Dopo aver indagato nella storia di un amore fatale e furibondo in Fato e furia, libro dell’anno 2015 negli Stati Uniti, e raccontato la contemporaneità dello stato in cui vive con il marito e i figli nella raccolta di racconti Florida, la scrittrice americana Lauren Groff ci porta indietro in un tempo lontanissimo, sulle tracce di una donna realmente esistita, incontrata durante i suoi studi di letteratura francese antica.
Matrix, pubblicato da Bompiani, racconta di Marie di Francia, figura che si perde nelle nebbie della storia medievale e di cui si hanno poche informazioni. Pare fosse badessa del convento di Shaftesbury nella contea del Dorset, mistica, traduttrice, prima donna a scrivere in francese, poetessa riconosciuta di “lai”, forme poetiche molto in voga nel XII secolo – quello in cui Marie è nata e vissuta per gran parte della sua vita – e che hanno come temi la passione, la gelosia, l’avventura, la magia; versi semplici, pieni anche di argomenti considerati forti per l’epoca, ma aggraziati dalla rima del francese antico. I “lai” di Marie sono considerati tra i più rappresentativi dell’epoca.
Questo, almeno, è quanto (poco) ci è dato sapere. Per il resto, Groff compie un lavoro di straordinaria invenzione narrativa, dando verosimiglianza alla sua Marie e ricreando una donna fuori dal suo tempo, leader visionaria e carismatica di una modernità stupefacente. All’inizio del romanzo, la incontriamo a diciassette anni, appena arrivata dalla natia Bretagna alla corte d’Inghilterra. Ad accoglierla, la potente e spregiudicata regina Eleonora d’Aquitania, che non sa che farsene di questa figlia di re ma illegittima, dall’intelletto brillante e dall’aspetto fisico respingente, quindi non maritabile: “Marie pensava davvero di sposarsi, un giorno? Lei, un rozzo pendaglio da forca? Tre teste troppo alta e quel suo modo rude e pesante nel camminare, quel suo vocione orribile e quelle mani massicce, la sua inclinazione alle dispute e al maneggiare la spada? Chi mai avrebbe voluto in sposa Marie, una creatura sprovvista non soltanto di bellezza, ma anche di ogni arte femminile?”
Non c’è altro da fare che metterla in convento, come priora e futura badessa, come il suo lignaggio prevede. Marie mal si adatta a una vita che non sente sua. Una vita di preghiera e contemplazione, di sacrificio e sottomissione. Si sente murata viva dentro un convento di povere suore che muoiono di freddo, fame e malattia, lontana da Eleonora, che Marie ama con una passione che sfiora l’ossessione e alla quale cercherà di riavvicinarsi per tutta la vita. Non è, però, donna da arrendersi alle avversità; discendente di Melusina, creatura metà donna e metà pesce, cresciuta dalla madre e dalle zie guerriere-crociate, Marie plasma quello che è ormai il suo destino secondo il suo carattere indomito e ribelle. Negli anni, Marie trasforma l’abbazia e la comunità che le è stata affidata, trasformandola in una realtà prospera per le suore che la abitano, attira oblate che portano ricche doti, mantiene le famiglie di contadini che coltivano i terreni circostanti; educa, divide compiti e lavori in base alle caratteristiche di ogni suora e novizia, manda come sue pie, in ogni angolo del mondo, le fanciulle che non prendono i voti. Diventa la “matrix”, “Madre”, per le donne che vivono in questa isola di utopia che lei crea a sua immagina e somiglianza.
Ci sono due Marie, in questo romanzo: una è la donna di potere, passionale, che avverte i bisogni della carne, che ama Eleonora di un amore totalizzante. Sono i due poli della storia, Marie ed Eleonora, due incarnazioni di una forma particolare di potere femminile, che spiccano in un’epoca dove alle donne non è permesso quasi nulla.
E poi c’è la Marie mistica, che ha visioni in cui la Vergine Maria le ordina come procedere nel suo lavoro di “matrix” e protettrice dell’abbazia. Anche in questo aspetto, però, Marie non è spirituale, le sue non sono le visioni evanescenti delle sante, la sua carnalità è predominane anche nel rapporto con la fede, con Dio. In una di queste visioni, Marie è convinta che la Vergine le ordini di costruire un labirinto, che protegga il convento, le suore, le terre circostanti e le donne che lavorano per lei dalla brutalità del mondo esterno, dagli uomini che potrebbero violare la castità delle sue “figlie, dalla gelosia che le ricchezze acquisite suscitano. Ma è davvero l’ispirazione divina a guidare Marie, oppure la sua ossessione per Eleonora, nel disperato tentativo di attirarla a lei?
Groff supera se stessa con una storia che è solo in apparenza lontana nei secoli. I temi che possiamo trovare disseminati tra le pagine di questo portentoso romanzo sono di un’attualità sconcertante, tanto da farci dimenticare, a volte, gli otto secoli di distanza fra il nostro tempo e quello delle vicende narrate, mantenendo un equilibrio perfetto tra le pochissime notizie storiche e l’invenzione necessaria per creare una trama degna di tal nome. Marie è un’eroina modernissima che Groff sa rendere in maniera straordinaria in tutta la sua complessità psicologica, fatta di dubbi e desideri, sogni da realizzare e doveri cui attendere, momenti di frustrazione compensati dai successi improbabili.
L’ultima nota è sulla traduzione di Matrix, affidata, come per i precedenti libri di Groff pubblicati da Bompiani, a Tommaso Pincio, che ha saputo rendere al meglio e con grande sensibilità un romanzo così ricco e complesso, sia nel linguaggio che nella struttura e nella narrazione.