameron, e anche questo romanzo, pur non raggiungendo vette così alte, ne è un ottimo esempio.
Corey John torna nella cittadina in cui è cresciuto trenta anni dopo averla lasciata, nel 1955. La sua famiglia (solo la sorella è ancora in vita) emigra in Texas dall’Indiana dove vivono i nonni materni. Il padre, Robert, comincia a lavorare per la nonna, Lucille, che gestisce un bar ristorante e altri diversi affari. Si pente quasi subito di essersi trasferito – la promessa di Lucille di farlo diventare suo socio viene disattesa –, il sogno di diventare pilota di aerei si trasforma in ossessione e all’improvviso diviene violento con Corey, adducendo scuse improbabili per punirlo violentemente. La madre è incapace di reagire e cerca conforto nella religione leggendo la Bibbia e frequentando una comunità di credenti fanatici: si allontana dal marito e si richiude sempre più in sé stessa. L’adolescente ha un amico, Destin, con cui condivide l’esperienza della violenza domestica e passa buona parte del tempo sognando battute di pesca con il padre, occasione che per un motivo o per un altro non si concretizza quasi mai. L’ancora di salvezza del ragazzo è il nonno, Toast, che lo ha iniziato alla lettura. “Era stato lui a darmi il mio primo libro di Mark Twain, e con esso anche romanzi di Dos Passos, di Steinbeck, addirittura di Kafka e di Camus. […] Probabilmente ero l’unico quattordicenne in città a leggere Céline, e solo perché ero tanto fortunato da avere un nonno appassionato di letteratura”.
Ma il vero obbiettivo di Corey è essere benvoluto e amato dal padre, che lo accusa sempre di saper soltanto leggere, una passione che gli impedirà di trovare un vero lavoro e di districarsi nella vita e per questo decide di costruire in segreto una barca da regalargli il giorno del compleanno: studia tutte le tecniche, racimola i soldi raccogliendo bottiglie di vetro in tutta la città e tagliando l’erba dei giardini delle case. Ma le cose, nella vita, non vanno sempre come dovrebbero o come speriamo, e la caduta in forte depressione della madre, la malattia del nonno, l’ennesimo fraintendimento con il padre e un omicidio, fanno crollare i castelli in aria che stava inseguendo. La morte del re d’argento – prova d’esordio di Les Edgerton –, pubblicato originariamente in America nel 1996, è un romanzo narrato con uno stile scorrevole e asciutto (a parte forse un paio di passaggi), capace di entrare in maniera precisa e profonda nella psicologia di tutti i personaggi. Periodo, quello in cui si snoda la vicenda, in cui le violenze domestiche erano considerate un male da sopportare, in cui la società viveva ancora nel razzismo più bieco, in cui i rapporti di forza (come ancora oggi, a dire il vero) erano dettati dalla sopraffazione del più debole: problemi irrisolti ma che, dopo lotte lunghe e terribili, forse abbiamo cominciato in parte ad attenuare. Corey si rimette in pace con sé tornando nei luoghi della sua adolescenza e sciogliendo il nodo della sua ultima battuta di pesca con il nonno nello stupendo e pescosissimo Golfo del Texas: episodio che aveva nascosto nella sua mente per trent’anni ma che riaffiora prepotentemente. E la sua vita, nonostante tutto, sembra un po’ più accettabile.