Lauren Petitmangin / Una famiglia francese, oggi

Lauren Petitmangin, Quello che serve di notte, tr. di Elena Cappellini, Mondadori, pp. 132, euro 18,00 stampa, euro 9,99 epub

Una famiglia della provincia della Francia, in Lorena, nella città di Metz vicina al Lussemburgo, un padre operaio ferroviere, da sempre militante socialista che rimane vedovo con due figli ancora da crescere. Il lavoro e gli impegni familiari lasciano poco tempo per far sentire la sua presenza ai figli: Gillou, il maggiore, cerca di tenere sotto le sue ali protettive Fus, il soprannome del fratello che gioca a calcio, più chiuso e che risente maggiormente della perdita della madre. Gillou cresce come un ragazzo maturo, con le idee chiare per il suo futuro e che studia per raggiungere i suoi obiettivi mentre Fus, a un certo punto, comincia a perdersi. Il suo rendimento a scuola cala costantemente, mentre cresce un silenzio sempre più ostinato verso il padre che non riesce a capire il cambiamento di atteggiamento del figlio che si distacca anche dal suo miglior amico di infanzia Jérémy. Comincia a frequentare ragazzi benestanti, tutti con i capelli rasati, che inforcano moto di grossa cilindrata: sono militanti del Front National di Le Pen. La reazione del padre è dura: accusa il figlio di essere passato dall’altra parte e di intendersela con i fascisti.

A questo punto i due si allontanano ancora, i silenzi si fanno sempre più impenetrabili e si evitano pur abitando nella stessa casa. Il padre, preoccupato, si confida con Gillou che lo rassicura dicendogli che il fratello è sempre lo stesso. Fus e la fidanzata vengono aggrediti da un gruppo di estrema sinistra mentre distribuiscono volantini del Front National e il ragazzo rimane seriamente ferito, ridotto in fin di vita, e da questo momento la storia cambia. Questo sarà solo il primo tragico avvenimento che sconvolgerà la famiglia, con il padre che inizialmente sembra ritrovare un rapporto con il figlio dovendolo accudire in tutto e per tutto nel primo periodo post incidente. Invece è solo l’inizio di un precipizio che sfocerà con la vendetta di Fus contro chi aveva ordito la sua aggressione.

Un romanzo breve ma profondo, che pone domande senza dare risposte, una storia senza moralismi e giudizi che fa riflettere sul rapporto padre e figlio, tra fratelli e amici, sugli scontri sociali e le contrapposizioni odierne frutto, forse, ci sembra suggerire l’autore, di quello che noi in gioventù non siamo stati capaci di fare. E che faremmo noi, donne e uomini di sinistra ed ex militanti invecchiati, se avessimo un figlio o un nipote che si schierasse dall’alta parte della barricata? Lo stile potente, evocativo e a tratti quasi poetico ci accompagna attraverso una storia cruda, cattiva, all’interno di uno scontro familiare e sociale che oggi sembrano poter scoppiare da un momento all’altro. Un testo in cui l’autore quasi sessantenne esordisce, mettendo in campo le sue esperienze sociali e affettive invitandoci a non fermarci allo stato superficiale delle cose. Ottima la traduzione di Elena Cappellini, che rende la prosa scorrevole e musicale.