Jeanne Benameur / Le ferite riparate

Jeanne Benameur, La pazienza delle tracce, tr. di Silvia Manfredo, edizioni e/o, pp.175, euro 17,50 stampa, euro 11,99 epub

«Se capisse ciò che sta dicendo Daisuke, saprebbe che tutto si ripara. Che non bisogna tentare di camuffare la riparazione. Anzi, bisogna ricoprirla di lacca dorata. È una fortuna poter ridare vita a ciò che era votato all’annientamento. L’impronta dell’incrinatura va marcata. Mostrata. È la nuova vita che comincia».

Siamo nel XV secolo sotto lo shogunato di Ashikaga Yoshimasa, quando il samurai invia in Cina una ciotola rotta a lui molto cara affinché venga riparata. Gli viene restituita con orrendi punti metallici e anche se la ciotola può essere riutilizzata, resta deturpata. Il samurai chiede dunque ai suoi artigiani più abili di restituirle l’originaria bellezza: nasce così l’arte del kintsugi (kin oro e tsugi giuntura) o kintsukuroi che dona una nuova vita agli oggetti rotti rendendoli unici.

È un viaggio introspettivo quello che affronta Simon in queste pagine, dopo una carriera da psicoanalista trascorsa ad ascoltare le vite degli altri nel suo studio – bizzarro che si chiami Lhumain, l’umano –, una presenza finalmente necessaria e preziosa per qualcuno, mettendo in secondo piano la propria esistenza. Una ciotola rotta dà inizio a una serie di riflessioni che porteranno Simon ad abbandonare la professione, a prendersi del tempo per sé intraprendendo non solo un viaggio metaforico nel passato per cercare di ripararlo, ma anche reale verso una destinazione esotica e lontana per estraniarsi completamente.

Su un’isoletta giapponese, minuscola e semisconosciuta, grazie all’incontro con Akiko e suo marito Daisuke, gestori del piccolo b&b in cui Simon si rifugia per qualche tempo, avrà modo di fronteggiare il proprio passato e quelle crepe che in lui hanno lasciato un solco di sofferenza taciuta troppo a lungo. I due coniugi gli mostreranno, attraverso lunghe conversazioni, momenti di silenzio e gesti compiuti, come il tempo abbia un valore inestimabile, come le persone abbiano un peso nelle nostre vite, e di come le ferite che quelle persone a noi care ci hanno inflitto possano essere riempite di oro, riparate e caricate di nuovo significato.

L’autrice, attraverso lo stratagemma di concetti brevi ed efficaci, espressi sulla pagina come periodi concisi simili a un flusso di coscienza continuo, accarezza il lettore dal principio alla fine, accompagnandolo anche nei momenti più significativi del romanzo, e mantenendo sempre alto il livello di empatia con il protagonista. Simon in fondo rappresenta ognuno di noi: come il samurai della leggenda, risvegliato alla luce della verità, vuole ottenere risposte e risultati.