La sensazione di tornare a casa è un po’ quello che si prova quando si intraprende la lettura dei romanzi di Kate Morton. L’autrice, che ad oggi vive tra Londra e l’Australia, ha conquistato i lettori di tutto il mondo con Il giardino dei segreti (Sperling & Kupfer), e ha sempre scelto di raccontare personaggi femminili forti con un passato segnato da un trauma ma sempre con il coraggio di rialzarsi. Tra piani temporali alternati e ambientazioni affascinanti non si può che restare impressionati dal racconto, tanto da divorarlo sempre in qualche ora. Sempre, o quasi. Stavolta il ritorno a casa del lettore è un treno fermo in stazione che stenta a partire, fino al punto da rischiare di abbandonare il romanzo. Posto che entrare nel meccanismo narrativo sia talvolta complicato, soprattutto nei romanzi di Morton in cui la carne sul fuoco di certo non manca, una volta superate le prime centocinquanta pagine, la storia mette il turbo e catapulta il lettore in un vortice di fatti, scoperte e personaggi come sulle montagne russe fino all’esplosivo giro finale della giostra.
È innegabile quanto questo tipo di architettura narrativa sia la comfort zone dell’autrice che nemmeno stavolta – e a ragione, poiché è la sua cifra stilistica – abbandona la strada conosciuta per avventurarsi in qualcosa di nuovo, decidendo di intrattenere i lettori con un romanzo nel romanzo. Ma facciamo un po’ di chiarezza. Il libro racconta tre generazioni di donne che in un paesino sperduto dell’Australia meridionale cercano di scoprire la verità su un terribile omicidio rimasto irrisolto. Mrs Turner e i suoi figli vengono ritrovati senza vita la vigilia di Natale del 1959, i resti della neonata Thea vengono ritrovati vent’anni dopo e tra diari segreti con pagine strappate, bozze di un romanzo “true crime” e segreti di famiglia, i colpi di scena riaccendono le scintille sopite all’inizio del romanzo, quando incontriamo i primi personaggi.
Per oltre cinquecento pagine di romanzo alcune descrizioni prolisse e scene di famiglia risultano superficiali e inutili alla funzionalità della trama, così come alcuni personaggi sembrano un po’ deboli, mentre quello che tiene acceso il fuoco della curiosità è senz’altro il numero di domande senza risposta intorno all’omicidio che poi è il cuore del racconto. Sono pagine in cui sono palesi un inno alla maternità, e una passione per le vecchie dimore con un bagaglio di storie e misteri al cui fascino è impossibile sfuggire, ma è altrettanto evidente che un editing più deciso con un taglio netto di parecchie pagine avrebbe sfoltito e alleggerito la narrazione. Se si riescono a superare questi piccoli difetti il ritorno a casa di Morton è da accogliere calorosamente, in attesa della prossima avventura australiana che chissà in quale epoca storica ci trasporterà.