Nancy Campbell, Le mutevoli forme del ghiaccio, tr. Andrea Asioli, Bompiani, pp. 324, euro19,00 stampa, euro 9,99 ebook
Nancy Campbell, scrittrice, poetessa e artista visuale, in questo libro rende pubblica la sua vita legata alla terra, ai ghiacci, alle regioni più remote dove l’esistenza stessa della natura espone la sua crisi. Nel museo esistente più a nord del mondo, a Upernavik in Groenlandia, Campbell cerca e trova il modo di esistere (e resistere) di fronte alle mutevoli forme del ghiaccio e alle sue discontinue ottiche, imparando quanto le popolazioni di quei territori (in primo luogo gli Inuit) conoscono da millenni e che ora vedono spezzarsi così come accade a tutto ciò che oggi concerne l’Artide.
In quel museo, ai confini ultimi di un luogo tagliato fuori dai traffici, e dove soltanto il ghiaccio fa da ponte per i collegamenti, lei impara a consultare le mappe, a osservare le fisionomie di oggetti d’uso comune e rari, e le testimonianze depositate dai cacciatori. Si accorge che nelle viscere della massa solida di ghiaccio, simile al basalto, l’acqua scorre e si snoda come sulla terraferma. Le tracce e i reperti depositati in quei locali si intrecciano alle convinzioni, forse sbagliate, che l’avevano portata lì. I residenti di passaggio nel museo sono tenuti a lasciare le loro opere, e se scrittori, invitati a non scrivere. Soltanto le immagini interessano al museo. Il lavoro in quel luogo si trasforma nel mezzo di sopravvivenza, smaltimento dei rifiuti compreso. A ogni porta manca la serratura, nella piccola isola la gente è libera di entrare e uscire dalle case, nessuno può essere considerato ladro.
Il primo impatto per Campbell è questo, insieme ai lampi delle torce elettriche di chi si avventura sul banco di ghiaccio per sondarne la consistenza in vista delle trivellazioni. Si tratta di sopravvivere, gli uomini devono capire dove poter pescare gli halibut. Troppa o poca neve impedisce le partenze. Gli stili di vita mutano più di quanto abbiano fatto nel secolo precedente. Il ghiaccio nasconde l’oceano, e a parte questo pensiero sicuramente minaccioso, Campbell capisce ben presto come le forme assunte dall’acqua a quelle temperature siano innumerevoli: non resta che sperimentarlo a ogni ora del giorno e della notte, quando le luci hanno ritmi completamente inediti.
La biblioteca del ghiaccio è un’opera costruita seguendo le diverse opzioni intellettuali della razza umana: scienziati, esploratori, cacciatori, pattinatori, filosofi, scommettitori. Per ogni categoria le storie e le azioni, le testimonianze vitali, la vita e la morte di studiosi e gente comune, vengono viste da ogni angolo possibile, e sembrano entrare nell’esistenza dell’autrice come un archivio infinito che non vede l’ora di presentarsi al mondo intero. Le tracce sono inusuali, presto ci accorgiamo che a nord del circolo polare artico il significato di ogni cosa, oggetto, parola, pensiero, contiene specifiche ragioni, e che la percezione diventa solida come quella relativa alla temperatura corporea. Quel che più sorprende di questo libro è la somma delle informazioni che ci porta: attingervi significa far compiere alla nostra mente un aggiornamento a cui nessuno di noi è più abituato. Scienza e filosofia s’intrecciano in qualcosa dal forte potenziale creativo, e si capisce come non vi sia niente di commerciale in questo presente captato, descritto, vissuto da Campbell per la bellezza di sette anni, dal 2010 in poi. La sua testimonianza, ricchissima almeno quanto la generosità delle popolazioni groenlandesi (nonostante le sempre più scarse risorse), diventa in data odierna fondativa, umanamente e scientificamente diretta al genere umano.
Un glossario ufficiale, spiega l’autrice, descrive duecentoventi categorie di ghiaccio, ma è stato pensato per la navigazione di superficie e sottomarina, non per coloro che ci viaggiano sopra. Elaborare elementi visivi per gli abitanti è fondamentale, in un’epoca di rapidi cambiamenti climatici ne determina il valore del rischio. Dal Nord del mondo riceviamo solenni deposizioni testimoniali. Si tratta di mappe che un lettore presente non può prendere come bizzarrie letterarie: ogni luogo ormai non deve più pensarsi come periferico. Il ghiaccio contiene la sua biblioteca mondiale, leggiamolo.