Le strane storie di Robert Aickman

“Le risposte sono quasi sempre insufficienti, quasi sempre ingannevoli…
Alla fine è il mistero che resta, non la spiegazione.”
(Robert Aickman)

Robert Aickman (1914 – 1981) è uno scrittore quasi sconosciuto in Italia, e anche nella nativa Inghilterra viene ricordato, assai più che come narratore, come fondatore e presidente della Inland Waterways Association, l’associazione che curava la preservazione e il restauro delle vie d’acqua britanniche, quell’inland canal system, floridissimo fin dal Medio Evo ma progressivamente caduto in disuso dopo la Rivoluzione industriale. Già questa passione di una vita intera ci rivela qualcosa dell’uomo: un conservatore (in senso politico ed esistenziale) dai gusti antiquari e un eruditus nel senso classico del termine. Per parte di madre Aickman discendeva dal romanziere Richard Marsh (1857–1915), autore di The Beetle, romanzo oggi quasi dimenticato ma che nel 1897 contese al Dracula di Bram Stoker il primato di best-seller dell’occulto. E il fascino dell’occulto e del soprannaturale lo erediterà anche dallo zio Robert che per tutta la vita fu membro della Society for Psychical Research e del Ghost Club, e che sempre dichiarò di credere ai fantasmi: “Credo nella vita dopo la morte ma mi rifiuto di fornire particolari sul significato di queste parole, perché di tutti i tentativi futili e riduzionisti di definizione, questo è il più inutile”. E proprio nell’ambito della tradizione britannica della ghost-story viene collocata nella sua interezza l’opera narrativa dello scrittore: in realtà Aickman ha raramente scritto una ghost-story in senso classico, rifiutando persino di catalogarle usando questa etichetta e preferendo invece il termine strange stories. La sfumatura è fondamentale e i predecessori di Aickman sono ancora più che M.R. James o Oliver Onions, gli evocatori di fantasmi più dubbi ed eretici, come Henry James, Rudyard Kipling,  e soprattutto Walter de la Mare, i cui spettri – se davvero appaiono – risiedono soprattutto nella mente di chi li vede, nello squadernarsi di un interno che diventa esterno dischiudendo le forme che Samuel Beckett definisce “the faint inscriptions of the outer world”.

Un “metereologo dell’inconscio” lo definisce il grande autore fantastico statunitense Fritz Leiber, e l’unica biografia critica a lui dedicata, Robert Aickman: An Introduction di Gary William Crawford (2003), lo accosta a Freud, soprattutto quello de Il disagio della civiltà (fatto salvo per l’ateismo programmatico del fondatore della psicanalisi), e ai surrealisti, in particolare l’André Breton del Primo Manifesto e del romanzo del 1928 Nadja, nella sua visione fantasmatica e fantasmagorica della donna (anche qui non considerando l’adesione al comunismo e al materialismo storico dei surrealisti). Aickman curò dal 1964 al 1972 le antologie The Fontana Book of Great Ghost Stories, le cui numerose introduzioni a sua firma forniscono un’utile prospettiva teorica sulla sua concezione del weird tale. “La ghost-story… sembra derivare il suo potere da ciò che è più profondo e permanente. È molto vicina alla poesia… la maggioranza delle ghost-stories, comunque, non contengono davvero alcun fantasma. Bisognerebbe trovare un nome migliore per il genere, ma l’assenza del fantasma raramente dissipa il brivido d’allarme… il tedesco ha una parola che definisce questo effetto, Ehrfurcht, reverenza per ciò che non si capisce”.

Aickman propone almeno due buone ragioni per leggere ghost stories: “La prima è il bisogno che tutti quanti sentiamo di qualche grado di riconciliazione con la morte. Il secondo è qualcosa di più vago ma presente con più continuità nella coscienza della maggior parte di noi: il bisogno di sfuggire, almeno occasionalmente, al mondo meccanicistico, sempre più prevedibile, sempre più definibile e per questo sempre più insoddisfacente e fustrante. Come antidoto al vivere quotidiano in una società obbligatoriamente egualitaria, una buona ghost story, contro ogni apparenza, può portare vera gioia…”. Nel 1975 Aickman vincerà il World Fantasy Award per la sua storia “Pages from a Young Girl’s Journal” apparsa nel 1973 sulla celebre rivista statunitense The Magazine of Fantasy & Science Fiction e riceverà, l’anno stesso della morte, il British Fantasy Award per il racconto “The Stains”, ma, a parte questi settoriali riconoscimenti, resterà sempre una figura aristocratica e periferica. A parte il suo maestro e ispiratore Walter de la Mare, non avrà sodali nel suo isolamento, altrettanto lontano dal gotico, quanto dall’orrore cosmico alla Lovecraft, estraneo alle tendenze maggioritarie della narrativa weird e fantastica. Fra gli scrittori contemporanei forse gli si avvicina, per certe derive allucinatorie e per il pessimismo esistenziale, solo Thomas Ligotti che, non a caso, ha come lui suscitato l’attenzione recente di David Tibet, leader del gruppo di musica d’avanguardia britannico Current 93, appassionato cultore e collezionista di letteratura weird e occultistica, che ha scritto una bella introduzione dedicata alla sua figura letteraria, tradotta anche in italiano: “Aickman è uno scrittore difficile da trattare, viste le reazioni del tutto soggettive alla sua opera…se [nei suoi racconti] non c’era una storia, quale era il senso di raccontarla ? Non c’era un fantasma da svelare, spesso anzi non c’era proprio nulla da svelare, pensavo, tranne un‘nulla’ squisitamente ben scritto…tornai a leggere i lavori di Aickman e compresi che le sue opere non erano semplici divagazioni soprannaturali, ma bensì studi sul dolore e l’alienazione, su un mondo ormai perduto che era possibile solo catturare e rimpiangere attraverso la scrittura…”.

Anche la biografia dello scrittore è avara di fatti salienti, estremamente riservato, passava per un uomo collerico e scostante oppure gentile e affascinante, a secondo degli interlocutori. Sposato dal 1941 al 1957 con l’agente letteraria e autrice per bambini Edith Ray Gregorson (1914–1983), che lo lasciò per entrare in convento, ebbe una tempestosa relazione amorosa con l’ex attrice e modella, in seguito importante scrittrice, Elizabeth Jane Howard (1923-2014), autrice tra l’altro dei cinque volumi delle Cazalet Chronicles, tradotte in parte anche in italiano da Fazi (Il lungo sguardo, Cambio di rotta e All’ombra di Julius). Donna bellissima, divenuta al terzo matrimonio e fino al 1983, moglie dello scrittore e angry young man Kingsley Amis, scrisse con Aickman il suo secondo libro, We Are for the Dark: Six Ghost Stories, nel 1951, tre racconti per uno, e svolse l’attività di segretaria per la Inland Waterways Association. Come ricorda nella sua autobiografia Slipstream (2002), “a un certo punto Robert e io diventammo amanti. Non l’ho mai trovato fisicamente attraente, ma per tutti gli altri aspetti ero sotto il suo incantesimo”. Lo lasciò comunque poco dopo, e Robert la prese molto male: testimoni oculari riportarono che il suo amore per Jane “era una forma di aberrazione mentale”. È  probabile che molte delle eteree protagoniste e femmes fatales dei suoi racconti serbino l’eco di questa affascinante mangiatrice di uomini (e non solo) che contava love affair con innumerevoli personalità della cultura britannica come Laurie Lee, Kenneth Tynan, Arthur Koestler, Cecil Day-Lewis, Nancy Spain e altri: visto l’affollamento nella vita erotica e sentimentale di Elizabeth Jane, Robert avrebbe dovuto sentirsi lusingato da una dichiarazione della scrittrice: “Di certo non ho mai conosciuto nessuno come lui”. Il resto della vita trascorre senza eventi eclatanti: la separazione dalla moglie, varie affettuose amicizie con altre signore, l’impegno di conservatore delle vie d’acqua britanniche che lo induce a scrivere due volumi divenuti assai più popolari in Inghilterra della sua narrativa – Know Your Waterways e Story of Our Inland Waterways entrambi del 1955 – e quello di presidente del London Opera Society, l’attività di editor per le serie Fontana e quella sempre più intensa di narratore, con pubblicazioni anche negli Stati Uniti, e la frequentazione di personaggi noti dell’horror britannico come T.E.D. Klein e Ramsey Campbell, vari viaggi, soprattutto nelle isole britanniche e in Europa (Italia compresa), negli ultimi anni si dedica anche a consigliare e orientare – a metà strada fra investigazione psichica e psichiatria – persone che hanno vissuto esperienze soprannaturali. Quando nel 1980 gli viene diagnosticato un cancro, rifiuta le terapie ospedaliere e si fa curare solo con l’omeopatia. Muore nel febbraio del 1981 lasciando la sua collezione di libri e di più di 3000 programmi di opere, balletti ed eventi concertistici e teatrali al Victoria and Albert Museum di Londra.

L’opera di questo eccentrico signore sarebbe stata completamente ignorata nel nostro paese, se non per l’inclusione sporadica di qualche singolo racconto in antologie miscellanee di storie horror (categoria che in genere ben poco si addice alle impalpabili atmosfere delle sue fantasie), se non per una sola pubblicazione dovuta alla sagacia del compianto Giuseppe Lippi; si tratta di una delle raccolte più intriganti di strange stories aickmaniane, Cold Hand in Mine: Eight Strange Stories del 1975, tradotto nel 1990 negli Oscar Horror Mondadori con il titolo piuttosto fuorviante di Suspense. È però un evento pionieristico che resta isolato e bisognerà aspettare vari anni dopo, che un altro ugualmente sagace personaggio, Andrea Vaccaro, e la sua piccola ma impagabile casa editrice, la Hypnos di Milano, ordisca finalmente la titanica impresa di una pubblicazione filologica in più volumi di tutta l’opera narrativa breve dell’autore (i due romanzi di cui parleremo fra poco non sono per il momento previsti). Si partirà nel 2012 con Sentieri oscuri, Tutti i racconti fantastici vol. I, che oltre alla presentazione di David Tibet che abbiamo citato, traduce We Are for the Darkdel1951 – la raccolta scritta in coppia con Elizabeth Jane Howard, escludendo i racconti di lei – e Dark Entries: Curious and Macabre Ghost Stories del 1964; seguiranno nel 2014, I poteri delle tenebre, Tutti i racconti fantastici Vol. 2, che traduce Powers of Darkness: Macabre Stories del 1966 e nel 2019 Sub Rosa, Tutti i racconti fantastici Vol. 3, che traduce l’omonima raccolta del 1968. Restano ancora da pubblicare le restanti antologie Cold Hand in Mine (il volume edito da Lippi è ormai da anni quasi introvabile), Tales of Love and Death del 1977, Intrusions: Strange Tales del 1980, e le antologie postume di testi inediti ritrovati Night Voices: Strange Stories del 1985 e The Strangers and Other Writings del 2015.

Non sappiamo se la meritevole avventura di Hypnos, una volta esaurita la narrativa breve di Aickman – che per altro resta l’aspetto più originale e significativo dell’autore – voglia continuare dedicandosi anche ai due unici romanzi dello scrittore, The Late Breakfasters del 1964 e The Model, rimasto inedito fino al 1987, che però risultano ancora più eccentrici rispetto alle nozioni abituali di fantastico o di weird proposte dalla casa editrice di Vaccaro: eppure soprattutto il primo, sarebbe un testo particolarmente insolito e intrigante perché incentrato, in termini elusivi ed onirici, su un amore lesbico esplicito, assolutamente rivoluzionario per l’epoca. Presumibilmente meno interessanti invece le due autobiografie The Attempted Rescue del 1966 e The River Runs Uphill: A Story of Success and Failure pubblicata solo nel 1986, in cui Aickman ci racconta la sua vita fino ai quaranta anni o poco più.

Non possiamo che consigliare al lettore italiano la lettura di questo cantore dell’Angst e dell’irrazionale, puntualizzando che non incontrerà un autore facile e che le sue storie sfuggiranno a tutte le prevedibili aspettative di chi vorrebbe rinchiuderle in un genere definito. Apofaticamente, dal momento che – come dichiarerà con una battuta significativa la protagonista di The Late Breakfasters – “It cannot truly be defined”, possiamo solo dire tutto quello che la narrativa di Aickman non è, cosa non ci si possa aspettare dai suoi testi: nessun armamentario gotico, nessun orrore cosmico, nessun effettaccio horror, splatter, thriller, o suspense; nessuna soluzione ai misteri proposti; nessuna spiegazione dell’inesplicabile; nessuna oggettivizzazione del soprannaturale o della “spettralità”; nessuna intenzione metaforica o psicologistica. Le storie di Aickman sono enigmi; enigmi senza soluzione i cui personaggi si confrontano con il vuoto delle loro vite, un vuoto che è la misteriosa essenza delle cose. Come è stato segnalato da vari critici, in essi l’insensata superficie dei fenomeni è usata per evocare un mondo di cause nascoste, ma – e qui c’è una radicale differenza con altri maestri del weird come Algernon Blackwood o Arthur Machen – che restano fino in fondo incomprensibili: alla fine non c’è mai niente da rivelare.

Bibliografia italiana di Robert Aickman

  • Suspense, a cura di Giuseppe Lippi, Oscar Horror Mondadori, 1990
  • Sentieri oscuri, Tutti i racconti fantastici vol. I, Hypnos Edizioni , 2012
  • I poteri delle tenebre, Tutti i racconti fantastici Vol. 2, Hypnos Edizioni, 2014
  • Sub Rosa, Tutti i racconti fantastici Vol. 3, Hypnos Edizioni, 2019

Biografia:

Gary William Crawford, Robert Aickman: An Introduction, Gothic Press, 2003

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