Per gli amanti di Kent Haruf non sono necessarie introduzioni su questo autore, molto amato da un ampio pubblico che ha conosciuto le sue opere grazie all’intuito di NN Editore. Per chi invece non ha informazioni su Haruf è doveroso presentare un autore unico nel suo genere, capace di trasportare il lettore in una cittadina immaginaria del Colorado, Holt, in cui sono ambientate tutte le storie pubblicate prima negli Stati Uniti e da pochi anni anche in Italia. La produzione di Kent Haruf parte con il romanzo Vincoli, pubblicato nel 1984, prosegue con questo La strada di casa (titolo originale Where We Once Belonged) del 1990, giunge al vertice con la Trilogia della pianura (Canto della pianura del 1999, Crepuscolo del 2004 e Benedizione del 2013) e si conclude con Le nostre anime di notte, postumo del 2015.
Kant Haruf ha sempre avuto il dono del teletrasporto, ovvero la capacità di immergere il lettore nelle atmosfere proprie delle sue opere, andando a collocare fisicamente e geograficamente le azioni, i posti e i personaggi nella testa di chi legge. Una dote rara e di grande valore per creare un solido legame oltre le pagine, connotando ogni avventura ambientata a Holt in profondità: chi legge un libro di Haruf, qualsiasi esso sia, si trova catapultato dall’altra parte del mondo, in una cittadina immaginaria eppure vivida e solida, a portata di mano.
La strada di casa narra delle avventure di Jack Burdette, impenitente ragazzino bullo e leader, dotato di carisma ma anche di un lato oscuro non del tutto chiarito e approfondito, un ragazzo che, crescendo, adotterà strategie discutibili per farsi posto nel mondo, in questo caso nel mondo di Holt. Il narratore è Pat Arbuckle, ingenuo e genuino compagno di scuola e di college di Jack, destinato dalla vita a succedere al padre nella direzione del giornale locale. Pat ricorda per certi versi un altro grande della letteratura americana, lo Stoner di John Williams con cui condivide la scarsa ambizione e l’altrettanto scarsa scaltrezza nel gestire la propria vita. Un duello che prosegue per l’intera durata del breve romanzo, con Pat nel compito di gestire i cocci della vita di Jack, ovvero della vita di Holt senza Jack. Sì, perché c’è un prima e un dopo Jack, così come c’è un ritorno. Un ritorno doloroso per tutti, in cui non sarà più Jack a poter perdere tutto.
La scrittura di Kent Haruf si trova esattamente a metà tra l’irruenza dell’esordio e la calma pacatezza e l’incredibile lavoro di fino della Trilogia della pianura, apice stilistico. Si avvertono già i tentativi di limare le parole e le frasi, riuscendo nell’intento di lasciare al lettore parte dell’interpretazione degli avvenimenti e delle risoluzioni dei protagonisti. Haruf fa un passo indietro, si limita a indicare la strada al lettore ma non lo accompagna, non giudica, non svela, predilige parlare per sottrazione. Se da un lato questo tentativo non arriva ai traguardi della Trilogia, lo stile dell’Haruf di mezzo è comunque notevole e godibile al di là della trama. Da sottolineare la rispettosa traduzione di Fabio Cremonesi, solido partner della versione italiana dei libri di Kent Haruf.
La strada di casa è un tassello immancabile nella vita di Holt per chi già ama lo scrittore. Per chi invece non dovesse conoscere l’autore, questo libro può essere un ottimo ingresso di mole modesta, giusto per non farsi sopraffare dalla dolorosa e inequivocabile bellezza della Trilogia della pianura.