François Rabelais, Gargantua e Pantagruele, tr. Augusto Frassinetti, Gorilla Sapiens, 5 voll., euro 25,00 a volume, stampa
Ė possibile recensire un colosso come Gargantua e Pantagruele, un libro che, alla fin fine, ha dei giganti per protagonisti ma che è anche un mostro della letteratura mondiale? Non so; certo è una sfida che rende il recensore timoroso, dopo le pagine che Giovanni Macchia, Michail Bachtin o Erich Auerbach hanno dedicato a questo mastodonte che intimidisce con i cinque volumi di questa riedizione osata dall’editore Gorilla Sapiens. Di sicuro a François Rabelais sarebbe piaciuto molto un editore con un nome del genere, anche senza saper nulla di Charles Darwin e degli studi di antropologia primitiva; anzi, se avesse saputo, avrebbe riportato nel libro un frenetico elenco di quei tentativi evolutivi che ci hanno spinto ad abbandonare Madre Africa fino a impestare il nostro mondo, e avrebbe sciorinato: homo habilis, homo erectus, homo heidelbergensis, homo rhodesiensis, homo neanderthalensis, homo sapiens…
Era raffinato scienziato e prete, il nostro Rabelais, medico ed eccezionale erudito, in qualche modo anticlericale e certo gaudente, con simpatia verso i poveri, visto che la sua opera è una grande utopia popolare, una sorta di grande cuccagna che si erge a celebrare l’abbondanza in epoche di fame assoluta. La sua opera è sorprendente per l’epoca in cui ha vissuto, costantemente amata e contrastata, tanto che i teologi della Sorbona ingaggiano una guerra a distanza su Gargantua e Pantagruele, censurandolo a più riprese. L’opera infatti è firmata da Alcofribas Nasier, simpatico anagramma di François Rabelais. Ma la forza dei cinque libri è tutta dentro un vitalismo materiale che vede al suo centro una miracolosa abbondanza di tutto quanto ci perviene dai cinque sensi, di cibo, di vino e di sesso. La stessa inutilità della vita religiosa segna l’opera in molti punti, come una costante critica alla purezza e alla passata idealità della cultura ufficiale. Rabelais, attraverso la storia fantastica dei giganti, sventola il vessillo di un’indistinta rivolta popolare che nei secoli a venire sarà soprattutto sanculotta, una rivolta della vita materiale che si burla dell’astratta idealità.
È Auerbach a individuare una netta posizione anticristiana, «per lui è buono l’uomo che segue la sua natura, e buona è la vita naturale, sia quella degli uomini che quella delle cose», e prosegue scrivendo che per Rabelais non esiste peccato originale né giudizio finale. A rileggere oggi quest’opera monumentale, queste osservazioni suonano ancora più forti e profonde, soprattutto in un’epoca di materialità effimera come l’odierna, che si esprime solo attraverso il possesso e non attraverso l’essere e il vivere; per Rabelais, invece, è nella materialità che si esprime l’uomo e nel suo strettissimo rapporto con la natura, dove la stessa cultura è un cibo e un vino della mente, ma non attraverso l’astrazione del materiale, bensì esaltando la materializzazione dell’astratto.
Le precedenti edizioni di Gargantua e Pantagruele, in particolare in questa traduzione di Augusto Frassinetti («un satirico senza illusioni», secondo la definizione di Italo Calvino), perfetta nella sua ricerca delle difficili assonanze originali e nella perversità di neologismi e storpiature, erano state affiancate alle illustrazioni di Gustave Doré, capolavori della storia dell’arte. In questa edizione Gorilla Sapiens, il difficilissimo incarico è stato affidato a cinque artisti diversi, uno per libro. A Manfredi Ciminale, disegnatore che si è scelto come maestri Moebius e Filippo Scozzari, è stato affidato La molto spaventevole vita del grande Pantagruel, e offre una serie di tavole vivaci e colorate che stanno tra il fumetto (con un richiamo ai colori de L’Incal di Moebius) e la fiaba (sottolineando l’aspetto fantastico dell’opera). Il secondo libro, Pantagruele. Re dei Dipsodi, vede la collaborazione di Irene Rinaldi, che ha scelto per le tavole che le sono state affidate un taglio cartellonistico, quasi da locandina teatrale. Dei fatti e detti eroici del nobile Pantagruele, il terzo libro, è illustrato da Francesco Poroli, che ha selezionato la gamma dei colori e offre un disegno molto geometrico. Il quarto libro vede una serie di tavole affidate a Martoz con richiami di arte contemporanea e ammiccamenti alla dinamica del fumetto, mentre il quinto libro, la cui attribuzione a Rabelais non è universalmente riconosciuta, è opera di Elisa Macellari, che ha appena pubblicato il libro a fumetti Papaya Salad, commenta graficamente Rabelais con una serie di tavole immaginifiche.
E per finire, come ha scritto François Rabelais:
Meglio di riso che di pianto scrivere,
Poiché è dell’uomo e di lui solo il ridere
VIVETE LIETI