Lorenzo Ghetti, Dove non sei tu, Coconino Press, pp. 176, € 18,50 stampa
recensisce ALESSANDRO FAMBRINI
La nuova fantascienza è anche postfantascienza: l’immaginario che la fantascienza ha inscenato nel corso dei decenni è divenuto realtà (letteraria, ma pur sempre realtà) e in questo modo ha spinto le sue concrezioni a far parte degli ingranaggi e degli ingredienti del mainstream, modificando nella nostra percezione il senso stesso del futuro.
Graphic novel come questo, opera di un giovane autore che esordisce in volume dopo un lungo apprendistato sulla rete e nei meandri delle autoproduzioni, segnano una contaminazione tra gli stilemi della fantascienza tradizionale e le forme che quella fantascienza ha assunto nella storia, in quella italiana in particolare. Icona ricorrente tra le tavole, vero e proprio Leit-Motiv che accompagna come un sottotesto le vicende del protagonista e ne rappresenta la personalità, è una copertina dal cerchio rosso in campo bianco che occhieggia tra le immagini realizzate in digitale e improntate a un realismo minimalista e il cui titolo appartiene a un repertorio tra i più romantici della fantascienza “eroica”: Destinazione stelle di Alfred Bester.
E il romanzo di Bester, che risale agli anni Cinquanta e viene evocato anche a suon di citazioni, resta fantascienza, in questo mondo di fantascienza (un futuro prossimo in cui i ragazzi possono frequentare la scuola “in assenza” grazie a una tuta che li rappresenta e che essi etero-dirigono da casa: un congegno utilissimo per non perdere le lezioni in caso di malattie, contrattempi e impedimenti vari), a segnarne la dimensione di classico e al tempo stesso agganciando l’idea che lo informa – la capacità dell’uomo comune a infrangere i propri limiti quando è vittima di oppressione ed è mosso da sete di giustizia – al processo di crescita di un adolescente, finemente tratteggiato al centro della sua rete di relazioni familiari, scolastiche, amicali.
È proprio questa immersione nel mondo giovanile a rivitalizzare tanto il modello besteriano quanto l’idea tecnologica alla base della Tute ScOut, di per sé vecchissima, tanto da risalire addirittura agli albori della fantascienza (la si trova nella sostanza già in un racconto di Kurd Lasswitz, La telescuola, 1902), e contribuisce a produrre un risultato fresco e godibile, capace di guardare con sensibilità e disincanto alle insicurezze e al potenziale enorme dell’adolescenza, con le sue difficoltà di relazione, le passioni e i timori sconfinati, gli spazi di silenzio, sospesa in un tempo assoluto e tuttavia capace di attingere agli ideali di ieri e alle visioni di domani.