“L’edicola che non c’è” è un progetto promosso da Agenzia X e dal collettivo Moicana che permette a tutti di consultare le riviste e le zine della stampa underground milanese dagli anni ’60 ai giorni nostri. Prima di questo è stata una raccolta dal basso, sfociata due anni fa in un’allestimento, a cui hanno partecipato attivisti e ricercatori di almeno tre generazioni. E, adesso, è anche un libro (che si chiama ovviamente L’edicola che non c’è. La stampa underground a Milano, a cura di Moicana, Ed. Agenzia X, 2021). Come spiegano i due coordinatori del progetto, Nicola Del Corno e Marco Philopat, nell’introduzione che ripubblichiamo qui in estratto.
L’archivio
Non siamo collezionisti, non vogliamo in alcun modo rientrare in quella categoria che più volte abbiamo incontrato nella nostra ricerca. Un archivio a differenza di una collezione non rivolge affatto il suo interesse alla valorizzazione monetaria, in base a criteri estetici estranei al contesto del materiale in oggetto. Anche se sono entrambe un atto di dedizione e impegno, una collezione è l’espressione di un insaziabile desiderio di conservazione, e nei peggiori casi di sfruttamento, della propria memoria e del mate riale che critici d’arte e accademici sostengono sia importante, mentre un archivio è l’espressione di un insaziabile desiderio di divulgare la memoria storica di un preciso argomento che si crede importante per ciò che ha saputo creare nel sociale. Non è stata una bella esperienza cercare sul web qualche informazione su una rivista rara che non avevamo trovato in nessuna dei tanti archivi ispezionati, per trovarci davanti una pagina di eBay con una piccola foto di copertina accanto a uno stratosferico prezzo di vendita.
La stampa underground, per sua costituzione, non può essere ingabbiata in schemi puramente economici e autoreferenziali, è da sempre libera di girare per le strade, come un’urgenza di esprimere se stessa e di proporre una visione alternativa a quella del benpensante, con irriverenza, provocazione e una smisurata dose di solidarietà verso chi prova a ribaltare una situazione di oppressione di classe. La stampa underground vorrebbe trasformare il mondo radicalmente, a partire dall’economia monetaria. “Chissenefrega dei pochi spiccioli che mi dai”, avrebbe detto un hippie di San Francisco a un passante a cui tentava di vendere una copia della sua rivista: “Qui c’è roba forte. Sesso, droga e rock’n’roll”. Oppure una femminista degli anni settanta: “C’è bisogno di una rivoluzione. Il personale è politico”. Un punk londinese: “Il mondo è una merda. Non c’è più il futuro. Ma se leggerai queste pagine diventerai pacifista e vegetariano”. Un cyberpunk con gli occhiali a specchio: “Hackera il sistema, sennò tra vent’anni ti ritrovi sempre attaccato a un computer grosso come un pacchetto di sigarette”. Una giovane militante underground del terzo millennio: “Smettila di stare attaccato al telefonino. Leggi qua, questa è la realtà”.
Abbiamo perciò scelto di mettere in mostra le fotocopie di tutte le riviste e fanzine scansionate, per cercare di rispettare il più possibile il senso divulgativo orizzontale che contraddistingue il rapporto tra chi vende a livello militante e il possibile lettore o lettrice che prima di comprare sfoglia la rivista. Inoltre, considerando le immense potenzialità del web, abbiamo pensato di offrire la possibilità, senza alcun limite, di consultazione e di ristampa, permettendo anche la rielaborazione grafica laddove pezzi di pagine e testi dell’originale sono rovinati o sbiaditi dal tempo, proprio come abbiamo fatto noi durante il lungo lavoro di acquisizione ed elaborazione digitale.
Tutto il materiale raccolto è stato quindi digitalizzato, trasformato in agili file e reso fruibile gratuitamente online, a disposizione di chiunque sul sito archive.
Un archivio che permette la connessione tra memoria e realtà, creando quel filo rosso che ci auguriamo possa contribuire a sviluppare le controculture a venire. Un archivio dove è possi bile scaricare e sfogliare i numeri di “Mondo Beat”, “Pianeta Fresco”, “Insekten Sekte”, prime riviste underground degli anni sessanta, per passare ai settanta, con le pagine libertarie di “Re Nudo” e “L’erba voglio”, con le creazioni psichedeliche di “Get Ready”, “Hit”, “Puzz”, “Un’ambigua utopia”, e con gli articoli politici di “Viola” e “Rosso”. Nel settore degli anni ottanta trovano spazio “FAME”, “Amen”, “TVOR” e tutte le punkzine del Virus, arrivando agli novanta con “Fikafutura”, “Tribe”, con il cyberpunk di “Decoder” e “Klinamen”; poi di lettura in lettura si giunge agli anni duemila con “Towanda!”, “SpeedDemon”, “SpeakOut”, “il Buco”, per concludere con le testate dell’ultimo decennio come “MilanoX”, “Strumenti critici” e “Antitempo” e molte altre ancora.
Il libro
Per realizzare la ricerca, allestire e gestire l’esposizione, il col lettivo Moicana – centro studi sulle controculture si è allargato,comprendendo non solo il comitato scientifico e gli autori e le autrici milanesi che hanno pubblicato libri con Agenzia X, ma anche studenti appena laureati con tesi riguardanti le riviste autoprodotte e altri giovani appassionati.
A loro sono stati affidati i capitoli di questo libro che riguar dano le riviste più rappresentative dei cinque decenni presi in considerazione; ognuno si è preso cura di scrivere la storia, raccontare i contenuti e il contesto storico delle varie testate, dopo aver condotto insieme a noi la lunga ricerca negli archivi di: Agenzia X, Bloom, Antonio Caronia, Gianni De Martino, Paolo Finzi, Ignazio Maria Gallino, Matteo Guarnaccia, Lea Melandri, Primo Moroni, Marco Teatro, Vandalo e molti altri più recenti. Un cammino che ci ha portato a conoscere nuovi filoni da esplorare, altre persone da contattare, altre inattese connessioni per rafforzare le impalcature del nostro studio. In alcuni casi ci sono state impareggiabili occasioni di incontro tra le giovani ricercatrici e ricercatori con attiviste e attivisti veterani che li accompagnavano negli armadi e librerie personali, nei ripostigli e nelle cantine. Chi tirava fuori qualche copia del suo giornale underground, custodita nello stesso modo in cui si cura la pelle dell’anima, era felice di raccontare e tramandare il proprio avventuroso viaggio redazionale, illustrando con aneddoti o vicende personali gli articoli che passavano davanti ai loro occhi, come se la memoria suscitata dal solo sfogliare di quelle pagine fosse parte integrante del loro cuore. Chi ascoltava aveva il privilegio di conoscere dal vivo i protagonisti reali dei loro studi, fare domande, colmare le lacune e svelare i lati più curiosi e contraddittori delle varie esperienze. I risultati li potrete leggere nelle pagine di questo libro.
Durante l’allestimento dell’esposizione sotto la metropolitana di piazza del Duomo, il gruppo si è attivato, quasi eroicamente, nella costruzione degli stand e nel creare la scenografia, una vera e propria impresa considerando l’inesperienza del mestiere, lo scarso budget ricavato da amici e sostenitori di una raccolta online e le ovvie difficoltà di lavorare in un tunnel nel pieno centro cittadino. Da qui è nato un team molto affiatato che a furia di accostarsi a così tanti sogni, lotte e desideri suscitati dal materiale che si manovrava, è riuscito a trovare il tempo e il luogo giusto per esprimere il senso dell’utopia, che come diceva Gianni Rodari: “Un giorno, verrà riconosciuto tra i sensi umani alla pari con la vista, l’udito, l’odorato..”
Qualche giorno prima dell’inaugurazione, abbiamo sistemato le riviste, in ordine cronologico, sugli scaffali che segnalavano i cinque diversi decenni, consultando le date, constatando i diversi stili editoriali, i colori e le differenze dei formati, delle immagini e degli slogan di copertina. Si è così ricomposta, pezzo dopo pezzo, la storia della stampa underground milanese come in un grande e variopinto puzzle. Infine abbiamo stilato il programma degli incontri pubblici con vecchi e nuovi redattori delle riviste esposte.
L’entusiasmo del pubblico, le ottime vibrazioni trasmesse da tutti gli “addetti ai lavori” dell’underground che sono venuti a trovarci all’esposizione, hanno rappresentato un forte stimolo al proseguimento della nostra ricerca e nelle settimane successive si è deciso di proporre un nuovo traguardo con l’ideazione di un libro. In continuità con il volume precedente, Università della strada. Mezzo secolo di controculture a Milano che raccoglieva le testimonianze dei protagonisti delle diverse esperienze controculturali, dai beat ai raver, ora Moicana pubblica L’edicola che non c’è. La stampa underground a Milano proponendo una serie di saggi per illustrare al lettore lo svolgersi storico della produzione a stampa alternativa e autoprodotta. Qui è inoltre presente un catalogo – il più filologicamente ragionato possibile, nonostante le difficoltà a schedare numeri unici e uscite estemporanee – delle riviste che sono state esposte (un catalogo peraltro in incessante via di definizione perché continuano ad arrivare sempre nuove pubblicazioni..).
Il futuro dell’edicola
“L’edicola che non c’è” vorrebbe continuare il suo viaggio alla ricerca di nuove e vecchie pubblicazioni, creando altre occasioni di incontro per condividere idee e informazioni, con l’augurio di stimolare la formazione di piccole comunità redazionali autogestite. Con questo progetto Moicana ha espresso una propria esigenza – certamente storica, ma se si vuole anche sentimentale – di ridare forma e sostanza alle caleidoscopiche esperienze di stampa alternativa che hanno contribuito, e contribuiscono, ora sincronicamente, ora diacronicamente, a fornire originali chiavi interpretative per affrontare in un modo completamente diverso i tempi presenti.
Forti di questa convinzione, contiamo di riproporre la mostra prossimamente nei locali della redazione di Agenzia X e poi in tutti quei luoghi (italiani o europei) che abbiano la volontà e il desiderio di confrontarsi con le migliaia e migliaia di pagine redatte dai giovani nel corso di mezzo secolo a Milano, comparandole con quelle delle proprie città. L’auspicio finale rimane però quello di trovare una collocazione cittadina non più temporanea, ma stabile, al nostro archivio materico in modo che chiunque sia interessato, per studio, passione o solo svago, alle produzioni su carta del vasto arcipelago dell’underground, possa contare su un’esposizione permanente.
A differenza di quanto ormai avviene in altre nazioni da anni, in Italia manca ancora la consapevolezza di ciò che l’underground e le controculture rappresentano, un patrimonio fondamentale per comprendere l’evoluzione di una società sotto molti punti di vista, e per questo motivo il loro lascito deve essere salvaguardato, al di là di ogni soggettivo giudizio di valore, con musei, esposizioni, corsi universitari e molto altro. Proprio per cercare di colmare questo vuoto, dopo la mostra, Moicana propone ora il libro che avete in mano, e che vi condurrà a scoprire, ma più probabilmente a riscoprire, passaggi fondamentali della vostra traiettoria esistenziale, rimasti impressi in maniera imperitura sulla carta stampata.
Buona lettura e restate sintonizzati per le altre iniziative collegate all’“Edicola che non c’è”.