La lettura di questo imponente libro mi ha fatto riflettere su quanto sia cambiata l’editoria italiana, sia su impulso dei lettori che in ossequio, forse, a una nuova filologia. Sino a venti, trenta anni fa era consuetudine, soprattutto nella letteratura di genere e nelle pubblicazioni periodiche da edicola, di mandare in stampa traduzioni stravolte, praticare tagli indiscriminati per ridurre le dimensioni dei volumi, ignorare i titoli originali – una serie di pratiche che stravolgevano il senso del testo. Sembra che adesso tutto sia cambiato. Mi auguro che questo sia avvenuto su richiesta dei lettori, i lettori di un tempo, intendo, che a loro volta sono oggi divenuti editori e non tollerano più simili abusi letterari.
Questo imponente volume è la prima traduzione in un’altra lingua di Women and Men dell’americano Joseph McElroy, colossale prova narrativa pubblicata negli USA a metà anni Ottanta – in due volumi, vista la mole. Per comprendere cosa significa questa scelta del Saggiatore, occorre sapere che Donne e uomini è la più lunga opera di fiction mai scritta da un autore statunitense, e tra i romanzi più lunghi di tutta la letteratura mondiale.
Per i curiosi: le opere più corpose di questa particolare classifica sono di pubblicazione tutto sommato recente, scritte da autori indiani, e appartengono alla letteratura in lingua urdu (Devtā, 2010, di Mohiuddin Nawab), giapponese (Tokugawa Yeyasu, 1950-1967, di Yamaoka Sōhachi) e tamil (Veṇmuracu, 2020, di Bahuleyan Jeyamohan).
Donne e uomini è una pietra miliare del postmoderno americano; o meglio, lo sarebbe, se fosse più conosciuto all’estero. Non è che sia il classico “capolavoro sconosciuto”, ma la sua diffusione tra i lettori di altri continenti è ostacolata dalla mole, e dalla lingua.
La consapevolezza nell’affrontare questo romanzo aumenta il piacere della lettura. Va intrapresa come un’esperienza, non come un passatempo, sapendo che si va incontro a frustrazione, fastidio, scoramento – ma anche a lunghi episodi di meraviglia, di intenso piacere intellettuale, persino di poesia (e scusate la parolaccia).
Una veloce panoramica sulla struttura. Chiave di comprensione della lettura è l’indice, perché è dal titolo dei capitoli che si desume cosa ci aspetta:
1 – I dieci capitoli i cui titoli sono scritti in caratteri normali, con maiuscole e minuscole, compongono la trama vera e propria: un intreccio complesso e vasto, che spazia su un lungo arco di tempo tra il 1834 e il 1977. Negli ultimi due anni si può identificare il “presente” della narrazione, ammesso che ciò abbia senso per una trama così complessa. Frequenti sono i riferimenti e i collegamenti con gli altri capitoli, come pure le incursioni in un futuro descritto in termini fantascientifici; in particolare, frequenti sono le anticipazioni di un avvenire in cui l’esplorazione dello spazio avviene tramite teletrasporto istantaneo, utilizzato per inviare due persone di sesso diverso ai punti di librazione Terra-Luna, dove si fondono in un solo organismo.
2 – I nove lunghi capitoli i cui titoli sono completamente in lettere maiuscole, sono scritti con un punto di vista omnisciente, e piuttosto complessi da leggere perché contengono frasi lunghe, e frequenti divagazioni tematiche e grammaticali, parentetiche e lunghi anacoluti; inoltre spesso McElroy omette di nominare i personaggi, così che solo dopo la metà del romanzo si riesce a dare un nome e a connettere alcuni episodi. Il narratore in questi capitoli è in genere una seconda persona singolare, e da qualche accenno si desume che a parlare siano degli “angeli” durante sessioni di interrogatorio/tortura.
3 – I tredici capitoli il cui titolo è scritto completamente in lettere minuscole, senza la maiuscola all’inizio, possono essere letti indipendentemente dal testo principale: si tratta di racconti che hanno come protagonisti alcuni personaggi del romanzo, ma sono storie in un certo senso “laterali”, divagazioni. Alcuni sono racconti auto-conclusi, editi altrove come indipendenti: per esempio il suono misterioso (Fiction, 1978), il messaggio per quel che valeva (Antaeus 1983) e figlia della rivoluzione (Antaeus, 1984)
Un’architettura articolata e eterogenea, dunque, con diversi gradi di difficoltà di lettura, alla quale ci si abitua strada facendo. Il nucleo della narrazione nel tempo presente (1976-77) ha come protagonista il giornalista James Mayn, che abita in un palazzo di New York nel quale vive anche una donna, come lui divorziata: Grace Kimball, che ha qualche quarto di sangue nativo americano. Sebbene durante la narrazione i due non si incontrino mai, conoscono e frequentano praticamente le stesse persone. Inoltre, l’intensa attività onirica di Grace sembra ricalcare l’idea che James Mayn si è fatto della vita della propria nonna Margaret, che visse avventure inconsuete per una donna del suo tempo. Al contrario, Mayn afferma di non sognare, e questo sino alle ultime pagine, mentre spesso i sogni di Grace sono descritti nel testo.
Sullo sfondo rimangono alcuni eventi significativi della storia non solo americana dell’ultimo secolo: l’esposizione colombiana di Chicago del 1893, la protesta dei disoccupati che nel 1894 marciarono su Washington, la Guerra fredda, il colpo di stato della Cia in Cile, la corsa alla Luna.
Nella sua recensione su La Lettura, Vanni Santoni si domanda quale possa essere il lettore o la lettrice cui è destinato Donne e uomini. Chi dovrebbe leggerlo? Chi può apprezzarlo? “Può essere consigliato senza batter ciglio a chi ha amato L’arcobaleno della gravità di Thomas Pynchon, Underworld di Don DeLillo o Infinite Jest di David Foster Wallace, ma a chi non li ha ancora letti, e intende accostarsi a quel tipo di testi, difficilmente si consiglierebbe Donne e uomini: si consiglierebbe proprio L’arcobaleno della gravità, Underworld o Infinite Jest.” Questo per dire che il romanzo di McElroy ha una difficoltà ulteriore rispetto agli altri grandi testi del postmoderno americano – ma a questo ulteriore grado di separazione, diciamo così, corrisponde un surplus di piacere nella lettura, un livello di significato in più?
Difficile dare una risposta. Per quante volte mi sono smarrito nei meandri della lettura, perplesso, incapace di comprendere il contesto, altrettante volte mi sono lasciato andare alla delizia di pagine squisite, soprattutto quelle che raccontano momenti a due, situazioni private, intime anche; ammirato, sospeso in quella incredulità che ti fa vivere all’interno della storia e ti lascia il rimpianto che non sia vero ciò che leggi, quella nostalgia di cose mai vissute che è la vera retribuzione del grande lettore seriale.