Kashmir Hill / Un’indagine su cosa sanno le macchine

Kashmir Hill, La tua faccia ci appartiene, tr. di Vittoria Parodi, Orville Press, pp. 387, euro 26,00 stampa, euro 12,99 epub

Sconfinamenti digitali e sconfinamenti legali, insieme nella stessa equazione, accumulano quantità di dipendenze, tossine sociali, politiche dirompenti quanto reazionarie, e un cumulo di fanatismi informatici verso cui i servizi di intelligence rivolgono sguardi concupiscenti. Siamo tutti immersi in una bolla dove l’immagine delle nostre facce non ha nemmeno bisogno di essere venduta, semplicemente viene immessa da una oscura startup, Clearview AI, in un’immensa nuvola dove ogni scatto è relazionato a milioni di altri, creando un pulviscolo di identità usate per conto di non si sa chi. Sembra che sia stata creata una nuova valuta al fianco delle ufficiali, non meno oscura di queste, su cui ognuno discute infarcendo i propri discorsi, pubblici o occulti, di passaggi matematici fortificati e giustificazioni sensoriali, al limite dell’esoterismo, che nemmeno Tolkien osava.

Kashmir Hill, reporter di punta del “New York Times” (ha lavorato per “Washington Post” e “New Yorker”) per questioni legate alla tecnologia e alla privacy, in questo labirintico volume esplora il mondo della Valley con i metodi del giornalismo d’indagine storico, quello che ha prodotto occasioni di crescita non indifferenti nei decenni passati. Cosa succede nelle oscure trame produttive delle startup? Certi fanatici futuristi in realtà installano impalcature sempre più invasive e parassitarie. A Hill nel 2019 arriva una dritta parecchio clamorosa: una società di cui nessuno sapeva nulla poteva identificare qualunque persona partendo da una sola fotografia. Tutte le occasioni in cui un soggetto si ritrova dentro internet vengono scandagliate da Clearview AI e le sue occorrenze possono essere vendute a qualsiasi superpotere, polizia compresa. Come è possibile? Se lo chiede la giornalista ripensando a Minority Report, film clamoroso di Spielberg uscito nel 2002 e ispirato all’omonimo racconto di Philip K. Dick. Il riconoscimento facciale sembrava cosa ancora alquanto primitiva a quel tempo, mentre questa startup pretendeva ben altro: una accuratezza del 98,6 per cento, oltre a un repertorio di immagini sterminato. Un day after digitale? Forse. E qualcosa di più inquietante.

L’erosione verso la privacy si trasforma, dunque, in un vero e proprio attacco. Google, Apple, Facebook e compagnia bella sembrano diventare risorse pressoché rudimentali in questo nuovo ordine di cose. Hill, che da un pezzo si occupava di simili questioni inizia a ricercare, a immergersi in una realtà labirintica dove un tipo inafferrabile (il cattivo di ogni thriller), Ton-That, capelli lunghissimi e giacche rosa, sta costruendo un oggetto capace di cose magiche e pericolose come nel mondo di Harry Potter. Mezzo australiano, mezzo vietnamita, asseconda la propria curiosità fino all’estremo, parte dall’elettricità e giunge attraverso impagabili step a ordinare l’immenso numero di dati che la rete gli regala. Una follia di dati che arriva al ciuffo di Trump, a effetti shakerati difficili da digerire. Un’estensione di fatti e relazioni riversati da Hill nel suo libro dandogli una complessità (d’indagine e di concentrazione psichica) che i maestri dell’hard boiled si sognavano. Quasi 400 pagine, fra relazioni e note, di agganci, brividi, arresti indiscriminati, errori plateali della polizia, in cui nessuno sa bene cosa sta facendo, macchine comprese: una pazza corsa alla faccia che dura da diversi anni. Fonti e storie personali si incrociano grazie al metodo magistrale con cui Hill è riuscita a dimostrare quanto siano pericolosi i tempi correnti, e quanto poco si sappia sulla vera realtà quotidiana di miliardi di persone osservati da quel “grande fratello” che tengono sempre presso di sé. Nemmeno fosse davvero un parente. La conclusione, inevitabile? Il cattivo Thon-That, scoperchiato dalla scrittrice giornalista, fiero di poter convincere tutti quanti che “alla fin fine, la nostra faccia non appartiene solo a noi”.

Kashmir Hill, di questo “shock del futuro” e molto altro, parlerà a Milano martedì 6 febbraio, ore 17.30 all’Università Cattolica (insieme a Giuseppe Riva e Massimo Sideri), e a Torino giovedì 8 febbraio, ore 18.30 al Circolo dei Lettori (insieme a Gabriele Beccaria).