Nell’ambito del progetto di ripubblicazione delle opere di Carlo Emilio Gadda intrapreso dall’editore Adelphi, è di recente apparso Divagazioni e garbuglio, a cura di Paola Italia, Giorgio Pinotti e Claudio Vela. Il volume raccoglie una ricca silloge di scritti redatti dall’artista milanese nell’arco temporale che va dal 1927 al 1968: elzeviri, reportage, recensioni apparsi su quotidiani e riviste, testi di rubriche radiofoniche, introduzioni a libri, resoconti di mostre ed eventi culturali, discorsi pronunciati in occasione di premi letterari, frammenti lirici, persino manoscritti autografi mai pubblicati. Il materiale è stato diviso in cinque categorie tematiche individuate per soggetti omogenei (letteratura, lingua e dialetti, arte, spettacolo, tecnica e società), più una sesta da cui prende il nome la raccolta, sintagma che ai curatori “è parso esemplare del procedere, per dilatazioni e aggregazioni, della scrittura gaddiana”. Ciascuno scritto è corredato di una scheda che ne ricostruisce le vicende editoriali situandolo nel percorso biografico dell’autore.
Sono articoli “estremamente curati nella scrittura, e tutti molto lontani dal normale”, come spiega lo stesso autore in una lettera a Livio Garzanti, quando pensava di pubblicare un’antologia, dai quali lampeggia una grande erudizione, l’audace molteplicità di interessi e competenze che non elude le scienze e le tecniche, peculiarità “che in Italia rischiava di apparire eccentrica”, come scrive Liliana Orlando nella sua puntuale nota al testo, e di cui Gadda era dolorosamente consapevole.
Al di là del godimento estetico che la scrittura palpitante e immaginifica di Gadda procura anche nella forma saggistica, motivo di alto interesse di questo libro è lo spaccato sociale e culturale che esso offre di oltre un quarantennio. Vi echeggiano le querelle letterarie, gli accesi dibattiti sulla lingua, le contrapposizioni ideologiche, gli eventi artistici che hanno segnato un’epoca. A ciò si aggiunga un altro elemento di non minore attrattiva: la luce che questi saggi gettano sul Gadda romanziere, sulla sua biografia. Vi affiorano i ritratti fulminei, le figure ricorrenti nelle più felici immagini liriche della sua opera, e molti dei temi, delle passioni, delle idiosincrasie in essa riscontrabili. Esempio ne sia, considerata la lunga fedeltà a Manzoni che accompagna l’intera vita del nostro, la splendida “Apologia manzoniana” con cui si apre il volume, che vide la luce nel 1927 sulle pagine di Solaria: “Una specie di interpretazione del romanzo manzoniano, fatto più di intuizioni che di pedanteria”, come scrisse lo stesso autore nella lettera di accompagnamento al pezzo inviata ad Alberto Carocci. Saggio che verrà poi ripreso in un altro celeberrimo suo intervento in difesa dell’autore dei Promessi sposi, apparso sul quotidiano Il giorno nel 1960, contro gli attacchi al vetriolo di Moravia, anch’esso qui riprodotto.
Nelle parole su riportate sono racchiuse le peculiarità della critica gaddiana, caratterizzata da acutissime intuizioni, piglio filologico e profondità analitica, intessuta di geniali creazioni linguistiche, di accensioni liriche, di pennellate impressionistiche, di una costante vena ironica e di un’arguta vis polemica: sono dunque scritti davvero mai pedanti che, malgrado la ricercata e talvolta ostica prosodia (l’ostentato barocchismo di cui taluni l’accusavano), si seguono con inesausto incanto. Soprattutto, promana dai testi una spiccata tensione morale, un afflato civile, un amore assoluto per la verità (“La verità, sia essa uggiosa, grigia, borghese, o grottesca, od inutile, è pur sempre la preziosa e cara e bellissima verità”). È evidente il coinvolgimento emotivo, lontano anni luce dalla fredda analisi d’un testo, d’un tema o d’un autore, un calore a tratti incandescente che arroventa la lingua e la materia trattata: per Gadda l’arte, il linguaggio, la storia (delle idee e degli eventi), le scienze, la tecnica sono organi d’un essere vivente, come tali avvertiti e vissuti. Sarcastica e pungente la sua penna si volge contro l’ipocrisia, il formalismo, la menzogna, contro gli imbalsamatori delle lettere, i falsi moralisti e le “persone serie, depositarie e custodi per autoelezione dei principi del vivere”, i parrucconi che anestetizzano le biografie dei grandi uomini con la loro “arbitraria, decorosa, decoramentale astrazione”; oppure si erge come una spada in difesa di coloro che sanno rappresentare con onestà e perizia artistica le “nozioni veritiere circa la condizione umana”, “la drammatica realtà del mondo”, la “totalità ricca d’una vita”. Una penna comunque mai distaccata o asettica, ma sanguigna, sempre diretta ed assertiva, che vira dai toni dissacratori e financo caricaturali ai registri aulici ed ironici.
In un libro dove ogni scritto andrebbe ragionato e gustato con voluttà, è davvero arduo citarne uno a discapito degli altri. Segnaliamo ad ogni modo gli articoli sulla poesia “dell’ammiratissimo” Montale, che quanto a lirismo riveleggiano con il poeta genovese, su Il mulino del Po di Riccardo Bacchelli (dal quale prorompe la grande considerazione che Gadda aveva del romanzo storico, l’enorme rispetto per la verità poetica, dei fatti e del cuore), su una raccolta di articoli di Joseph Addison (dove traspare il credo illuministico nell’attività civilizzatrice delle idee), la riflessione critica sulla Scapigliatura milanese, sul simbolismo, alcune notazioni invero acute su Balzac e sull’Amleto, la recensione radiofonica sulla poesia di Carlo Porta, quella molto partecipata del romanzo Il male oscuro di Giuseppe Berto, la lucidissima critica delle rappresentazioni teatrali Madre coraggio di Bertolt Brecht e Le tre sorelle di Anton Cechov (con la regia di Luchino Visconti), i contributi particolarmente sentiti sul tema della lingua e sull’importanza del dialetto, gli scritti sulla pittura (Carlo Crivelli, Giorgio De Chirico, Filippo De Pisis, Nino Tirinnanzi).
Siamo insomma davanti ad un volume prezioso, da delibare pagina per pagina, magari anche saltabeccando di tema in tema, da un articolo all’altro, seguendo i propri interessi, lasciandosi trasportare dalla malia della prosa e dall’intelligenza appassionata di uno scrittore – di un uomo – davvero notevole.