Naoko Abe è stata per anni una brillante giornalista politica per l’illustre “Mainichi Shimun” poi, dal 2001 – anno in cui si accasa a Londra –, freelance e saggista.Con “Cherry” Ingram. The Englishman Who Saved Japan’s Blossoms – edizione arricchita del volume pubblicato in lingua giapponese – si aggiudica il Nihon Essayst Club Award nel 2016. Un premio assai meritato per l’estrosa ed eclettica autrice di Passione sakura, meraviglioso ibrido (saggio/memoir che abbraccia storia e botanica, fiori e samurai) come lo sono alcuni ciliegi ornamentali. Sakura, appunto. Icona e simbolo controverso del Paese del Sol Levante da cui proviene Naoko, nonché originale occasione per “raccontare la storia dei sorprendenti legami che univano un uomo, un fiore e due nazioni”.
“I fiori che incontravo qui erano di vari colori – bianchi, rosa, rossastri,
alcuni persino con sfumature verdi – e gli alberi fiorivano in momenti
diversi della primavera, dalla metà di marzo fino alla metà di maggio.”
Inizio di primavera. Come tutti i giapponesi, Naoko, sin da bambina, è devota al consueto spettacolare rendez-vous dell’hanami, la contemplazione della fioritura dei ciliegi. Un rito, “consegnato” alla storia del Giappone nel 812 d.C dall’imperatore, durante il quale, nei primi giorni di aprile, i ciliegi ornamentali sfoggiano all’unisono i loro pallidi fiori sotto lo sguardo affettuoso e incantato di una folla festante. Ora pronta ad affrontare il nuovo anno, poiché questo scandisce l’hanami nella vita dell’intero popolo giapponese: l’inizio dell’anno scolastico, la ripresa di ogni attività lavorativa.
Tuttavia, “se il fiore di ciliegio è effimero come la vita”, scrive Naoko nell’Introduzione, come spiegare “l’eterogeneità del paesaggio dei ciliegi sulle Isole Britanniche”, le loro miracolose cromie quando la sua trama d’infanzia si fonde, invece, con la monotona rosea uniformità dei somei-yoshino, alberi cloni e fugaci, messi a dimora con tracotante invasività tra Diciottesimo e Diciannovesimo secolo.
La contemplazione è ossessione. Cosa (o, meglio, chi) ha creato quelle nuances seducenti? Dal 2010, nel viaggio avventuroso tra “archivi, giardini botanici, istituti di ricerca di orticoltura, templi”, da Londra a Tokyo, dai giardini del Kent a Kyoto, Naoko – decisa a dare corpo alla propria floreale ossessione – godrà di una guida inaspettata: l’englishman Collingwood “Cherry” Ingram.
“amava ibridare di tutto: ciliegi, rododendri, primule,
persino i meli selvatici (…)
disse che era un ibrido lui stesso: tra un uccello e un ciliegio.”
Darwiniano sin dall’infanzia, l’autodidatta Collingwood (1880-1981) mai avrebbe pensato di “tradire” un giorno l’ornitologia per la botanica. L’ornitologia era vizio (e vezzo) di una famiglia ricca e stravagante e resterà per Ingram un amore mai sconfessato, lo attestano i due libri che le dedicherà: In Search of Birds, 1966 e Random Thoughts of Bird Life,1978.
Nel 1919, trasferitosi con la moglie a Benenden, nel Kent, proprio a The Grange, “la tipica residenza dell’inglese di classe medio-alta”, il già acclamato ornitologo scopre due ciliegi ornamentali dai fiori rosa. Il richiamo del Giappone è irresistibile. Orticoltore dilettante, Ingram smania per possedere le più diverse varietà di ciliegi e, al pari di altri facoltosi (e misogini) giardinieri tenaci dell’Inghilterra edoardiana, diventarne un nume tutelare. Un vero sakuramori. Un difensore dei ciliegi o, più letteralmente, “coloro che collezionano e proteggono questi alberi”.
Grazie alla vastità del materiale raccolto dal celebre botanico e messo generosamente a disposizione dai suoi discendenti, Naoko scorre i diari dei tre soggiorni giapponesi: in particolare il terzo e ultimo, da marzo a luglio 1926. Un pellegrinaggio quasi mistico per incontrare, sulle rive del fiume Arakawa, il suo futuro mentore, il sakuramori Seisaku Funatsu, e i sopravvissuti “ciliegi dai cinque colori dell’Arakawa”. Amati dai giapponesi per la loro sobrietà, questi alberi di montagna hanno nomi poetici: Taihaku, o Grande bianco – un ciliegio estintosi nel corso dei secoli e tornato in Giappone grazie a Ingram –, il millenario Usuzumi-zakura “ciliegio del colore dell’inchiostro cinese”.
Se, come recita il detto, la fortuna aiuta gli audaci, dopo anni di rocamboleschi tentativi, Ingram vince la sfida di salvare e introdurre in Inghilterra oltre cinquanta tipi di ciliegi ornamentale e sarà il primo al mondo a ibridarli artificialmente. Ornamental Cherries, 1948, ne consacra la fama, Bibbia indiscussa per ogni amante dei sakura: il bizzarro englishman contribuirà a “restituire” al Giappone i ciliegi che, secoli addietro, piantarono i samurai.
Ma i tempi erano cambiati.
“Cadere era tutto” proseguì papà. “Cadere per l’imperatore
(…) come samurai e poi morire come fiori di ciliegio.”
Purezza e trasparenza. Caduta e rinascita. L’antica simbologia di un fiore si fa strumento di propaganda in ogni occasione pubblica, metafora di un conformismo falsamente democratico. Nella prima metà del XX secolo, in un Giappone trasfigurato dall’incalzante processo di modernizzazione e militarizzazione, frutto del Rinnovamento Meiji e della dilagante ideologia sakura – “morire per l’imperatore come il fiore di un ciliegio” – i somei-yoshino sono Dōki no Sakura (fiori di ciliegio fratelli), dal titolo di una canzone intonata dai soldati nipponici durante la Seconda guerra mondiale. Fratelli nella vita e nella morte. La candida bellezza di un fiore è luttuoso presagio del destino di un popolo asservito al culto della Casa Imperiale. Sole e acciaio. La Guerra del Pacifico farà il resto.
Dal 20 ottobre 1944, nascita della “tattica kamikaze”, la silhouette del fiore di ciliegio svetta sulla fusoliera dei piccoli aerei bianchi, pilotati da giovanissimi aviatori consapevoli del loro inutile martirio. Fiori di distruzione di massa. Petali cadenti, titola uno dei capitoli più intensi di Passione sakura.
Japan’s Blossoms e memorie della guerra legano, così, indirettamente due nazioni e due famiglie, quella dell’autrice e quella di Ingram: il vecchio padre testimone affranto, una giovane sposa inglese sopravvissuta alle atrocità di un campo di prigionia nipponico.
A Londra e a Tokyo i ciliegi della riconciliazione fioriscono ancora.
My love wears forbidden colours
My life believes
My love wears forbidden colours
My life believes in you once again
David Sylvian, Ryūichi Sakamoto, Forbidden Colours