La tavoletta dei destini, undicesima parte dell’opera avviata nel 1983 con La rovina di Kasch, allestisce il racconto, pressoché infinito, della storia degli dèi prima degli dèi, che qui si trasforma in leggenda, mondiale e, per Roberto Calasso, definitivamente personale. Il racconto attinge a storie antecedenti a Omero e alla Bibbia, giunteci attraverso frammenti o poco più, dove gli eroi hanno nomi orientali e mesopotamici e la nostra fantasia può abbeverarsi a narrazioni dove immani diluvi avvenuti molto prima di Noè s’intrecciano a figure note, come Sindbad il marinaio finito a capofitto nelle leggendarie Mille e una notte, e a figure certamente più misteriose, come Utnapishtim. Personaggio salvato dagli dèi primordiali stanchi degli uomini, e collocato per l’eternità nell’isola di Dilmun, avrà il compito di accogliere ospiti e raccontar loro le arcaiche storie del mondo.
Il risvolto ci informa che il libro è fatto della materia di questi racconti. I rapidi capitoli rappresentano viatico e commento pulsante alla vasta collezione degli altri libri, come fossero utile rimando e fonte bibliografica da utilizzarsi durante la lettura (per esempio) di Le nozze di Cadmo e Armonia o L’innominabile attuale. A riprova, ce ne fosse bisogno, di come Calasso intenda costruire, e poi darne conto, la biblioteca della propria vita e infine del mondo. Il profilo di certi editori, di certe riviste, di avventure dirimenti lungo i millenni e le collezioni librarie hanno qualcosa di ardito, di inarrivabile.
Al “libro unico”, luogo di presentimenti e sentimenti prensili, composto dall’intero catalogo Adelphi, ogni mese si aggiungono diverse tessere, ma mai l’opera sarà compiuta. Questo si sa, e ne costituisce fascino e unità. Maggiormente le storie antiche della Tavoletta hanno il potere di riscaldarci e forse dare un valore a giorni in cui nelle menti degli uomini il senso non si ritrova più. Perfino la storia di pochi anni fa sembra trascorsa nell’oblio, figuriamoci le gesta di un Noè mesopotamico le cui storie si concatenano fino a quel punto in cui probabilmente gli umani non erano che poche cellule raggrumate in attesa della scintilla della coscienza.
Passare accanto a questi libri, prima, per poi affondarvi attraverso titoli, copertine, risvolti, vuol dire misurarsi con i collegamenti che hanno condotto fin qui l’umanità, convincendoci che nell’infinitesimale frammento d’universo di cui consiste la terra sono contenute cronache che fin da subito hanno raggiunto il futuro. Nell’istante stesso di un avvenimento, il suo racconto centra i luoghi remoti del cosmo. Basta leggere Brian Greene, se il mito appare troppo intriso di relitti, per convincersene. Pur appartenendo, l’indecifrabilità, in alcuni punti a entrambi. I cortocircuiti sono volontari (è accaduto qualcosa), bisogna trovarvi giudizio e punti cruciali perché adulti e bambini si ritrovino nella sensazione smisurata della vita. Tanto più familiare quanto più libri si sono letti. Nessuna paura se i nomi si affollano, se la vertigine sembra salire dalla carta e se assume la sostanza dell’argilla o in ultimo della pietra. Calasso potrebbe rinvenirvi gli assunti della creazione e la fortitudine sfiancata dei Prigioni: Dio e Michelangelo, in qualche punto dell’opera dello scrittore, orientano comuni intenti.