«Le droghe ci annoiano col loro paradiso.
Ci diano, piuttosto, un po’ di conoscenza.
Noi non siamo un secolo da paradisi.»
(Henri Michaux – Connaissance par les gouffres)
La scommessa psichedelica
La raccolta di saggi che sotto il titolo di La scommessa psichedelica (pp. 320, euro 18,00) è da poco uscita per Quodlibet sotto la curatela di Federico di Vita, è un libro importante perché segna in qualche modo ufficialmente il ritorno nel dibattito pubblico di un argomento da decenni relegato nei bui sottoscala della rimozione collettiva, confinato alle riserve indiane delle pubblicazioni underground, fra nostalgici ex freakkettoni attardati in un perpetuo sballo retroattivo, audaci piccoli chimici come il dott. Jekyll brancolanti verso l’alambicco di sintesi di sostanze proibite e fuorilegge, inseguitori di Bianconigli o cercatori di funghi senza licenza e senza gps.
Un nutrito gruppo di intellettuali, di varia età e provenienza, ma in linea di massima abbastanza giovani da non aver vissuto direttamente gli anni dell’epica lisergica se non, in parte, nelle sue postume ricadute rave e trance successive, si compatta invece intorno al tema per proporre in queste pagine nuove analisi e interpretazioni, prospettive esperienziali o considerazioni critiche. Personaggi come Marco Cappato, Vanni Santoni o Agnese Codignola, solo per citare a caso tre fra i nomi più noti, si avvicendano a ripercorrere il flusso di una risacca inarrestabile che torna su se stessa non per decantare ed eventualmente rimpiangere epopee passate e definitivamente trascorse, ma per proiettarsi piuttosto verso un finalmente compiuto sviluppo di possibilità future.
I temi spaziano per varietà e completezza, slittando dall’oggettività critico-teorica (il trip report come sottogenere della letteratura di viaggio, lo gnosticismo acido, il rapporto fra psichedelia e politica o fra psichedelia e internet, la cura psichedelica della depressione, l’analisi dei rischi che il Rinascimento psichedelico si trasformi in Restaurazione, e così via) alla soggettività memorial-reminescenziale (l’esperienza di un rito sciamanico con l’ayahuasca, lo sballo rave interpretato come neo-culto misterico o lo psytrance come sindrome di Stendhal tecnicamente riproducibile, ecc.), con esiti di valore ed efficacia differenziati ma comunque sempre interessanti. Il volume è aperto da un’utile Breve storia universale della psichedelia ad opera del curatore e chiusa da uno stimolante Pseudoglossario dei tòpoi psichedelici scritto da Gregorio Magini. Il valore del libro consiste soprattutto nell’evidenziare collettivamente la pertinenza e la persistenza di un tema, di una possibilità, di una stagione forzatamente interrotta ma mai tramontata e che sta risorgendo come hauntologico retrofuturo, come iperstizione accelerazionista, prospettando un orizzonte psicosociale e psicopolitico che contrasti il realismo capitalista per contrapporgli un comunismo acido – le nozioni introdotte dal mai sufficientemente compianto Mark Fisher ricorrono costantemente in gran parte dei testi in questione. In altre parole il Rinascimento psichedelico recupera, con le ritualità e i poteri delle sostanze enteogene, la prospettiva di un mondo che credeva ancora nella possibilità del cambiamento, nell’avvento di una rivoluzione interiore su cui basare il rinnovamento della società.
Qualche anno fa in un vecchio libro che avevo curato per Stampa Alternativa (L’immaginazione al podere: che cosa resta delle eresie psichedeliche, a cura di W. Catalano e A. Castronuovo, Stampa Alternativa, 2005), avevo definito, con eccessivo e ingiustificato sarcasmo, queste derive sciamanismo acquariano, equiparandole al mercato pseudospirituale del New Age e considerandole come (mi si perdoni l’autocitazione) “un carnevale […] sincero nelle sue esigenze umane metastoriche, falso e superficiale nelle sue ricadute sociali effettive”, “una subcultura dell’edonismo” che ha contribuito “a scalzare quel che resta della vecchia società borghese solo per accelerarne il passaggio verso il modello attuale del neocapitalismo post-borghese e post-occidentale” preparando “l’avvento della globalizzazione e del mercato unico mondiale”. Un’interpretazione “destrorsa” che oggi mi appare scandalosamente lontana e dalla quale prendo ogni possibile distanza. Mi avvicina oggi alla scommessa psichedelica il filo rosso che attraverso Mark Fisher si ricongiunge a certe riflessioni degli ultimi libri di Franco Bifo Berardi (Futurabilità, in particolare), una visione che nel riconnettersi a quella cultura dinamica, immaginifica e “sciamanica”, cerca piuttosto il rifiuto dell’immutabilità dei rapporti psichici, sociali e politici, indotta – o forse solo dichiarata – dal capitalismo post-fordista globalizzato e l’insorgere alternativo di un’apertura sistematica ad un differente possibile (come diceva l’ingenua, vecchia, epocale canzone: “It is the Dawning of the Age of Aquarius”… C’è stato un imperdonabile ritardo, un qui pro quo irremissibile, però, maledizione, perché no ?).
Michael Pollan e le fantadroghe
La scommessa psichedelica non è l’unico libro fra quelli usciti recentemente dedicati a questo argomento improvvisamente non più inattuale: tra le sue pagine – oltre Fisher – il nome più ricorrente è quello del giornalista e saggista Michael Pollan e del suo Come cambiare la tua mente, pubblicato da Adelphi nel 2018. Un testo fondamentale che sancisce il ritorno ufficiale delle sostanze psicotrope nella farmacopea occidentale dopo decenni di ostracismo, testimoniando della loro finalmente comprovata efficacia nel curare l’ansia e la depressione alleviando le pene dei malati terminali, delle vittime di disturbo da stress post-traumatico (PTSD), degli alcolisti e dei pazienti sofferenti di cefalea a grappolo. Pollan, da appassionato e appassionante narratore, non trascura nemmeno, come vuole la tradizione letteraria in materia, di fornirci il proprio diario di viaggio in tre trip rispettivamente a base di LSD, psilocibina e 5-MeO-DMT, sintesi del veleno di un rospo messicano. Un possibile limite del libro semmai, lo mette molto bene in evidenza Carlo Mazza Galanti nel suo contributo a La scommessa psichedelica dal titolo Fantadroghe e pseudorealtà: “Pollan depura la storia degli psichedelici di ogni traccia controculturale per collocarla all’interno della socialmente e politicamente accettabile funzione di supporti medico-terapeutici utili ad un’ortopedia della psiche…”.
Un rimedio sul piano individuale, quindi, a malattie sociali e sistemiche che – all’opposto del comunismo acido evocato da Mark Fisher – cura i sintomi e non le cause, eludendone invece le radici economiche, culturali e politiche: mali strutturali delle società tardo-capitalistiche frutto di violenza sociale esplicita o camuffata sotto imbonimenti “democratici”. In altre parole il paradigma terapeutico di Pollan usa gli psicotropi per lenire le ferite e i disagi personali del singolo e ricondurlo a venire a patti col mondo – con questo mondo – mentre la visione controculturale acida degli anni ’60 il mondo voleva cambiarlo – almeno nelle intenzioni – a livello sistemico, correggendo quelle patologie psichiche e sociali che stanno all’origine del male di vivere (giustamente Galanti ricorda l’anarchismo antipsichiatrico di Ken Kesey e del suo romanzo Qualcuno volò sul nido del cuculo, o la gnosi psichedelica del Philip K. Dick de Le tre stimmate di Palmer Eldritch e la funzione smascherante e rivelatoria degli psicodislettici, antitetica – possiamo aggiungere – a quella sedativa e narcotica degli oppiacei assai più adatta a contenere e reprimere ogni istanza libertaria).
Un altro testo recente che ripercorre capillarmente storia e sperimentazioni sulle sostanze enteogene è LSD. Da Albert Hofmann a Steve Jobs, da Timothy Leary a Robin Carhart-Harris: Storia di una sostanza stupefacente, ad opera di un’altra autrice che figura nei credits de La scommessa psichedelica, Agnese Codignola, pubblicato da UTET nel 2018. Un’agile disamina sugli studiosi e gli psiconauti che hanno aperto questa impervia via percorrendola fino alle profondità della mente. Si parte ovviamente da papà Albert Hofmann, chimico in forza alla Sandoz di Basilea, che nel 1943 recupera la provetta- n. 25 – di un composto da lui sintetizzato nel 1938, la dietilamide dell’acido lisergico, scoprendo per caso le virtù dell’LSD-25, il suo bambino difficile. E poi Humphry Osmond che inizia agli allucinogeni lo scrittore Aldous Huxley facendogli ribaltare completamente l’originaria visione negativa della droga come strumento di controllo e obnubilamento della coscienza – il soma descritto nella sua distopia fantapolitica Brave New World – in quella positiva dei suoi saggi Le porte della percezione e Paradiso e Inferno (Mondadori 2016): la droga, nel suo caso la mescalina, come liberazione – “To make this trivial world sublime, take half a gram of phanerothyme, To fathom Hell or soar angelic, just take a pinch of psychedelic” – l’ineffabile medicina moksha de L’Isola (Mondadori 2017). E poi, testimonial d’eccezione, l’attore Cary Grant in terapia con l’LSD fin dagli anni ’50, o Gordon Wasson, il banchiere sciamano in cerca di funghi magici o il guru acido Timothy Leary e la sua rivoluzione del Turn On, Tune In, Drop Out che Codignola traduce accenditi, sintonizzati, abbandonati (io avevo tradotto in passato – e lo preferisco: arrapati, sintonizzati, esci dal gregge).
Per arrivare più tardi alla psicologia transpersonale di Stanislav Grof, o alla terapia psicolitica di Hanscarl Leuner, a quella a base di iboga di Jan Bastiaans, alla vasca di deprivazione sensoriale (…e alla telepatia coi delfini) di John C. Lilly (iconizzato nel film Stati d’allucinazione di Ken Russell) o alle numerose iniziative della regina della coscienza, Amanda Fielding, contessa imparentata con la famiglia reale britannica, due volte candidata al parlamento inglese e alfiera della trapanazione cranica e della rivoluzione psichedelica. Una galleria di personaggi affascinanti – un po’ scienziati, un po’ visionari e profeti – che a conclusione di una tortuosa traiettoria approda alle due figure contemporanee ancora pienamente attive, i pupilli di Amanda Fielding: David Nutt, psichiatra, ricercatore e militante antiproibizionistico, già sperimentatore con l’MDMA e la ketamina, e il suo allievo Robin Carhart-Harris, giovane artefice contemporaneo del Rinascimento psichedelico che ha segnato il risveglio e la riscossa finale dell’LSD con il suo esperimento del 2016 in cui la visualizzazione in imaging dell’afflusso di sangue che irrora e attiva tutte le aree della corteccia cerebrale dimostra scientificamente l’effettivo aumento dell’attività visiva e mentale sotto acido lisergico (i cervelli dei pazienti a cui è stato somministrato un placebo, restano invece visibilmente molto più spenti…). Un esperimento che ha convinto gran parte degli studiosi delle neuroscienze a riconsiderare le pregiudiziali aprioristiche nei confronti di quel tipo di sostanze psicoattive. Il libro della Codignola è un’ottima introduzione all’argomento e ne offre una panoramica, rapida ma sufficientemente approfondita, dalle origini agli sviluppi più recenti.
Le due vie della psichedelia
Volendo sintetizzare, alla luce di questi ultimi testi di riferimento, un’interpretazione generale della psichedelia, possiamo individuare sostanzialmente due linee contrapposte. Per prima la linea Hofmann/Jünger, che potremmo definire aristocratica-esoterica, o semplificando al massimo “di destra”, e che vorrebbe la diffusione degli psicotropi limitata solo ad un’élite ristretta e sottoposta di preferenza ad un più o meno rigido controllo medico e psichiatrico. Sulla questione, è utile la lettura del carteggio Jünger-Hofmann (LSD. Carteggio 1947-1997, Giometti&Antonello, 2017) che va aggiungersi al libro più noto di Albert Hofmann, LSD, il mio bambino difficile: Riflessioni su droghe sacre, misticismo e scienza, (Urrà, 1995, ristampato da Feltrinelli 2015).
Come ben esemplifica Ernst Jünger nel suo classico Avvicinamenti. Droghe ed ebbrezza (Guanda 2006, riedizione ampliata da Multhipla Edizioni, 1982): «L’ebbrezza nel senso dell’avvicinamento dovrebbe essere limitata a luoghi e a tempi, a zone riservate, al di fuori del mondo della tecnica». E, più avanti: «Non si può considerare la mescalina come una sostanza priva di pericolo, come fa Huxley. È vero che i danni che si possono sospettare sono poco rilevanti se messi a confronto con quelli provocati dall’alcool, dal tabacco, dalle pillole. Ma bisogna pensare che essa rinforza la posizione iniziale e che questa può essere debole o sbagliata. Così un bambino, come l’apprendista stregone, potrebbe acquisire una forza che egli è incapace di dominare […]. Anche l’insignificante potrebbe essere potenziato, come nel caso della dattilografa che vedeva montagne di panna montata».
Si prospetta quindi una relazione sacrale, magica fra il qui e ora e l’altrove, fra l’attuale e – termine così caro a Jünger – das Eintretende, “ciò che sopraggiunge”, che l’ebbrezza induce in gradi diversi a seconda della sostanza e della dose ma inequivocabilmente. Come spiega lo psiconauta tedesco: «L’evocazione era compresa nel medioevo nel numero dei crimini capitali. Le apparizioni erano più degne di fede di quanto non lo siano oggi. Per Faust […] la preoccupazione è solo che l’evocazione riesca. Scrupoli religiosi o morali non lo tormentano più. In modo del tutto analogo, nel nostro tempo l’uomo spirituale e amico delle muse si chiede che cosa possa offrire la droga. In fondo, per lui non può trattarsi dell’incremento motorio delle sue forze, né della felicità o dell’assenza di dolore. Non si tratta nemmeno di un modo per acuire ed affinare le capacità percettive, quanto piuttosto, come nel gabinetto di Faust, di ‘qualcosa che sopraggiunge’ […]. Un tempo non si avevano dubbi sul fatto che nell’evocazione, ottenuta grazie all’ascesi o grazie ad altri mezzi, sopraggiungesse qualcosa di estraneo […]. Decidere se ciò che sopraggiunge venga dall’esterno o dall’interno, se abbia quindi origine nell’universo o nel profondo di se stessi, è però una questione soltanto formale».
Sulla questione, pur nell’immensa distanza ideologica da Jünger, sembra concordare anche un altro pioniere della psiconautica, il francese Henri Michaux in uno dei suoi numerosi e affascinanti trattati sul tema: «Ho visto le migliaia di dei. Ho ricevuto il dono stupefacente. A me senza fede (senza sapere la fede che potevo forse avere), essi sono apparsi. Erano lì, presenti, più presenti di qualsiasi cosa od essere abbia io mai guardato. Era impossibile, lo sapevo bene, eppure. Eppure essi erano lì, schierati a centinaia, gli uni appresso agli altri (ma migliaia d’altri appena percettibili seguivano, ben più che migliaia, un’infinità). Erano lì. quelle persone calme, nobili, tenute sospese nell’aria da una levitazione che pareva naturale, leggerissimamente mobili o piuttosto animati, ma sul posto. Loro, le persone divine, e io, soli, al cospetto. Immerso in una specie di riconoscenza, appartenevo loro. Ma insomma, qualcuno potrà dirmi, che credevo? Rispondo: Che bisogno avevo di credere, visto che erano lì?» (Henri Michaux, Miserabile miracolo/L’infinito turbolento, Feltrinelli, Milano, 1967).
Dunque sintetizzando: diffusione limitata, uso sacrale, controllo precauzionale.
Sull’altro fronte invece, la linea democratica e, sempre semplificando, “di sinistra”. E’ quella che a partire dalla politica dell’estasi di Timothy Leary, ex docente di Harvard, negli anni ’60 ne ha promosso la pratica collettiva attraverso il movimento hippie. Attraverso questa linea culturale, che ha teorizzato l’uso del LSD in chiave di liberazione e di empowerment, è passata in pratica una generazione che ha conosciuto, anche a proprio rischio, la diffusione libera e incontrollata dei trip e dell’acido. Rispetto a questa linea, Aldous Huxley restava un po’ a metà strada tra le due posizioni: più possibilista di Jünger ma meno incauto ed entusiasta di Leary osservava ad esempio già alla metà degli anni ’50: “I problemi sollevati dall’alcol e dal tabacco non possono essere risolti, va da sé, con la proibizione. Il desiderio universale e sempre presente di autotrascendenza non può essere abolito sbarrando le comuni Brecce nel Muro. L’unica politica ragionevole è di aprire altre e migliori brecce nella speranza di indurre gli uomini e le donne a cambiare le vecchie e cattive abitudini per altre nuove e meno dannose”. (Le porte della percezione, Mondadori, 2002).
Ben sintetizza Pollan a questo riguardo, parlando di Huxley, Humphry Osmond e Al Hubbard (il mitico Captain Trips): “I tre erano inclini a un tipo di spiritualismo orientato all’offerta: prima devi risvegliale l’élite, e poi lasci che la nuova coscienza filtri verso il basso raggiungendo le masse, che potrebbero non essere pronte ad assorbire un’esperienza così dirompente tutta in una volta. Il loro modello non dichiarato erano i misteri di Eleusi, dove le élites greche si radunavano in segreto per ingerire il sacro kykeòn e condividere una notte di rivelazione. Leary e Ginsberg, però, entrambi saldamente radicati nello spirito americano, erano determinati a democraticizzare l’esperienza visionaria, a rendere la trascendenza disponibile a tutti – subito”. (Come cambiare la tua mente, pag. 206)
E’ un dato di fatto l’eterogenesi dei fini in Timothy Leary: il suo sostegno indiscriminato e in ultima analisi dissennato agli allucinogeni negli anni ’60, non ha condotto all’auspicata rivoluzione psichedelica – Turn On, Tune In, Drop Out ! – ma piuttosto alla demonizzazione e alla repressione degli psicotropi, alla loro illegalità e alla rimozione anche dalle pratiche terapeutiche. Il “congresso” di Vienna per gli psicotropi scatta nel 1971, quando la Commissione narcotici dell’ONU approva a livello globale la regolamentazione proibizionistica e dichiara fuorilegge 62 sostanze, molte delle quali fino a quel momento regolarmente prodotte dalle aziende farmaceutiche, tra cui Lsd, psilocibina, anfetamine, cannabis, ecstasy, benzodiazepine, ecc. Da allora, per decenni, praticamente fino ad oggi, sugli psichedelici cala il sipario e ogni ricerca in proposito viene impedita e ostacolata.
Un nuovo inizio?
La rinnovata attenzione per la “scommessa psichedelica”, documentata anche in questo percorso bibliografico, potrebbe ora preludere ad un punto di svolta o a una nuova direzione. Ad esempio all’espansione di studi sperimentali recenti, pionieristici ma ormai relativamente consolidati. O, ancora, ad un sicuro utilizzo farmaceutico in molteplici ambiti e ad una nuova produzione legale – a costi di nuovo accessibili – di queste sostanze. Ad un riemergere della linea culturalmente ispirata al principio di precauzione, quella di Hofmann/Jünger, per intenderci, e – chissà – col tempo, all’affermazione di una progressiva e auspicabile legalizzazione dell’uso – almeno in ambiti controllati – e alla depenalizzazione dell’acquisto e del possesso che sottrarrebbe finalmente gli psicoattivi ai gioghi del mercato nero criminale. A prudenziale distanza dal passato, dal profetismo acquariano di un Lilly o di un Grof o dalla faciloneria d’antan che, solo a titolo di esempio, si riflette in questo sintomatico frammento di Timothy Leary: «La tua testa è lo spettacolo televisivo cosmico, baby. L’alcool intensifica la luminosità, la metedrina riverbera ed accelera l’immagine, l’LSD sintonizza ottantasette canali simultaneamente, l’hascish aggiunge il colore, la meditazione, i mantra, la preghiera, i mudra aggiustano il fuoco. È la tua testa, baby, è vecchia due miliardi di anni ed è dotata di tutti gli interruttori di controllo che la General Electric e l’IBM abbiano inventato ed un milione di altri ed è in connessione diretta con la Stazione Centrale delle Trasmissioni […] così arràpati, sintonizzati, esci dal gregge ORA ! Turn on, Tune in, Drop Out NOW!» (The Politics of Ecstasy, Paladin, London, 1970).
Senza tuttavia accantonare l’uso politico e libertario di una pratica che, per dirla sempre con Fisher, porta alla presa di coscienza di un acid communism. Lasciato alle spalle, quindi, il Rinascimento psichedelico sarà forse necessario inventarsi un nuovo, eretico, Illuminismo psichedelico ? Per dirla con Albert Hofmann: «L’universo è infinito, ma è l’uomo con il suo sguardo che lo restringe o lo allarga. La differenza tra gli uomini è qui: ci sono approcci – idee, comportamenti – che restringono il campo visuale, altri che lo allargano».
Per concludere però un’ultima e più generale considerazione. Sebbene parli di altro – e cioè di assuefazione narcotica e non di visionarietà allucinogena – Jean Cocteau nel suo epico diario di disintossicazione dall’oppio del 1930, coglie un aspetto sostanziale della psiconautica. Chiunque cerchi un altrove è sano, il vero malato è colui che accetta supinamente una società guasta e vi si integra senza traumi: “Non sono un disintossicato fiero del suo sforzo. Ho vergogna di essere escluso da quel mondo in cui la salute rassomiglia all’ignobile film del ministro che inaugura la statua” (Jean Cocteau – Oppio).
Bibliografia
Ernst Jünger, Avvicinamenti. Droghe ed Ebbrezza, Multhipla, 1982, Guanda 2006.
Ernst Jünger, Heliopolis, Rusconi, Milano, 1972, Guanda 2006.
Jünger-Hofmann, LSD. Carteggio 1947-1997, Giometti&Antonello 2017.
Albert Hofmann, LSD: I miei incontri con Huxley, Leary, Jünger, Vogt, Stampa Alternativa, Roma, 1992.
Albert Hofmann, Percezioni di realtà, Stampa Alternativa, Roma, 1993.
Albert Hofmann, Viaggi acidi, Stampa Alternativa, Roma, 1992.
Albert Hofmann, I misteri di Eleusi, Stampa Alternativa, Roma, 1993.
Albert Hofmann, LSD, il mio bambino difficile: Riflessioni su droghe sacre, misticismo e scienza, Urrà, 1995, Feltrinelli 2015
Aldous Huxley, Le porte della percezione/Paradiso e Inferno, La Grande Bevuta, 1978, Mondadori 2016.
Aldous Huxley, L’Isola, Mondadori, Milano, 1963, 2017.
Aldous Huxley, Moksha. Scritti sulla psichedelia e sull’esperienza della visione, Mondadori 2018.
Louis Lewin, Phantastika, Savelli, Milano, 1981.
Timothy Leary, The Politics of Ecstasy, Paladin, London, 1970.
Henri Michaux, Miserabile miracolo – L’infinito turbolento, Feltrinelli, Milano, 1967.
Henri Michaux, Allucinogeni e conoscenza, Rizzoli, Milano, 1968. Nuova edizione come Conoscenza degli abissi, Quodlibet, 2006.
Antonin Artaud, Al paese dei Tarahumara e altri scritti, Adelphi, Milano, 1966.
John C. Lilly, Il centro del ciclone: Un’autobiografia del mondo interiore, Edizioni Crisalide 1997.
Stanislav Grof, Quando accade l’impossibile: avventure in realtà non ordinarie, Urrà 2006.
Stanislav Grof, L’ultimo viaggio: terapia psichedelica, sciamanismo, morte e rinascita, Urrà 2007.
Jean Cocteau, Oppio, Edizioni del Formichiere, Milano, 1976, SE 2016
Walter Benjamin, Sull’hascish, Einaudi, Torino, 1975.
Ugo Leonzio, Il volo magico: Storia generale delle droghe, Sugarco, Milano,1969, Il Saggiatore 2020.
Terence McKenna, Il nutrimento degli dei: Piante psicoattive ed evoluzione umana, Urrà 2001.
Elémire Zolla, Il dio dell’ebbrezza. Antologia dei moderni dionisiaci, Einaudi 1998.
David Black, Acid: Storia segreta dell’Lsd, Castelvecchi 2005.
Robert Anton Wilson, Sex,Drugs & Magick, per una psichedelia del piacere, Castelvecchi 2005.
Agnese Codignola, LSD. Da Albert Hofmann a Steve Jobs, da Timothy Leary a Robin Carhart-Harris: Storia di una sostanza stupefacente, UTET 2018.
La scommessa psichedelica, a cura di Federico di Vita, Quodlibet 2020.
Michael Pollan, Come cambiare la tua mente, Adelphi 2019.
L’immaginazione al podere: che cosa resta delle eresie psichedeliche, a cura di W. Catalano e A. Castronuovo, Stampa Alternativa, 2005.