Fin dal momento in cui si prende in mano per la prima volta il piccolo libro di Emanuele Termini, stampato in un formato tascabile, ci si rende conto che, unitamente ai protagonisti della vicenda narrata, è la città di Venezia a dominare l’intera scena narrativa e visiva. Ricchissimo infatti di illustrazioni, L’acqua alta e i denti del lupo sembra essere stato studiato proprio per catturare trasversalmente i sensi del lettore.
L’autore riprende una storia del recente passato avvolta da una fitta nebbia di mistero, di domande senza risposta e di ipotesi più o meno verificate o verificabili.
Nei primi mesi del 1907, l’allora ventinovenne Josif Vissarionovič Džugašvili (il futuro Stalin) avrebbe soggiornato nella laguna veneta, ospite dei mechitaristi del Monastero di San Lazzaro degli Armeni. Le delicate implicazioni rispetto al futuro del Partito che guidò la Rivoluzione Russa del 1917, furono il motivo per cui quel viaggio doveva rimanere segreto. Negli anni Cinquanta il giornalista italiano Gustavo Traglia, forse con troppo anticipo rispetto ai consueti tempi necessari affinché una vicenda possa diventare Storia, cercò di scoprire le motivazioni che avrebbero portato il leader bolscevico in Europa, ma la pubblicazione delle sue ricerche sarebbe stata nettamente ostacolata.
Oggi, dopo oltre cinquant’anni dal lavoro di Traglia, Emanuele Termini indaga, insegue le tracce e i tanti pseudonimi che Josif Vissarionovič Džugašvili avrebbe disseminato lungo il suo cammino, accede all’archivio di Traglia, incontra persone che prima di lui hanno raccolto indizi, rintraccia le fonti, e passo dopo passo si persuade sempre più che si tratterebbe di fatti realmente accaduti.
Il viaggio che Stalin avrebbe compiuto passando da Venezia per raggiungere Berlino, e Lenin, narrato da Termini assume spesso tratti rocamboleschi davvero ai limiti della leggenda: infatti prima avrebbe viaggiato come clandestino nella sala macchine di un cargo che trasportava grano da Odessa fino ad Ancona, poi con l’aiuto degli anarchici anconetani sarebbe arrivato a Venezia e presentato alla soglia del monastero di San Lazzaro degli Armeni da dove poi infine si sarebbe allontanato clandestinamente per riapparire a Londra qualche mese dopo.
A rendere però più̀ che plausibile questo viaggio, viene riportata nel testo l’intervista di Emil Ludwig nel 1931 al Segretario generale del Partito comunista dell’Unione Sovietica al Cremlino.
“Diverse furono le domande scomode che Ludwig rivolse al dittatore e quando gli chiese un parere in merito “all’amore tipicamente tedesco per l’ordine, più sviluppato dell’amore per la libertà” Stalin rispose con un aneddoto vissuto in prima persona:
– Quando nel 1907 mi capitò di trovarmi a Berlino…”
Una storia, quella narrata da Termini, che si snoda lungo due filoni narrativi distinti, afferenti a precisi capitoli del libro. Da una parte racconta la biografia di Stalin soffermandosi molto sull’attività politica, l’esilio in Finlandia e le tante peregrinazioni in lungo e in largo per l’Europa. Dall’altra invece il lettore segue passo passo le frenetiche ricerche svolte dal protagonista del libro, il quale indaga in ogni dove e, proprio come un segugio, non tralascia alcuna traccia o indizio.
Sullo sfondo, ma sempre pronta ad emergere, la Serenissima in tutto il suo splendore, senza tempo e senza limiti.
Degno d’attenzione è apparso sin dalle prime pagine lo stile narrativo di Emanuele Termini, il quale con L’acqua alta e i denti del lupo è al suo esordio letterario. Una scrittura avvolgente e coinvolgente, complice anche la passione e l’interesse che egli sembra provare per la vicenda indagata e per la città raccontata. Un vero e proprio amore che trasmette al lettore, unitamente a quel senso di smarrimento, incanto o meraviglia. Basti citare il passaggio nel quale descrive le sensazioni provate all’ingresso della molto famosa libreria “Acqua Alta”.
“C’era una sorta di magia dentro quello spazio disordinato e privo di indicazioni, ognuno seguiva i propri interessi mosso dal suo rapporto personale con i libri. […] Una scala fatta di enciclopedie offriva un’insolita vista su Rio de la Tetta, mentre una piccola porticina dava su Calle Pinelli. A metà libreria, vicino a una gondola, c’era un altro passaggio che permetteva di raggiungere la saggistica, la letteratura italiana, i fumetti e un angolo dedicato ai libri d’arte e agli spartiti musicali. In fondo alla stanza un’altra via di fuga, verso l’acqua. […]. La persona a cui chiesi informazioni mi invitò a guardare con attenzione uno strano quadro che teneva in bella vista, una sorta di cartoncino piegato in uno strano modo, dove Venezia diventava tridimensionale.”
L’acqua alta e i denti del lupo di Emanuele Termini non raggiunge la tridimensionalità ma è per certo una lettura consigliata.