In una Londra degli inizi del Ventesimo secolo, la giovane Anna cerca di adattarsi e sopravvivere in un mondo che non è fatto per lei, una giovane ballerina, ingenua e soprattutto una straniera, estranea ai modi ingannevolmente gentili di una città brutale.
Anna viene infatti dalle Indie Occidentali, fonte calda e colorata dei ricordi di un passato migliore, in netto contrasto con la grigia e fredda città. Pur indolente di carattere, Anna odia Londra: odia il freddo che penetra nelle ossa, le case tutte uguali, le povere stanze bigie e poco riscaldate, le difficoltà economiche di una ballerina in erba, le amicizie miste a risentimento e sospetto, i non detti fra le righe.
È dal parallelo fra i due ambienti che cominciano a riemergere i ricordi di ciò che ha portato Anna a Londra. Dalla gioiosa infanzia e dalla nostalgia riemergono i primi frammenti della memoria: i colori forti, il sole potente, l’atmosfera calda e appiccicosa come il miele fanno da cornice a immagini di un padre affettuoso, impulsivo e pieno di vizi, e una matrigna inglese, critica e fredda, che alla morte del padre manda Anna a Londra per “civilizzarla”. È anche la disperata nostalgia per ciò che ha perso che spinge Anna verso l’amore, ma in una società di cui capisce poco e in cui l’amore può essere l’ancora di salvezza e un pericoloso rischio al tempo stesso. E l’amore di Anna si concretizza nella persona di Walter, un uomo conosciuto quasi per caso assieme a un’amica. Walter, taciturno e introverso, diventa presto il centro di una nuova vita, con nuove gioie e nuove insidie.
Il romanzo è narrato da Anna in prima persona, e passato e presente interagiscono per formare un quadro di grande contrasto. La voce narrante è nitidissima, e conferma l’impressionante capacità di Jean Rhys di dare la vita a narratrici complesse e difficili, di portare i lettori in un viaggio in una psiche al limite dell’equilibrio, passiva, indifferente e allo stesso tempo lacerata fra due mondi. Il netto contrasto fra i due realtà è un leitmotiv dell’opera di Jean Rhys, che visse questo contrasto in prima persona. Quello che è invece sorprendente è l’incredibile modernità di questo romanzo, scritto nel 1934, che contiene però elementi contemporanei sia nelle tematiche che nello stile: la condizione della donna, soprattutto nei ceti più bassi, in balia di uomini e fattori economici-sociali; la supremazia culturale e l’imperialismo, il sottile filo che passa fra sensibilità e malattia mentale; la narrazione in prima persona, quasi senza transizioni, in cui è la voce più che gli eventi a essere al centro del romanzo.
Sono queste le principali caratteristiche di uno dei primi romanzi di Jean Rhys, un’autrice troppo poco conosciuta in Italia, caratteristiche che confermerà nel suo romanzo più noto quasi venti dopo. Il grande mare dei Sargassi anch’esso edito da Adelphi in Italia nel 2013, è un romanzo talmente moderno da sembrare contemporaneo più di mezzo secolo più tardi. In esso, Jean Rhys rielabora in chiave quasi post-moderna la storia di Bertha Mason, la pazza nel sottotetto moglie di Rochester in Jane Eyre di Charlotte Brontë, un commento sociale e artistico alla società vittoriana. Viaggio nel buio, pur con riferimenti culturali più velati, contiene la stessa forza e la stessa originale e moderna vena artistica.