Jo Ann Beard / In un luogo di equilibrio

Jo Ann Beard, Le forze della terra, tr. di Milena Zemira Ciccimarra, Orville Press / Garzanti, pp. 279, euro 18,00 stampa

La Frontiera americana ha ancora le sue eroine. Escono presto dalle loro case di legno o dai prefabbricati dove scienziati amici studiano le particelle e gli stati della materia del cosmo. Escono e si ritrovano, capelli sciolti e pelle bruna, sulle Routes vecchie e nuove, in percorsi che non finiscono mai e amati da assassini e coyote, o semplicemente da coloro che voglio testare auto di grande cilindrata, in barba all’elettrico e in barba al filante design orientale (che comprende anche l’Europa).

Jo Ann Beard, nata in Illinois, nelle dodici “canzoni narrative” uscite nel 1998 (tradotte valorosamente, come sempre, da Milena Zemira Ciccimarra per Orville Press, progetto ideato da Matteo Codignola, protagonista dell’editoria, seguendo la sua volontà di mettere a disposizione “libri fatti bene e utili”) racconta e indaga i fatti personali, i ricordi, e gli incroci col mondo a cui ripetutamente si rivolge attraverso familiari, amiche, cani, oggetti come bambolotti e sigarette, e fumi di vario genere. Il mondo sembra osservare Jo fin da quando, molto piccola, si ritrova dietro le sbarre di una culla e gli unici veri rapporti sono con il bambolotto Hal. Se i genitori glielo tolgono, piange a dirotto, e loro non capiscono il perché. Da lì in poi Jo non smetterà più di chiedersi se valga la pena di esistere nel mondo.

In I ragazzi della mia giovinezza (questo il titolo originale del libro) esiste un buco nero intorno al quale ruotano satelliti che cercano di sfuggire a quel gorgo la cui funzione è quella di attrarli sempre di più verso di sé e annientarli definitivamente. Quel gorgo micidiale è rappresentato dal racconto d’esordio di Beard, Il quarto stato della materia, all’epoca rifiutato da gran parte degli editori e infine pubblicato dal “New Yorker”, e divenendo ben presto materia di leggenda. I satelliti sono gli undici racconti che espongono fatti minimali sul punto di trasformarsi in epica, slanci di giovinette (Jo Ann in primis) e indagini di adulti verso ciò che ci circonda. In definitiva, di quali materia siamo fatti. E nel Quarto stato della materia un gruppo di scienziati dello Iowa si ritrova di fronte al proprio destino mentre discutono sulla fisica del plasma e la Via Lattea lassù decide di farla finita. La forza oscura che difende il pianeta da minacce cosmiche non riesce a difenderci dalle forze psichiche umane, e tutto finisce lì. Jo Ann, testimone dei fatti, mette al centro del suo libro la ricostruzione di quanto accaduto.

I ricordi prevarbali di Jo Ann, mischiati ai ricordi dell’età adulta, si stemperano spesso nella sublimità del paesaggio sotto le stelle, talmente vasto da contenere tutto, sentimenti e giornate oziose, giochi semplici e complessi di fanciulle in fiore, e il respiro affannato del coyote intento a ripulirsi del rosso sulle zampe, resto di un pasto quotidiano. Dopo, affonda in trance mentre l’altra metà del cervello è in allerta. Tutto intorno le creature strisciano e si muovono: è il deserto, e gli umani non possono che meravigliarsi di ogni istante che passa rasentando il pericolo. Sempre imminente e meraviglioso oltre la tenda. In Coyote, il racconto più immaginifico e splendido del libro, la coppia di viaggiatori viene annusata dalla bestia, mentre loro danno nomi alle costellazioni sovrastanti, li sussurrano, e non capiscono quanto accade lì fuori. Il coyote corre, cerca di raggiungere gli altri. I viaggiatori si addormentano. E tutto intorno, come il lettore presto s’accorge, la terra dispiega nelle menti umane la propria influenza.