Quante sono le lingue del mondo e quante possono, a buon diritto, essere ascritte al rango di lingua e non di dialetto? Come si produce il linguaggio e dove risiede questa capacità della nostra specie di articolare suoni in modo da generare senso? A queste e altre domande prova a rispondere Federico Faloppa, linguista, docente di Storia della lingua italiana e Sociolinguistica alla University of Reading (Regno Unito), studioso di linguaggi del razzismo e autore del formidabile Razzisti a parole (per tacer dei fatti) (Laterza, 2011), esperto dei discorsi di odio (hate speech) di cui ha scritto per Treccani.it Razzismo linguistico 2.0 – la pervasività dello hate speech.
Il limpido stile dialogico, articolato in domande dirette al lettore che seguono immediatamente l’introduzione di parole o concetti nuovi, è la vera cifra di questo libro che denota le straordinarie doti di divulgatore del suo autore. Doti messe al servizio di una passione viscerale per la linguistica che, a ben vedere, non è una passione esclusivamente professionale: traspare piuttosto amore per le parole, per i significati che da esse si sprigionano, per le mille possibili combinazioni e ricombinazioni di cui le lingue e i linguaggi umani sono capaci.
In fondo, sembra dirci Faloppa, la lingua è lo strumento più naturale che possediamo, eppure ce ne sfuggono sia gli aspetti superficiali sia quelli più profondi. E ci porta così per mano dentro il funzionamento dei meccanismi linguistici con la stessa curiosità e piacere della scoperta che vuole instillare nel lettore e nella lettrice. L’autore, insomma, nomina, chiarendolo e trasformandolo in una costellazione affascinante, tutto quel lessico che spesso ci ha storditi, tra l’esoterico e il noioso, quando eravamo tra i banchi di scuola, sotto la triste e imprecisa etichetta di “grammatica”.
Seguendo il celebre linguista nordamericano Noam Chomsky, per esempio, Faloppa ci mostra come i parametri di base che renderebbero diverse le circa settemila lingue del mondo sono in realtà davvero pochi e che la sintassi – cioè l’ordine delle parole nella frase – rende molto più simili fra loro le lingue, distanziate invece dal lessico che le fa sembrare inconciliabili.
Forse, il senso più profondo di queste Brevi lezioni sul linguaggio risiede in un gustoso aneddoto: nel 1866, la neonata Società linguistica francese vietò da statuto qualsiasi disputa sull’origine del linguaggio, perché sostanzialmente insondabile. Eppure, Faloppa si chiede: “Quando abbiamo iniziato a parlare? Non come individui, intendo, ma come esseri umani, come specie: quando?”. Già, dilemma fondativo che include non soltanto le tante questioni aperte sulla capacità di modificare il mondo con il linguaggio, ma come questo sia, in fondo, il tratto più specificamente umano dell’animale umano.
A partire da qui, si può leggere questo libro anche come manuale per la comprensione dell’evoluzione della competenza linguistica dell’Homo sapiens sapiens. Infatti, vi si trovano passaggi illuminanti sui dettagli dell’evoluzione che avrebbero portato allo sviluppo del linguaggio come l’importanza della posizione eretta e l’enorme influenza che essa ha avuto sulle modificazioni del tratto orofaringeo che permette la produzione dei suoni. Sicché questo scavare irrequieto alla ricerca non tanto dell’origine del linguaggio quanto delle basi materiali che l’hanno reso possibile, testimonia quanto questo testo sia un atto d’amore verso il linguaggio, le lingue e la linguistica e, soprattutto, un atto d’amore verso l’umano.