John Wyndham / I trifidi ancora fra noi…

John Wyndham, Il giorno dei trifidi, tr. di Marisa Bulgheroni, Neri Pozza, pp. 314, euro 18,00 stampa, euro 8,99 epub

Curioso come un romanzo che nasce in Gran Bretagna nel 1951 per mano di John Wyndham Parkes Lucas Beynon Harris (classe 1903), letto oggi risulti come un’analisi terribilmente attuale del mondo contemporaneo. Forse davvero come suggerisce il prefatore Fabio Genovesi “ci sono anime come quella di Wyndham in grado di avvertire i pericoli prima degli altri”, anime dotate di una sensibilità che consente loro una lettura della società in profondità. Mancata la carriera in avvocatura, Wyndham ci prova con la scrittura e nel 1931 il racconto Worlds to Barter viene pubblicato su una rivista statunitense, a cui fecero seguito Le onde del Sahara o Il popolo segreto (1935), Avventura su Marte (1936) e I sopravvissuti di Marte (1938), di stampo più fantastico e avventuroso rispetto ad incursioni iniziali nel poliziesco.

Dopo una doverosa pausa durante la seconda guerra mondiale in cui Wyndham ricopre la carica di caporale dei Royal Signal Corps, a partire dal 1951 l’autore pubblica i suoi romanzi più noti, Il giorno dei trifidi, Il risveglio dell’abisso, I trasfigurati e I figli dell’invasione in cui si denota un taglio decisamente fantascientifico con ambientazione post-apocalittica. Dobbiamo tener presente il contesto storico in cui Wyndham dà alle stampe i suoi successi principali, in particolare Il giorno dei trifidi considerato tra le opere fondative della fantascienza nella sua epoca d’oro. Vive in prima persona la guerra e gli strascichi della guerra fredda con sperimentazione biologica, a riprova dell’inesauribile arroganza dell’uomo che si scontra poi con il potere della natura. Da questa perla di letteratura perduta negli anni e ripescata dalla lungimirante Neri Pozza vengono tratte svariate trasposizioni: The day of triffids arrivato in Italia come L’invasione dei mostri verdi, film del 1963 diretto da Steve Sekely e interpretato da Howard Keel e Nicole Maurey, una miniserie televisiva da sei puntate del 1981 con una sceneggiatura molto fedele al romanzo prodotta dalla BBC, che realizza anche un nuovo adattamento nel 2009 su sceneggiatura di Patrick Harbinson (E.R – Medici in prima linea e Law&Order), infine Il tempo dei trifidi uno sceneggiato audio a puntate su RadioDue degli anni settanta, anche questo molto fedele al romanzo.

Nel 2001 lo scrittore horror Simon Clark realizza invece The night of the triffids con l’autorizzazione degli eredi di Wyndham, un seguito ambientato venticinque anni dopo il primo. Rispetto al romanzo, caratterizzato da una scrittura elegante, totalmente priva di turpiloquio e con continui spunti di riflessione, discorsi filosofici e che indagano l’animo umano in profondità, insomma una vera chicca per gli appassionati, la versione in film di Sekely del ’63 che qui analizziamo è deludente in termini di scrittura. In breve nel romanzo la scena si apre con un incipit da far invidia persino al miglior Stephen King, in un ospedale dove il biologo inglese Bill Masen attende con impazienza di essere sbendato dopo aver subito un attacco da parte dei trifidi. Occorre però spiegare l’antefatto. In un futuro – che potrebbe essere dietro l’angolo – è necessario cambiare tipologia di alimentazione e le imprese sempre alla ricerca di nuove risorse da poter sfruttare per massimizzare gli introiti, trovano un tesoro proprio nei trifidi, stranissime piante in grado di produrre un olio di qualità superiore a ogni altro. Dopo anni di studio e coltivazione di questa nuova specie gli scienziati hanno compreso che queste piante carnivore, dimostrano una sorta di intelligenza e percepiscono i movimenti attraverso il riverbero sul terreno, avvicinandosi alla preda per poi trafiggerla con dei particolari filamenti che secernono veleno mortale. A questo punto il nostro biologo si trova in ospedale ancora vivo nonostante la ferita inflitta dai trifidi perché già abituato in passato al loro contatto mentre nel film non è chiara la causa della ferita di Masen che non è un biologo studioso ed esperto di trifidi bensì inspiegabilmente un marinaio. Punto in comune invece, una serie di scie luminose che attraversano il cielo e che affascinano coloro che osservano lo spettacolo rendendolo cieco.

Un nuovo mondo si apre agli esseri umani che dovranno imparare a cavarsela senza l’ausilio di uno dei sensi più importanti per noi. Nel film tuttavia non abbiamo una vera spiegazione della loro presenza sul pianeta, le vicende della fuga di Masen in Spagna si alternano a quelle di due scienziati chiusi in un faro che cercano di capire come sconfiggere queste piante apparse per caso da un meteorite, e che lentamente prendono possesso del nostro pianeta uccidendo persone. La trovata della soluzione per eliminare le piante poi è banale e scientificamente inconsistente, pensata solo per ottenere l’happy ending dal risvolto narrativo fin troppo conciliante che nella fanta-ecologia appare del tutto fuori posto.

Lo spettatore a digiuno della lettura del romanzo potrà forse trovare bizzarra la sceneggiatura del film ma tutto sommato gradire la visione, mentre chi conosce il testo originale da cui tutto trae ispirazione si sentirà probabilmente tradito. Le idee suggerite da Wyndham costruiscono infatti una trama praticamente perfetta in quanto a logica, cronologia, dettagli scientifici e geopolitici, riscontro che non si ritrova sul grande schermo, che quindi banalizza e svilisce il romanzo. Un’occasione perduta per regalare una versione fedele di un piccolo capolavoro letterario, un’ingenuità forse dovuta al contesto storico in cui questo film viene distribuito. Le pellicole concorrenti offrivano una storia avvincente, di facile comprensione per un vasto pubblico, senza troppi tecnicismi, ma con azione, uno sfondo post-nucleare, e per gli appassionati del genere anche un nemico alieno. Lo scontro al botteghino avveniva infatti con King Kong contro Godzilla di Ishiro Honda, Il signore delle mosche di Peter Brook, Assedio alla Terra di John Krish, e These are the damned di Joseph Losey, giusto per citare qualche titolo. Dal ’63 all’81 – ossia dal primo adattamento cinematografico alla seconda trasposizione televisiva della BBC – non trascorre molto tempo ma la differenza delle due versioni è forse data dal nostro essere impreparati ad affrontare e apprezzare appieno un romanzo che tratta tematiche ambientali. In tempi più recenti è evidente un approccio diverso e più rispettoso. Sono temi che sentiamo più vicini? Forse è così. Sia come sia, in questo caso come si dice?  Il libro è meglio del film.