“Durante la manifestazione si era sentito in qualche modo più vicino a se stesso. Per un momento. Là fuori sotto il sole. Era bastato a nutrire i suoi sogni. Un giorno sarebbe andato al college e avrebbe lasciato la casetta di Brevard Street e allora la sua vera vita sarebbe cominciata.”
Elwood Curtis è un ragazzino orfano di entrambi i genitori, cresciuto da una nonna forte e amorevole che gli insegna tutte le sfumature della vita e a distinguere tra il bene e il male. Ma, soprattutto, Elwood impara presto qual è l’importanza dei sogni e spera in una vita migliore, perché sa che è possibile. Basta volerlo e impegnarsi per questo.
Un altro insegnamento della nonna è quello di ascoltare le parole di un grande ispiratore, il reverendo Martin Luther King, ed Elwood si immerge nei discorsi di quest’uomo che ha cambiato una parte della storia degli Stati Uniti d’America.
Siamo, però, ancora lontani dall’arrivo di un presidente nero alla Casa Bianca e la lotta a favore dei diritti civili è ancora lunga e difficile. Soprattutto se sei un ragazzino nero nella Florida dei primi anni Sessanta.
Elwood è un bravo ragazzo e ha un sogno: studiare, entrare al college, farsi un’istruzione, trovare un buon lavoro, emanciparsi. Quando a dodici anni, in un albergo dove lavora come lavapiatti, a una sfida di “asciugatura” vince il primo volume di un’enciclopedia dimenticato da un cliente, per Elwood è un segno del destino, l’inizio di un percorso che lo porterà dritto al college, il suo vero premio finale.
Una cosa, però, sono i sogni; un’altra la realtà. E il destino, crudele e beffardo, gioca il più duro dei colpi a Elwood, proprio nel momento che dovrebbe essere il più felice. Il primo giorno di scuola, impaziente di arrivare presto, Elwood chiede un passaggio per strada. Si ferma un giovane di colore. Elwood sale in auto e questo gesto innocente sarà la sua rovina. La polizia ferma l’auto, che è rubata, e poco importa che Elwood non centri nulla col furto. Anziché il college, ad accogliere Elwood è la Nickel Academy, una scuola-riformatorio fondata col compito di mettere sulla buona strada ragazzi difficili, bianchi e neri, con alle spalle atti di piccola delinquenza, famiglie disagiate o assenti.
Dopo un primo momento di incredulità, Elwood si convince che lavorando sodo, tenendosi lontano dai guai e dai ragazzi più esagitati, sarà in grado di uscirne senza problemi. Presto, però, si rende conto di quello che la Nickel sia in realtà: un luogo infernale, dove avvengono pestaggi notturni, sparizioni inspiegate, tanto che, anni dopo, un vero e proprio cimitero nei terreni adiacenti l’istituto restituirà le ossa di tanti giovani che un giorno erano alla Nickel e il giorno dopo non c’erano più.
I ragazzi della Nickel è il settimo romanzo di Colson Whitehead, scrittore afroamericano di grande talento, considerato uno dei più significativi narratori americani di oggi, che sa dare voce ai fatti della storia per raccontare l’altra faccia dell’America, quella più oscura, intollerante e violenta.
Come già in precedenza, Whitehead si ispira a fatti realmente accaduti: la “vera” Nickel si chiamava Dozier School for Boys, si trovava a Marianna, in Florida, e fu chiusa nel 2011. Nei terreni attorno alla scuola, furono scoperti i resti di ragazzi morti a causa degli abusi subiti. Ed è con questa scoperta che l’autore inizia e conclude il racconto, un cerchio che si chiude dove inizia la drammatica storia che Whitehead racconta magistralmente, intrecciando realtà e invenzione, trasmettendo pienamente il senso di claustrofobia perenne – dal punto di vista sia psicologico che fisico – che i ragazzi “perduti” della Nickel devono subire ogni giorno e ogni notte.
Questo di Whitehead è un romanzo duro, con un linguaggio essenziale e diretto, privo di ogni ridondanza, mentre la voce dell’autore non si lascia andare a facili giudizi, perché i fatti devono arrivare al lettore in tutta la loro drammatica realtà.
Alla fine, molti dei ragazzi della Nickel se ne saranno andati, ma i loro sogni restano in chi prosegue la dura strada verso il sogno di un’America diversa e più giusta.
Un’America che, come dice lo stesso scrittore, ancora oggi deve ancora fare i conti con le proprie contraddizioni.