Kenneth Goldsmith, Metropolitan Forecasting

Poeti s/tradotti

Metropolitan Forecast
by Kenneth Goldsmith

D8 l the new york times tuesday, september 11, 2001
Metropolitan Forecast
today Less humid, sunshine
High 79. Noticeably less humid air will filter into the metropolitan region on. Brisk winds from the northwest. High pressure building east from the Great Lakes will promote mainly sunny skies. Daytime readings will peak in the lower 80’s.
tonight Clear, lighter winds
Low 62. Skies will be clear overnight as high pressure crests near the Middle
Atlantic Coast. Humidity will remain low, and temperatures will fall to around 60 degrees in many spots.
tomorrow Mainly sunny
High 76. Sunshine and just a few clouds will fill the sky. Breezes will turn and blow from the south ahead of a cold front approaching from Canada.

[da “The Day, Poetry (July/August 2009)]

 

Previsioni del tempo – Area metropolitana
di Kenneth Goldsmith

D8 1 the new york times martedì, 11 settembre 2001
Previsioni del tempo – Area metropolitana
oggi umidità in Diminuzione, tempo soleggiato
Massima 79°F. Aria molto meno umida interesserà l’area metropolitana.
Venti pungenti da nord-ovest. Alta pressione in aumento a est proveniente dai Grandi Laghi porterà cielo sereno. La temperatura odierna raggiungerà la massima sotto gli 80°F.
in serata Cielo limpido, venti deboli
Minima 62°F. Cielo sereno in nottata per punta massima della pressione in corrispondenza della costa medio-atlantica. L’umidità si manterrà bassa, e la temperatura si abbasserà intorno a 60°F in molte aree.
domani in Prevalenza sereno
Massima 76°F. Cielo sereno o poco nuvoloso. Venti di brezza cambieranno direzione e soffieranno da sud all’approssimarsi di un fronte freddo proveniente dal Canada.

Né il titolo né il testo sono frutto di invenzione o rielaborazione sostanziale. Sono tratti effettivamente dalla pagina delle previsioni del tempo del New York Times dell’11 settembre 2001, con lievi modifiche nella struttura. Nessun corpo a corpo con la lingua, nessun assalto alla sintassi o agli altri livelli del linguaggio, nessuna deviazione dal modo in cui la lingua viene usata oggi nella vita quotidiana e nell’invasività dei media. Viene subito in mente il readymade di Marcel Duchamp, la cui filiazione è del resto apertamente e ostentatamente rivendicata da Goldsmith. L’effetto di straniamento deriva dal deferment, dal differimento, dallo scarto tra il momento in cui il testo del quotidiano appare in pubblico e il momento della sua ripresa, della sua citazione da parte dell’autore in data posteriore: è questo che lascia apparire “la follia dell’inatteso” – ancora Duchamp. La differenza perturbante è semplicemente nella data. Doppio differimento, in quanto la pagina è scritta il giorno prima del 11 settembre ma parla del 11 settembre, prevede il tempo del giorno dopo – cosa c’è di più abituale e consueto delle previsioni del tempo nella vita quotidiana? Ma l’incertezza ‘banale’ insita nella previsione di eventi come il tempo esplode nell’evocazione après coup dell’assolutamente imprevisto, imprevedibile e sconvolgente – l’attacco del giorno 11 settembre, appunto.

Ciò che è insignificante assume altra rilevanza nell’atto della citazione. Né l’uso né la consapevolezza dell’agire delle citazioni è particolarmente nuovo. Senza andare troppo indietro, Thomas S. Eliot, Ezra Pound, le apprezzavano e le utilizzavano normalmente, e per Walter Benjamin – basti pensare a Parigi, capitale del XIX secolo – le citazioni “sono come i briganti ai bordi della strada, che balzano fuori armati e strappano l’assenso all’ozioso viandante”. Per non parlare del Menard di Jorge Luis Borges, che riscrive il Don Chisciotte pari pari.  Goldsmith sembra far loro eco, quando replica all’accusa di plagio che di solito gli viene mossa: “Non è plagiare. Nell’era digitale, è rifunzionalizzare”. Conta non ciò che un testo significa, è, ma ciò che un testo fa. E infatti questo modo di procedere viene definito da alcuni critici come “moving information”, in cui la parola ‘moving’ ha il doppio senso di ‘muovere, far circolare’ l’informazione che è a disposizione, e di ‘suscitare emozione, commuovere’ in senso ampio.

Il confronto con la lingua e il suo modo di operare nell’epoca digitale è determinante. Proprio quando sembra ridotto a un innocuo e innocente mezzo di trasporto di significato, disponibile a tutto e a disposizione di tutti, il linguaggio ci spinge a prendere coscienza della sua capacità di caricarsi di fatti, di paure, di emozioni, della sua massima variabilità dipendente dal contesto. Come nel caso dell’orinatoio di Marcel Duchamp, che diventa una Fontana e un’opera d’arte. Il contesto è il contenuto, e il familiare è reso estraneo, anche se lasciato semanticamente immutato, anzi proprio perché semanticamente intatto.

Cambia anche il ruolo e il mestiere del poeta, più in generale dello scrittore. Non assomiglia in alcun modo all’individuo introspettivo, ispirato, attento al movimento delle passioni, inventore di forme e modi di linguaggio; diventa più che altro un programmatore, esecutore e manutentore di una macchina di scrittura. Word processing, riciclaggio, raccolte dati, copia e incolla, sottolineatura, appropriazione, tutte pratiche considerate tradizionalmente come operative, e quindi al di fuori degli scopi della poesia, diventano il centro della riflessione, o comunque incidono fortemente sulla pratica della scrittura, poetica e non. La nozione di creatività e originalità viene radicalmente riplasmata e ridimensionata, se non addirittura evacuata. Si tratta di cercare le cose che esistono, riconvertirle e presentarle come testo originale. Per realizzare Fidget l’autore usa un microfono e descrive ogni movimento di un giorno, dalle 10 di mattina alle 11 di sera, quando va a dormire. Osserva il suo corpo e parla. Così tutto sin dall’inizio diventa “totalmente un’opera di fiction”, e rappresenta anche una sorta di citazione, perché si svolge il 16 giugno 1997: lo stesso dell’anno 1904 descritto nell’Ulisse, in cui James Joyce concentra l’attenzione sulle minuzie di un giorno nella vita di Leopold Bloom – in Irlanda viene festeggiato come “Bloomsday”.  Non conta ciò che si presenta, ma la scelta, l’idea che guida la selezione. Di qui la definizione di ‘Conceptual Poetry’ a questo modo di procedere, in analogia con l’arte concettuale. Nell’era digitale il linguaggio è un cumulo di scarti, ordinario, insignificante, ossessivamente classificatorio e meccanicamente ripetitivo, in cui “la quantità conta più della qualità”. Per Goldsmith è allora importante “la pensabilità piuttosto che la leggibilità”, nel senso che vale il processo di pensiero messo in moto, sia nell’atto della scrittura che della lettura, più che il testo stesso.

D’altra parte, il nostro io, la nostra soggettività, che cosa è se non un accumulo di detriti, di stili, di scambi linguistici, di modi di vedere, di vedersi, di essere visti, una collezione sempre mutevole di comportamenti che ci vengono dalle conversazioni quotidiane e dai media in cui siamo immersi? Che cos’è Internet se non un mare magnum in cui tutti prendono e mettono, assumono identità intercambiabili, che indeboliscono ogni possibilità di pensare un nucleo identitario stabile e costante? Ancora di più in letteratura, in cui ogni testo è il risultato, alla fin fine e fosse anche inconsapevolmente, dell’operare di innumerevoli altri testi, insomma è un intertesto. E “Sono un comunista letterario. Penso che nessuno debba possedere alcunché in letteratura.”, così pensa e agisce Goldsmith; e in un universo come quello in cui viviamo, riprodurre e ripresentare testi così come sono può portare in primo piano problemi politici in modo anche più marcato ed efficace che non con gli strumenti critici convenzionali. E poco importa se la lettura è scoraggiante, quasi impossibile, qualità peraltro rivendicata: “Sono lo scrittore più noioso che sia mai vissuto, Se ci fosse uno sport olimpico sulla noia estrema, io prenderei la medaglia d’oro.” E teorizzata: la noia noiosa è uno stato in cui si è costretti dalle circostanze, è fare qualcosa che non vorremmo fare; “la noia non noiosa è una scelta”, come nella musica minimalista.

I temi sollevati e affrontati da Goldsmith non sono di poco conto e si rincorrono da sempre. Che cosa fa della poesia poesia, che ne è dell’identità, della creatività, del linguaggio, qui, ora, nell’era digitale, sotto la costante pressione del contesto. Certo, questo comporta i suoi rischi. Alla possibilità di cambiare e scambiare identità a volontà un lettore obietta che questo discorso sarà valido per un americano bianco, adulto, maschio, di classe media, ma non per chi – per esempio un afro-americano – è continuamente riportato alla sua identità dal colore della pelle.  E possiamo anche essere disposti a tentare di leggere le 836 pagine di Day, che è la trascrizione integrale, dalla prima pagina all’ultima, senza distinzione tra articoli, pubblicità e bollettini di borsa, del New York Times del 1 settembre 2000. O Traffic, che è la registrazione di ventiquattro ore di trasmissioni sul traffico di New York, il primo giorno di una settimana di vacanze. Pure, alla fine, non si può fare a meno di porsi la stessa domanda di un recensore della rivista The New Yorker: Kenneth Goldsmitheleva a poesia “l’atto del copiare, ma non si è spinto troppo oltre?”

Kenneth Goldsmith (nato nel 1961), poeta e critico, curatore di UbuWeb, insegna alla University of Pennsylvania. Ha condotto una trasmissione settimanale alla più antica radio indipendente americana WFMU di Jersey City, dal 1995 al 2010. Ha pubblicato più di dieci libri di poesia e saggi, tra cui Fidget (2000), Soliloquy (2001), Day (2003), e la trilogia americana The Weather (2005), Traffic (2007), e Sports (2008). Nel 2013 è stato nominato ‘Poet Laureate’ dal Museum of Modern Art.

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