La battaglia del mito e della scienza: Valerio Evangelisti e la fantascienza come pratica radicale

Evangelisti dimostra un’estrema coerenza creativa operando sul dato scientifico. Le culture che manipola attraverso la narrativa, ovvero la storia e la scienza, sono utilizzate per un articolato discorso sul potere e sulla liberazione. Come sembra avere chiaro sin dai primi romanzi del ciclo di Eymerich, Un episteme che ha spiazzato tra le altre cose l'adozione strumentale del mito come strategia politica e culturale dell'estrema destra.


Il romanzo è la forma dell’avventura, del valore proprio dell’interiorità; il suo contenuto è la storia dell’anima, che qui imprende ad autoconoscersi, che delle avventure va in cerca, per trovare, in esse verificandosi, la propria essenzialità.

György Lukács

“Provocano incubi a Valerio Evangelisti, uno scrittore popolaresco in trasferta estera, proprio come il più famoso Tabucchi, di lui assai meno noto ma con lo stesso tono un pochino eccessivo, al limite del delirante”.
Gianfranco De Turris

Una breve storia politica del mondo della fantascienza italiana (*) 

Quando a ottobre del 1994 viene pubblicato su “Urania” il romanzo Nicolas Eymerich, inquisitore, la fantascienza italiana sta vivendo una complessa crisi e una generalizzata diminuzione di interesse. Si tratta di una progressiva modifica del ruolo che la fantascienza ha all’interno delle differenti culture nazionali, un fenomeno iniziato negli Stati Uniti con la diffusione del cyberpunk, un sottogenere di successo che è riuscito ad accreditare la narrativa dell’immaginario, a partire da una proprietà intellettuale diffusa solo tra i propri rigorosi appassionati, quale elemento imprescindibile del cinema, della letteratura e del fumetto mainstream. Infatti l’ambiente in cui viene letta la fantascienza (non è escluso che il termine più corretto sia “consumata”) possiede ancora oggi interessanti ed esclusive particolarità. Lettori, scrittori, editori, curatori, collezionisti, illustratori e critici della fantascienza hanno un contatto molto stretto tra loro, comunicano, si incontrano, discutono, formando una società culturale capillare che ha come comune denominatore la passione per questo tipo di narrativa. Questa forma di condivisione, che solo nella fantascienza esiste in maniera così sviluppata, ha radici che affondano nell’editoria statunitense degli anni Trenta e nell’impostazione molto ideologica che il primo editore specializzato della storia, e inventore del termine “scientifiction”, Hugo Gernsback, diffonde da subito attraverso gli editoriali delle sue riviste. Uno dei risultati è la nascita del fandom (una contrazione dei termini fanatic e dominium) e delle prime fanzine (da fanatic magazine) negli Stati Uniti che, a partire dal Dopoguerra, si diffondono in tutto il mondo. Chiamato da alcuni subcultura, il mondo della fantascienza condivide la sua nascita sociale con altre forme di attivismo culturale, sindacale e politico tipiche degli Stati Uniti rooseveltiani, che sono una risposta delle minoranze alla difficoltà di accesso ai canali ufficiali della cultura e della comunicazione. Tuttavia nessuna forma organizzativa ha avuto la diffusione e la durevolezza della fantascienza e del suo fandom[1]. Per decenni la fantascienza è stata scritta e pubblicata per persone che sostanzialmente leggono solo questo genere, su collane prodotte da editori specializzati, e, solo negli ultimi anni, è diventata un linguaggio utilizzato, con alterne fortune, anche dagli autori della letteratura più raffinata e colta.

A partire dagli anni Sessanta nel mondo degli appassionati italiani, esattamente come è accaduto negli Stati Uniti e in Francia, si apre una discussione, spesso aspra, sul ruolo politico della fantascienza che provoca una divisione in tre sostanziali posizioni. Una che sostiene la neutralità del genere e chiede che il dibattito politico sia lasciato fuori dai confini del dorato mondo del fandom, una apertamente marxista che vede che la fantascienza, e l’immaginario che contribuiva a creare, come una proiezione diretta dello scontro sociale in atto attraverso meccanismi mimetici e che ritiene compito dei critici militanti svelare, e una conservatrice e neofascista per cui le produzioni letterarie fantastiche (non solo nella fantascienza) sono l’indomito riemergere del mito, mai definitivamente sconfitto dalla cultura del moderno. Archiviando la prima posizione, patetica e priva di fondamento, le contrapposizioni esplicitamente politiche iniziano un lavoro molto profondo destinato a continui scontri che, a partire dai primi anni Sessanta, continuano ancora oggi. Uno dei primi segni di questo lavoro politico dedicato alla fantascienza lo si trova su una rivista amatoriale curata da Vittorio Curtoni e Luigi Naviglio intitolata “Numeri unici – Fantapolitica” (1966), in cui sono raccolti contributi di scrittori, critici e appassionati di entrambi gli orientamenti politici (come accade tra i due curatori), seguita da Fanta-Italia. Sedici mappe del nostro futuro, pubblicata su “Galassia”, una raccolta di fantascienza politica a firma dei due curatori della rivista Vittorio Curtoni e Gianni Montanari, affiancati, per l’occasione da Gianfranco De Turris. L’affiancamento non deve essere stato casuale ma necessario, in quanto Curtoni e Montanari appartenevano alla cultura comunista e antifascista, mentre De Turris era già un esponente molto attivo della cultura di Destra che rinasceva nell’ambito del neofascismo italiano. Descrivere De Turris non è semplice, vista la complessità della sua azione politica protrattasi per molti anni, per cui, sinteticamente, si può ricorrere a uno stralcio de “Il primato nazionale” che lo descrive con queste parole: “Tre autori in particolare hanno contribuito alla formazione della Weltanschauung di De Turris: Adriano Romualdi, Julius Evola, Mircea Eliade.”[2]

Nella logica dell’antologia Fanta-Italia, curata con rigore all’interno delle premesse di equivalenza politica che si è data, e che sono descritte nell’introduzione, è prioritaria la passione per la fantascienza, che rende possibile un progetto di cultura con la collaborazione degli opposti estremismi che, senza abiure ma nel massimo rispetto reciproco, sono in grado di fornire al lettore una seria rassegna di come la cultura fascista e quella comunista possano collocare nel futuro storie segnate con forza da una visione politica. Con qualunque modulo la trama venga affrontata, qualunque ‘genere’ sia adottato, ma soprattutto qualunque impostazione ideologica abbia l’autore, non si sfugge ad un esame completamente negativo della ‘realtà’ in cui vivono (…) gli autori stessi.”[3] Questo modello critico, che pone la priorità del genere letterario rispetto alla lotta politica, sembra essere una caratteristica tutta italiana, perché negli Stati Uniti, nonostante non siano presenti nella fantascienza componenti esplicitamente fasciste, sono avvenute contrapposizioni molto dure e pubbliche che periodicamente si manifestano contro i gruppi ultraconservatori, razzisti, misogini e omofobi dei Sad Puppies e Rabid Puppies[4] o contro le discriminazioni razziali e di genere[5]. All’interno di questo paradigma, il tentativo di una convergenza è fin troppo esplicito.

“La critica della presente realtà nazionale è spesso spietata, dura, senza mezzi termini, non ammette assoluzioni, anche se in alcuni casi è velata dall’umorismo della satira. In una prospettiva più o meno vicina, più o meno lontana, la realtà di oggi viene condannata in tutte le sue strutture: politica, burocrazia, morale, religione, non si salva nulla, a dimostrazione del periodi di ‘crisi del mondo moderno’ (per usare il titolo di un libro di René Guénon) che stiamo attraversando, a dimostrazione di quel ‘disagio della civiltà’ (per usare questa volta il titolo d’un saggio di Sigmund Freud) che stanno subendo tutte le persone – scrittori di fantascienza o meno – dotate di un minimo di sensibilità e cultura.”[6]

Guénon, a differenza di Freud, sarà un nome ricorrente nella saggistica successiva di De Turris che, spesso in collaborazione con Sebastiano Fusco, inizierà un lungo lavoro editoriale dedicato a descrivere come il mito si possa ripresentare nell’opera fantastica, soprattutto per testimoniare una serie di valori che l’illuminismo e il razionalismo (e in seguito il marxismo) hanno combattuto e solo temporaneamente sconfitto. Si tratta di elementi come la celebrazione della divisione in caste, la lotta alla democrazia, il rapporto diretto con la divinità, il concetto del prescelto, l’esaltazione della lotta e la gerarchia della società. Ma è nel 1973 che prende corpo il più importante progetto editoriale che la Destra italiana dedica alla fantascienza e al fantastico. Si tratta delle collane “Orizzonti” e “Futuro” dell’editore Fanucci curate da De Turris e da Fusco, una rassegna che presenta diversi capolavori inediti di autori come Norman Spinrad, James G. Ballard, Thomas Disch, Philip J. Farmer, Robert Silverberg, Philip K. Dick e molti altri. Ciò che ne fa un’operazione culturale e politica della Destra italiana è il corpus delle introduzioni che offre una rassegna di una visione conservatrice, antimoderna e neofascista che si basa sui testi di Guénon, Julius Evola, Mircea Eliade ed Elemire Zolla[7] e su contributi dei due curatori. La polemica è molto correttamente descritta da Giulia Iannuzzi[8], e non si entra nel merito sugli argomenti di Guerrini, del resto abbastanza scontati, né delle risposte della coppia De Turris-Fusco, a cui sembra mancare il dono della sintesi, piuttosto si nota che un equilibrio si è rotto. E sono De Turris e Fusco a esplicitare molto chiaramente che sembra conclusa una strategia di rapporti tra gli studiosi e gli appassionati di fantascienza. Siamo nel biennio 1977-78, c’è stata la stagione delle stragi e del terrorismo nero, è in corso un fenomeno di guerriglia urbana nato dalle organizzazioni politiche comuniste, c’è, soprattutto, una sanguinosa contrapposizione tra giovanissimi militanti con molti caduti[9]. Tuttavia De Turris e Fusco scrivono una lettera a Curtoni dove troviamo questo concetto: “Ricordiamo bene, come te, l’effetto corrosivo che le polemiche inutili ebbero nel nostro ambiente una decina di anni fa, ambiente che pure – secondo noi – dovrebbe veder prevalere una passione unica che accomuna, e non ideologie diverse che dividono”[10]. La “passione unica”, semmai è stata sincera, sembra essere stata definitivamente archiviata proprio da quelle avanguardie che venivano dalla lotta politica e che iniziavano a comprendere il ruolo che stava acquisendo l’immaginario all’interno delle lotte sociali. Nel 1977 nasce il collettivo Un’ambigua utopia come costola del Movimento che era attivo a Milano in quegli anni, a Napoli si organizza Pianeta rosso, a Genova è la volta del collettivo Crash; contemporaneamente i giovani dell’estrema destra organizzano i primi Campi Hobbit[11]. Progressivamente prende piede un lavoro politico che mette al centro le produzioni letterarie e cinematografiche del fantastico e della fantascienza. Non si tratta di una mera colonizzazione di elementi culturali da parte di un progetto politico, ma l’intuizione che il fantastico sia un elemento fondamentale della critica allo stato di cose presenti. Antonio Caronia nel saggio Incarnazioni dell’immaginario[12], del 1979, segnala molto chiaramente l’urgenza di comprendere il ruolo politico che l’immaginario sta giocando e denuncia il ruolo inevitabilmente politico della fantascienza (e del fantastico, mi permetto di aggiungere).

“I confini e le configurazioni dell’immaginario sono funzioni delle possibilità immaginative collettive (sociali) di una data epoca e le mappe dei suoi terreni si modulano in relazione ai bisogni predominanti, o a quelli emergenti, visto che è proprio della scrittura, in tutte le sue manifestazioni, portare alla luce il corso sotterraneo dei fiumi, e perciò anticipare i tempi, anche, di bisogni che altrimenti non si riconoscerebbero come sociali”[13].

L’eroe dai mille volti

Nel 1994, quando sulle pagine di “Urania” esce il primo volume della serie dedicata all’inquisitore Nicolas Eymerich, in Italia la fase di scontro diffuso della fine degli anni Settanta è ampiamente conclusa, c’è stata la Strage di Bologna, la fine della guerriglia e inizia il periodo noto come riflusso. Inevitabilmente la modifica del clima politico e la chiusura del ciclo di lotte avviatosi nel 1968, si ripercuote inevitabilmente anche nel mondo della fantascienza. Relativamente al decennio che inizia con la seconda metà degli anni Ottanta, Evangelisti scrive a proposito della fantascienza italiana di quel periodo: “Il fondo, però, si è toccato con quella produzione di chiara impronta di destra. Sono usciti racconti in cui invincibili legioni dalla divisa nera schiacciavano l’Orda Rossa dei senzadio, in cui il duce tornava in vita, in cui un papa futuro chiamava a raccolta contro i comunisti. Vera spazzatura.”[14]

Il problema storico della nascita e dello sviluppo del “fantastico nero” nasce all’interno della crisi in cui è vissuta la fantascienza italiana dopo la chiusura di riviste e collane che pubblicano autori italiani. Se si escludono le fanzine, che stanno vivendo una fase di miglioramento grafico ma sempre nella logica di tirature molto basse, la scomparsa di riviste come “Gamma”, “Galassia” e “Robot”, e l’emarginazione sistematica dalle collane professionali dedicate alla narrativa in traduzione, all’aspirante scrittore italiano rimangono la partecipazione al Premio Urania (istituito nel 1989), riviste come “Futuro Europa” e “Nova SF”, dirette rispettivamente da Lino Aldani e Ugo Malaguti, e le uscite rarefatte tra i volumi del “Cosmo Argento” dell’editore Nord. Parallelamente si apre, grazie all’impegno politico e letterario di Gianfranco De Turris, che intanto ha abbandonato la direzione della Fanucci[15], dell’editore Solfanelli e di alcuni editori di estrema Destra, un interesse verso fantasy, heroic fantasy, horror e, in generale, la narrativa del sovrannaturale. Caratteristica di questa politica editoriale è l’interesse a sviluppare una scuola di ispirazione conservatrice, sia teorica verso H.P. Lovecraft, J.R.R. Tolkien e altri autori del fantastico, sia narrativa, con esplicito interesse verso gli scrittori italiani che potevano essere influenzati nei contenuti. Nel gran numero delle opere pubblicate sono ovviamente presenti anche autori e testi non riconducibili al “fantastico nero”, ma, progressivamente, prende corpo una struttura di temi e situazioni direttamente riconducibile a quella che Umberto Eco definisce come Ur-Fascismo[16]. Complessivamente si tratta, in molti casi, di opere grottesche e di qualità letteraria scadente, improvvisate e nostalgiche, che si limitano all’esaltazione acritica e antistorica del fascismo e all’evocazione piatta di temi provenienti dalla tradizione della Destra europea[17]. Ma non è rilevante un giudizio estetico su questa narrativa, quanto constatare come, in modo trasparente, la cultura neofascista italiana abbia lavorato alla costituzione di un proprio immaginario utilizzando linguaggi e situazioni appartenenti alla narrativa fantasy, analogamente a come la cultura antagonista e anticapitalista ha progressivamente acquisito la fantascienza e la speculazione sociale come uno dei suoi elementi fondamentali. La lettura di alcune introduzioni scritte da De Turris, con o senza l’apporto di Fusco, dedicate alla critica della “cultura di Sinistra”[18] rivelano una scarsissima conoscenza del dibattito culturale avvenuto nell’ampia area che andrebbe sotto questa definizione e di come siano avvenute anche lotte e contrapposizioni aspre e violente al suo interno[19]. Se la cultura di Destra[20] ha storicamente dimostrato l’eccezionale compattezza che si è riflessa nella pratica politica, nella capacità di convivenza tra correnti cristiane conservatrici e pagane, o nelle alleanze tra diversi nazionalisti, un’eventuale cultura di Sinistra ha dimostrato nella Storia sofferenze e divisioni laceranti tali da non poter consentire di utilizzare questo termine in maniera univoca o semplificata. Senza riproporre le note vicende di George Orwell, paradigmatiche in questo senso, o le polemiche dedicate al realismo di una parte di intellettuali PCI[21], e limitandoci all’analisi del giudizio sulla fantascienza, si può affermare che l’interesse per le letterature dell’immaginario è stato peculiare delle componenti libertarie e antiautoritarie, critiche nei confronti della scienza ufficiale e asservita all’economia capitalista, in lotta contro la massificazione, il consumismo e il saccheggio planetario. Specificatamente nel caso italiano, si può affermare che questa cultura sia stata rappresentata da scrittori come Vittorio Curtoni, Lino Aldani, Ugo Malaguti e Vittorio Catani (per fare solo qualche esempio) e dai movimenti antagonisti della Sinistra extraparlamentare. A partire dalla fine degli anni Novanta, Valerio Evangelisti ne è stato l’indiscusso intellettuale di riferimento.

Evangelisti, militante comunista, storico e appassionato di fantascienza e di fantastico, conosce molto bene questa situazione per averla seguita negli anni che precedono la pubblicazione di Nicolas Eymerich, inquisitore, quando ancora non è un personaggio pubblico. In realtà in quegli anni c’è stato un intenso scontro culturale e impegno di controinformazione sull’operazione portata avanti dalla Destra nel settore del fantastico, proprio nella consapevolezza dell’importanza del rapporto tra la narrativa e la costruzione dell’immaginario. Oggi, forse, si potrebbe parlare di immaginari, visto che i tentativi di caratterizzarlo sono plurimi, e i risultati, spesso, frammentari e opportunistici, ma è evidente che le componenti che lottano per l’abolizione dello stato di cose presenti, che intendono esporre una critica radicale e profonda al sistema capitalista, ritengono fondamentale costruire una dimensione immaginaria collettiva capace di costituire una cultura realmente antagonista. Se storicamente gli anni Novanta vedono il tentativo di realizzare un “immaginario fantasy”, gestito in maniera continuativa e compatta dagli intellettuali di destra[22], e un “immaginario della fantascienza”, che dalle ceneri del collettivo di Un’Ambigua Utopia, dal lavoro di Antonio Caronia e dai laboratori del femminismo lavora sulle trasformazioni dei corpi e delle identità a causa delle contaminazione con le tecnologie e i media, e sulle trasformazioni del potere e dei rapporti di classe, con un’eccezionale presenza militante nei centri sociali, Evangelisti irrompe e distrugge questa divisione culturale che si era formata nel contesto italiano[23].

La lotta all’egemonia fascista e al suo immaginario del fantasy nero da parte di Evangelisti avviene su una duplice direttrice di narratore e critico militante. Il suo esordio con Nicolas Eymerich, inquisitore è disturbante, a partire dall’azzeccatissima copertina di Oscar Chiconi che rappresenta l’inquisitore catalano di fronte alla manifestazione della dea pagana Diana Cacciatrice. All’apparenza sembra un romanzo fantasy, anche se la dimensione del romanzo storico è rigorosa, frutto di una ricerca professionale spesso su fonti primarie, ma il novum[24], per usare la terminologia introdotta da Darko Suvin, è assolutamente fantascientifico. La narrazione avviene su tre livelli temporali interconnessi attraverso una teoria scientifica di confine attribuita al fisico matematico inglese Adrian Dobbs. Secondo Dobbs, scienziato sostanzialmente citato da riviste pseudoscientifiche e attratte da teorie non validate, la materia pensante sarebbe prodotta dall’interazione di particelle quantistiche con massa nulla simili ai tachioni, gli psitroni, capaci di mettere in relazione spazi e tempi attraverso meccanismi mentali. Il funzionamento degli psitroni consente, in particolari condizioni di concentrazione collettiva, di consentire passaggi attraverso lo spazio e il tempo. Questo meccanismo fondamentale nell’approccio “razionale” della narrazione consente al primo romanzo di Evangelisti di partecipare tranquillamente al Premio Urania, esclusivamente dedicato alla fantascienza, e di essere pubblicato su “Urania”, in quanto l’introduzione di una fisica basata sugli psiconi produce quel “dominio o egemonia narrativa di un ‘novum’ (novità, innovazione) funzionale convalidato dalla logica narrativa”[25]. Ma alla visione fantascientifica si affianca la dimensione del romanzo storico e, a partire dal secondo romanzo della serie, Le catene di Eymerich pubblicato l’anno successivo, la lettura squisitamente politica del Novecento. Tecnicamente si può affermare che Evangelisti, attraverso questo gioco narrativo, stia già lavorando all’interno del modello del postmoderno, dove i generi poveri della letteratura non solo sono ammessi, ma svolgono un ruolo essenziale nel collegare la letteratura colta a quella di massa. Tutt’altro che istintiva, questa prima prova narrativa testimonia in molti punti che Evangelisti aveva già elaborato profonde riflessioni sul tema dell’immaginario che, non a caso, è espressamente citato all’interno del romanzo. “La psitronica mobilita le forze dell’immaginario e permette di dominarle”[26], e ancora richiama il concetto di “dimensione materiale della fantasia”[27]. Nei romanzi successivi si alternano le teorie scientifiche più marginali o ancora non compiutamente espresse o di difficile collocazione (dagli orgoni di Wilhelm Reich, alla genetica dell’anemia falciforme fino alla negative entropie negentropie di Erwin Schrödinger, ma tutte teorie che, in qualche modo affrontano il problema della comunicazione tra gli individui nel contesto dello spazio-tempo) lavorando nelle aree di trasferimento e contatto tra fisica quantistica, biologia e cosmologia. Si tratta, come è noto, di argomenti di estrema complessità, ma che per il loro fascino sono oggetto di divulgazione, anche di elevata qualità, e che sono tra gli elementi più importanti dell’immaginario scientifico. La grande capacità narrativa di Evangelisti, il suo rigore di scrittore poggiano anche sulla sua capacità di lavorare tra immaginario scientifico e fantascientifico, trasferendo molto del rigore del metodo scientifico nella scrittura fantastica. Dobbiamo a Renato Giovannoli lo studio approfondito che dimostra che il legame tra scienza e fantascienza è epistemologico, ovvero che “il sistema della fantascienza (…) comunica con quello della scienza, e se essa sviluppa in genere le idee scientifiche con grande libertà, non cessa di nutrirsi di dibattito scientifico e filosofico (e anche frammenti di cultura pseudoscientifica o pseudofilosofica)”[28]. Quest’ultime due pseudoculture, nel caso dei romanzi di Eymerich diventano culture propriamente dette proprio attraverso la rielaborazione fantastica. Nel caso di Evangelisti si dimostra un’estrema coerenza creativa che opera sul dato scientifico che non è mai fine a se stessa. Le culture che manipola attraverso la narrativa, ovvero la storia e la scienza, sono utilizzate per il più articolato discorso sul potere e sulla liberazione. Stupisce che questo sia così chiaro sin dai primi romanzi del ciclo di Eymerich, soprattutto nella capacità di portare le vicende dell’inquisitore a contatto con gli aspetti più bui della realtà contemporanea. Dal punto di vista politico è con il secondo romanzo, Le catene di Eymerich, che la militanza di Evangelisti si mostra con chiarezza. La fine della Guerra Fredda, con l’appalesarsi della sconfitta del sistema guidato dall’Unione Sovietica, ha lasciato dietro di sé una miriade di guerre sporche, episodi di terrorismo contro i civili, organizzazioni segrete, ricerche scientifiche con finalità militari, alleanze tra organizzazioni criminali, aziende e servizi segreti. Ma è stato storicamente dimostrato come, già alla fine della Seconda Guerra Mondiale, a persone e progetti del nazismo siano stati garantiti impunità e continuità, ed Evangelisti denuncia, sotto forma di romanzo, come sia proseguito e coperto dal potere un livello segreto e autoritario che ha l’obiettivo di soggiogare il mondo intero e ridurre in schiavitù i suoi abitanti.

In ogni sua pagina dedicata al contemporaneo che si trova nelle storie di Eymerch è sempre descritta la violenza occultata del sistema occidentale solo apparentemente democratico. All’inizio de Le catene di Eymerich viene esposta la continuità tra le ricerche biologiche del nazismo e la guerra sporca in Guatemala, con le sue stragi di civili, le torture, il saccheggio di ogni risorsa della nazione, la militarizzazione condivisa tra truppe statunitensi e mercenari. Tutti gli episodi citati, come la strage di Parraxtut, sono realmente accaduti, e altrettanto verificabile è la descrizione delle attività di antiguerriglia dirette dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, ed è all’interno di una realtà allucinatoria e violenta che Evangelisti proietta l’elaborazione fantastica. Analogamente accade per le vicende ambientate a Timisoara, al ruolo della Securitate e alla presenza di riformati gruppi neofascisti diventati immediatamente operativi dopo la caduta della tirannia di Ceaușescu. La scelta di attualizzare il presente romanzesco nelle zone del mondo dove sono state attivate le covert operation statunitensi o è in corso la ristrutturazione della zona di influenza ex-spvietica, in sintonia con le scelte artistiche e narrative di un altro straordinario e impegnato scrittore di fantascienza come Lucius Sheppard, è una chiara dichiarazione politica di appartenenza al movimento antagonista e anticapitalista di quegli anni. La fantascienza di Evangelisti nasce dalla controinformazione politica, dalla denuncia sociale e umanitaria, dalla solidarietà internazionale, dalla lotta all’imperialismo e al capitalismo.

L’immediato successo di un autore di fantascienza così politicamente schierato, apertamente critico verso le trasformazioni liberali e liberiste del PCI nei successivi partiti dalle ambizioni neoliberiste, è certamente fonte di irritazione per intellettuali e militanti di destra che lavorano alla rielaborazione del fantastico in chiave neofascista. Soprattutto perché il protagonista è un inquisitore, cioè un ruolo chiave del sistema di potere del mondo medievale tratto da un personaggio realmente esistito, tradizionalmente afferente alla tradizione narrativa del fantastico, ma che, in questo caso, espone una serie di contraddizioni e ambiguità che si richiamano all’illuminismo, o che, almeno, creano uno strido frequente tra i saperi della tradizione, la superstizione e la volontà di trasformazione e contestazione dell’esistente. Centro delle vicende di Eymerich è la crisi del modello religioso dell’epoca, in un periodo in cui la religione cristiana rappresenta la teoria globale di interpretazione del mondo. Ma è un mondo pieno di eventi che la religione non riesce a spiegare, reali e immaginari, se non inabissandoli nelle manifestazioni di Satana. Scopo dell’inquisitore sembra essere quello di smascherare gli eventi che non rispettano il concetto di ordine ufficiale e proclamare l’unico motivo accettato di diversità, l’intervento diabolico. Questo scontro tra ordine e disordine è la chiave di lettura di una continua ribellione e desiderio di autogoverno che oppone classi dominati e subalterne, tra eresie che mettono in discussione anche le modalità economiche di quella società e forme di controllo che, in realtà, tentano di ridurre al silenzio i poveri, le donne, le razze inferiori. Nella lettura del ciclo di Eymerich è progressivamente chiarito che queste espressioni repressive, dal Basso Medioevo, si sono trasferite fino a oggi nei progetti totalitari del fascismo e delle élite. E questo è uno dei motivi delle ragioni della campagna aggressiva che ha accompagnato il crescere del successo di Evangelisti, il riconoscimento che il fascismo contemporaneo è l’erede della peggiore teppaglia della storia e che deve il proprio successo politico solo ed esclusivamente all’asservimento alle classi dominanti, alla sua capacità rassegnata di fare il lavoro sporco. Un concetto questo che il ciclo di Eymerich condivide con i romanzi realisti dedicate alle lotte sindacali e alla nascita del socialismo scritti da Evangelisti. La violenza del potere, che procede dal modello del feudalesimo fino al capitalismo contemporaneo, e che è affidata ai vari cani da guardia, pretende di instaurare la naturalità del sistema di dominio esistente, e la repressione religiosa che Eymerich esercita non ha solo lo scopo di punire l’evento di sovversione, ma di impedire che la rivolta contro i dominatori possa anche solo essere concepita. Il terrorismo dell’inquisizione, come poi fu quello totalitario del fascismo, puntava a impedire la stessa concezione del pensiero non omologato. In questo senso Evangelisti riprende la lezione orwelliana con grande rispetto e rigore, citando O’Brian, l’inquisitore di 1984, e la riproposizione del processo inquisitorio a cui sono sottoposti sia Winston Smith sia il protagonista di Buio a mezzogiorno di Arthur Koestler, sia un’intera tradizione kafkiana che passa anche da L’uomo è forte di Corrado Alvaro. Evidentemente la battaglia che è combattuta nei romanzi di Evangelisti vede la creazione di un immaginario spontaneo, creato con la collaborazione e la disobbedienza degli appartenenti alle classi subalterne, che ha lo scopo di sovvertire quello creato e imposto dalle classi dominanti. Se nel mondo medievale l’immaginario lavora sulla creazione/riscoperta di miti alternativi a quelli dominanti (rappresentati dalle eresie), nel mondo contemporaneo l’immaginario del potere è quello costruito dai nuovi media che hanno realizzato il sistema tecnologico intuito da Orwell[29]. Un sistema in cui è immediata l’applicazione del “sorvegliare e punire”. Un nuovo immaginario democratico e antiautoritario, egualitario per gli aspetti del possesso delle risorse economiche, può essere costruito attraverso la letteratura popolare presentando un’epica dei valori del socialismo (come era stato per opere di narrativa come Germinale di Émile Zola o di alcune opere dedicate alla Resistenza e all’antimilitarismo) che sia in grado di affiancare le lotte sociali.

Cosa faremo delle camicie nere

Un tale progetto politico, trasparentemente dichiarato negli interventi pubblici di Evangelisti e coerente con le continue prese di posizione dei suoi romanzi, immediatamente collide con la visione del fantastico dei teorici evoliani della destra italiana. A una visione superficiale, il prodotto editoriale sembra avere molti punti di contatto con le produzioni del fantastico nero. Il protagonista è un inquisitore, personaggio appartenente alla visione tradizionale e mistica del pensiero cristiano più conservatore, dovrebbe rappresentare la lotta del Bene contro il Male, appartiene a una casta di particolare potere, è a diretto contatto con le manifestazioni soprannaturali e lotta contro di loro; tuttavia, Eymerich non nasconde debolezze e contraddizioni, non ama le classi dirigenti e critica l’avidità e la superficialità dei potenti, prova compassione per il dolore provato dai semplici e dai deboli. La lotta del Bene contro il Male che Eymerich porta avanti non è scontata né elitaria, ostenta molti aspetti controversi, e poi la scienza, ancorché sconosciuta, è la chiave per l’interpretazione degli avvenimenti straordinari non risiede nel soprannaturale e nel mondo magico, ma nella scienza.

In un articolo apparso su “Le Monde Diplomatique”, rivolto a un pubblico francese e che inquadra proprio lo sforzo che sta avvenendo in Italia per creare un immaginario fascista, Evangelisti si chiede appunto se la fantascienza non riesca a descrivere la realtà meglio della letteratura classica e traccia brevemente le linee caratteristiche di un genere di relativo successo come il fantafascismo. “Due libri recentemente pubblicati in Italia hanno confermato questo fatto. In Fantafascismo, Gianfranco De Turris ha raccolto testi che – a parte qualche pagina ironica – rispecchiano fedelmente il titolo. L’autore è, inoltre, uno dei più importanti rappresentanti della fondazione che porta il nome del filosofo antisemita Julius Evola. E la casa editrice, Settimo Sigillo, è specializzata in pubblicazioni di estrema destra. Il secondo, Occidente, di Mario Farneti, intende mostrare quanto sarebbe stata forte l’Italia se Mussolini non fosse morto troppo presto…”[30].

La descrizione del fascismo che accomuna molti di questi romanzi è decisamente antistorica. Nell’intenzione propagandistica sono espunti i principali elementi che hanno caratterizzato l’esperienza italiana. Sono sparite le violente repressioni sindacali prezzolate da industriali e latifondisti, le stragi della popolazione civile, l’uso della tortura, le diffuse ruberie, gli scandali; dimenticato il Dopoguerra delle stragi e delle facili violenze protette dallo Stato. Il fantafascismo[31] è spesso solo propaganda patetica scritta in cattivo italiano.[32]
“In Italia [la fantascienza] non è solo una metafora critica del presente. È una sottocultura che avanza mano nella mano con il ritorno di un’ideologia terribile. Dopo essere rimasta chiusa fuori dalla cultura mainstream italiana per anni, l’estrema destra ha usato la fantascienza, che allora era un genere letterario snobbato, per rientrare dalla porta di servizio.”[33] Questa e poche altre considerazioni sullo stato della colonizzazione della fantascienza e nel fantastico italiano da parte della cultura neofascista provocano una risposta singolare di De Turris che, oltre a provare a offendere Evangelisti, si lamenta dell’intromissione politica del fantastico da parte della cultura di sinistra con queste parole: “I primi, ed i soli, a fare un “uso politico” della fantascienza e del fantastico sono stati proprio gli intellettuali ed i critici di sinistra. Sia in positivo che in negativo, sia come interpretazione che come ostracismo”[34] e avanza verso Evangelisti l’accusa di essere stato pubblicato da Mondadori: “De Turris liquida le accuse di Evangelisti facendo leva sulla presunta incoerenza di essere pubblicato dalle case editrici che fanno capo a Berlusconi, uno stratagemma retorico per mettere in secondo piano le affiliazioni e l’accondiscendenza verso gli eredi della destra fascista italiana, in virtù del suo liberalismo come editore” [35].

Il grande successo editoriale che accompagnerà l’intera carriera di Evangelisti ha quindi provocato tra i suoi spesso irragionevoli detrattori episodi di bullismo, critiche inconsulte (come quella riportata tra le citazioni iniziali[36]), provocati certamente dall’invidia per la qualità letteraria delle sue opere e per avere proposto un modello di fantastico antitetico a quello della Destra, ma è inequivocabile che il senso del suo lavoro di letterato si trovi proprio nella sua militanza politica praticata con la narrativa[37].

Per Evangelisti la realtà del mito risiede direttamente in una serie di conoscenze scientifiche note e non note, interne al paradigma della fantascienza. Sono statuti culturali che attendono l’evoluzione della scienza per essere promossi a elementi della realtà, laici, conoscibili e, infine, destinati a entrare a fare parte della cultura democratica. Come hanno argomentato Robert Shoeles ed Eric S. Rabkin, la fantascienza rappresenta il progressivo allontanamento dell’uomo dal mito[38]. Ma sulla falsità della macchina mitica pompata dalla cultura neofascista, Evangelisti poggia la sua critica sul lavoro di intellettuali, tra cui George Mosse e Furio Jesi, che avevano analizzato e denunciato il pacchiano pastiche delle invenzioni del fascismo italiano e tedesco. Károly Kerényi, studioso del mito di origine rumena, e quindi conterraneo di Mircea Eliade e della sua scuola ossequiosa, introduce il concetto di “mito tecnicizzato per definire quegli aspetti del mito che sono intenzionalmente introdotti nella sfera politica, contrapponendo un mito genuino. Per Kerényi un mito tecnicizzato viene costruito per conseguire un determinato scopo, connotando una finalità meramente pratica, strumentale, mentre il vero mito, essendo considerato il manifestarsi del vero, non ha uno scopo che possa essere declinato nel mondo umano.”[39] Questi romanzi del fantastico nero sguazzano quindi all’interno di una generalizzata contraffazione del mito finalizzata allo scopo di combattere una battaglia politica contro la democrazia e a questa battaglia sono inevitabilmente subordinati.

(*) testo tratto da “L’insurrezione immaginaria. Valerio Evangelisti autore, militante e teorico della paraletteratura (2023, Mimesis edizioni), per gentile concessione dell’Editore

NOTE

  1. Per una esauriente analisi dell’editoria e del mondo del fandom italiani si rimanda ai due volumi di Giulia Iannuzzi Fantascienza italiana. Riviste, autori, dibattiti dagli anni Cinquanta agli anni Settanta, Mimesis, Milano, 2014 e Distopie, viaggi spaziali e, allucinazioni. Fantascienza italiana contemporanea, Mimesis, Milano, 2015.
  2. Alfonso Piscitelli, Tra Evola, Tolkien e la fantascienza: omaggio a Gianfranco de Turris, “Il primato nazionale”, 3 ottobre 2021. https://www.ilprimatonazionale.it/cultura/evola-tolkien-fantascienza-omaggio-gianfranco-de-turris-208448/, sito consultato il 21 novembre 2022.
  3. Vittorio Curtoni, Gianfranco De Turris, Gianni Montanari, “Introduzione”, in Fanta-Italia. Sedici mappe del nostro futuro, “Galassia” n. 165, La Tribuna, Piacenza, 1972, p. 10.
  4. A proposito degli interventi della destra cristiana statunitense e i tentativi di manipolare l’assegnazione dei premi Hugo: https://en.wikipedia.org/wiki/Sad_Puppies
  5. Si veda, in particolare, Jeannette Ng, Domenico Gallo, Roberto Kriskak, Cory Doctorow, John Scalzi, Polemiche: il caso Campbell, “Robot” n. 89, Delos Books, Milano, 2020.
  6. Vittorio Curtoni, Gianfranco De Turris, Gianni Montanari, ibidem.
  7. Alcune delle introduzioni scritte da De Turris e Fusco sono reperibili nel volume: Gianfranco De Turris, Sebastiano Fusco, Le meraviglie dell’impossibile. Fantascienza: miti e simboli, Mimesis, Milano, 2016.
  8. Iannuzzi, Fantascienza italiana. Riviste, autori, dibattiti dagli anni Cinquanta agli anni Settanta, cit., p. 306-309.
  9. Si veda Guido Panvini, Ordine nero, guerriglia rossa. La violenza politica nell’Italia degli anni Sessanta e Settanta (1966-1975), Einaudi, Torino, 2009.
  10. Gianfranco De Turris, Sebastiano Fusco, Una lunga e interessante replica, “Robot” n. 22, Armenia, Milano, 1978, p. 155.
  11. Si veda il documento del SISDE, Le radici ideologiche e culturali dell’estrema destra neofascista, 1982. https://www.gerograssi.it/cms2/file/casomoro/DVD12/0009_002.pdf, sito consultato il 21 novembre 2022. Certamente suona ridicolo che il rapporto tra l’immaginario di Tolkien e le organizzazioni neofasciste sia compreso nel capitolo intitolato Aspetti psicopatologici del terrorismo “nero”.
  12. Antonio Caronia, Incarnazioni dell’immaginario, in I labirinti della fantascienza, Feltrinelli, Milano, 1979.
  13. Ivi, pag. 15.
  14. Sandrone Dazieri, Generi letterari frullati e mixati. Intervista a Valerio Evangelisti, “il manifesto”, 27 agosto 1997. https://archiviopubblico.ilmanifesto.it/Articolo/1997014902, sito consultato il 21 novembre 2022.
  15. In Gianfranco De Turris, Sebastiano Fusco, op. cit. si può leggere una versione dei fatti che portarono all’abbandono di De Turris e Fusco dalla direzione delle collane dell’editore Fanucci.
  16. Umberto Eco, Il fascismo eterno, La nave di Teseo, Milano, 2018. La definizione risale al 1995.
  17. “È così accaduto che, sullo sfondo dei grandi autori del passato, un numero sempre maggiore di autori e aspiranti autori italiani, grazie anche a una serie di piccoli editori di destra, hanno pubblicato decine e decine di volumi che si accordavano alle linee teoriche di questo fantastico nero. Forse si tratta di quegli intellettuali sciocchi additati da Kerényi, o più semplicemente coloro per i quali una garanzia di pubblicazione era il prezzo per una abborracciata romanzata neofascista, ma è certo che la qualità letteraria di questo fantastico nero, con i suoi miti copiati e ricopiati, per la maggior parte dei casi neppure conosciuti nelle forme originali, è davvero scadente.” In Domenico Gallo, L’enorme tragedia del sogno, “Pulp Libri”, Edizioni Apache, Pavia, 2012, pp. 10-19. https://www.pulplibri.it/3250/ , sito consultato il 30 novembre 2022.
  18. Manteniamo questa definizione di “Sinistra” solo dal punto di vista euristico e per le valenze operative di questo scritto.
  19. Si leggano sia l’introduzione al volume Fantafascismo!, Settimo sigillo, Roma 2000, sia la già citata antologia di saggi Le meraviglie dell’impossibile.
  20. Si veda Furio Jesi, Cultura di Destra, Garzanti, Milano, 1979.
  21. La letteratura sull’argomento è sterminata ed è solo limitatamente riconducibile al fenomeno dello stalinismo. Si rimanda a un’opera collettiva discretamente completa sull’argomento: Pier Paolo Poggio (a cura di), L’altronovecento. Comunismo eretico e pensiero critico, Jaca Book, Milano, 2013-2018, 6 volumi.
  22. Si veda Luciano Lanna, Filippo Rossi, Fascisti immaginari, Vallecchi, Firenze 2003.
  23. Infatti la colonizzazione dell’immaginario avvenuta in Italia da parte della Destra non ha corrispondenze nelle altre nazioni europee, ed è confermata dai molti richiami letterari che hanno accompagnato la vittoria della compagine neofascista alle elezioni politiche italiane del 2022.
  24. Darko Suvin, Le metamorfosi della fantascienza, Il Mulino, Bologna, 1985.
  25. Ivi p. 85.
  26. Valerio Evangelisti, Nicolas Eymerich, inquisitore, “Urania” n.1242, Mondadori, Milano, 1994, p. 27.
  27. Ibidem
  28. Renato Giovannoli, La scienza della fantascienza, Bompiani, Milano, 2015, p. 11.
  29. Molto attinente a questo concetto è il lavoro sul mito sviluppato da Neil Gaiman nel romanzo American Gods, “Urania” n. 1481, Mondadori, Milano, 2003.
  30. Valerio Evangelisti, L’extrême droite investit la science-fiction, “Le Monde Diplomatique”, n. 571, 2001.
  31. A coniare il termine “fantafascismo” è stato lo studioso, seguace di Julius Evola e militante neofascista Gianfranco De Turris. De Turris, che ha lavorato per la casa editrice Fanucci e scritto diversi articoli e saggi di critica letteraria, è la figura centrale intorno a cui orbita tutta la corrente, tanto che molti dei romanzi fantafascisti hanno prefazioni firmate da lui — così com’era firmata da lui la prefazione del romanzo La chiave del caos di Gianluca Casseri, il simpatizzante di Casa Pound che nel 2011 uccise due immigrati senegalesi, Samb Modou e Diop Mor. In Stefano Santangelo, “Fantafascismo!” – Breve storia della fantascienza fascista in Italia, in “Vice” https://www.vice.com/it/article/pgvy7n/fantafascismo-breve-storia-della-fantascienza-fascista-in-italia , sito consultato il 27 novembre 2022.
  32. Sul fantafascismo, si veda:Domenico Gallo, Nel corso del tempo. Per un uso politico della storia e della letteratura, in Roberta Malagoli (a cura di), ExtraTerritorial Literatures.Strategie narrative della Science Fiction, Padova University Press, Padova, 2022.Walter Catalano, Gian Filippo Pizzo, Ucronia e Distopia: Fantafascismo e Fantamarxismo, in Carmilla, 19 agosto 2018, https://www.carmillaonline.com/2018/08/19/ucronia-e-distopia-fantafascismo-e-fantamarxismo/ , sito consultato il 26 novembre 2022.
  33. Valerio Evangelisti, L’extrême droite investit la science-fiction, ibidem.
  34. Gianfranco De Turris, Uno spettro si aggira per l’Europa: il fantafascismo, in “Palomar”, n. 2, luglio 2002, p. 40-4 https://www.centrostudilaruna.it/fantafascismo.html, sito consultato il 27 novembre 2022.
  35. Emiliano Marra, Il caso della letteratura ucronica italiana. Ucronia e propaganda nella narrativa italiana, “Between-Journal.it”, vol. IV, n. 7 (Maggio/ May 2014) https://ojs.unica.it/index.php/between/article/view/1116/912, sito consultato il 27 novembre 2022.
  36. Gianfranco De Turris, Uno spettro si aggira per l’Europa: il fantafascismo. Ibidem. (non ho la pagina perché l’ho letto sul sito)
  37. Giuseppe Genna, interrogato a proposito del valore dell’opera di Evangelisti ha scritto: “Evangelisti ha spalancato il fantastico, sottraendolo alle fumisterie fasciste e ricollocandolo nel cuore del farsi narrazione, aprendo l’idea di ciclo alla possibilità di percorrere nuovamente una scrittura epica e mitopoietica inesausta, infinita”. https://codice-rosso.net/valerio-evangelisti-e-la-resistenza-dellimmaginario/, sito consultato il 28 novembre 2022.
  38. Robert Schoeles, Eric C. Rabkin, Fantascienza. Storia, scienza, visione, Pratiche Edizioni, Parma, 1989.
  39. Domenico Gallo, Ibidem, p 14. Un intervento chiarissimo sulla degradazione del mito nella contemporaneità si trova in Károly Kerényi, Dal mito genuino al mito tecnicizzato, in Scritti Italiani 1955-1972, Guida, Napoli, 1993.