Dopo una laurea in Medicina a Pechino, a ventitré anni Yiyun Li si trasferisce negli Stati Uniti per specializzarsi in immunologia. Diventa invece scrittrice, assimilandosi nel paese che l’ha accolta a tal punto da sentire la necessità di scrivere in inglese. Una decisione forte, un taglio netto tra lei e la sua madrelingua, che però le ha permesso di acquisire un’espressività linguistica concisa, pulita, essenziale. E, forse, anche quel distacco necessario per osservare il suo paese d’origine con un taglio obiettivo e curiosità.
Ed è proprio la Cina a essere la protagonista di questa raccolta di racconti di Yiyun Li che la conferma tra gli autori più interessanti del momento, tanto che il New Yorker la annovera tra i venti migliori scrittori contemporanei degli Stati Uniti.
Si avverte una forte tensione nel raccontare questa Cina dei nostri giorni, compresa nel suo sforzo teso a raggiungere la modernità, tentativo che si scontra con l’attaccamento alle tradizioni, sia quelle millenarie che hanno scandito la vita dei cinesi per secoli, sia quelle più recenti, imposte dalla rivoluzione culturale del secolo scorso. Tradizioni che resistono, dure, spietate, ma spesso accettate come un elemento inevitabile della vita anche da coloro che cercano di liberarsene.
Problematiche sociali come la pena di morte e la pratica di vendere i figli, ancora diffusa nelle zone più povere del paese, si associano a un profondo disagio personale e i protagonisti dei nove racconti portano avanti le loro vite essenziali, cercando di affrontare al meglio delle loro possibilità i problemi della vita quotidiana.
Una velata malinconia pervade le storie di questi uomini e donne, giovani e vecchi che, come tutti noi, si sentono soli al mondo, provano passioni e desideri a volte impossibili da realizzare, rimpiangono quello che il tempo passato ha portato via senza lasciare nulla in cambio.
Nonostante questo, i personaggi di Yiyun Li non si abbandonano alla disperazione, trovando sempre la forza di andare avanti, come il quarantenne del primo racconto, quello che dà il titolo alla raccolta. Appena tornato in Cina dopo anni trascorsi in America, accetta il fidanzamento che la madre, una professoressa di zoologia in pensione, gli impone con una sua ex studentessa, pur di non confessare la propria omosessualità. Oppure la storia di una ragazza che subisce l’umiliazione di essere malamente giudicata per aver acquistato dei preservativi senza essere sposata, perché vuole unirsi al ragazzo che ama, impazzito dopo le torture subite in carcere. O ancora il dramma di due genitori, emigrati negli Stati Uniti, che tornano in Cina dopo la morte della figlia adolescente per cercare una madre surrogata e avere un figlio che possa dare loro una nuova ragione di vita; o ancora,in un altro racconto, un gruppo di vecchie signore apre un’agenzia investigativa per salvare i matrimoni dal pericolo dell’adulterio.
Attraverso queste storie delicate, scopriamo una Cina nuova, in precario equilibrio tra regime totalitario e occidentalizzazione, e possiamo tentare di avvicinarci a un paese che, ai nostri occhi, appare ancora molto distante.
I racconti sono tradotti da Eva Kampmann, danese che vive in Italia dall’infanzia. Anche il suo italiano, dunque, è una lingua “adottata”, come l’inglese di Yiyun Li. Bella, la sua traduzione, che trasmette intatta l’emozione di leggere questa notevole scrittrice.