Due giganti del fantastico francofono, Jean Ray (1887-1964) e Thomas Owen (1910- 2002), così simili eppure così diversi: il maestro Ray e il discepolo Owen, ognuno con le sue specificità anche dissonanti ma comunque strettamente legati fin nelle differenze, un po’ come H.P. Lovecraft e Fritz Leiber. Anche loro in intimo rapporto di amicizia e collaborazione: Ray sarà l’anfitrione del più giovane Owen e scriverà l’introduzione ad alcune sue raccolte di testi, Owen ricambierà facendo di Ray il protagonista di una delle sue migliori storie, Au cimetière de Bernkastel (inclusa in Cerimoniale notturno, Agenzia Alcatraz 2021).
La collana Bizarre di Agenzia Alcatraz, sotto la direzione di Max Baroni, continua con questi due istrionici letterati la traduzione dei maggiori titoli della Marabout Fantastique, diretta tra il 1969 e il 1977 dal critico belga Jean-Baptiste Baronian, e caratterizzata, tra l’altro, dalle mirabili copertine – surreali e macabre – di Henri Lievens, corrispettivo belga dell’olandese Karel Thole, il maggiore illustratore di Urania, la nostra più gloriosa collana di fantascienza.
Gli ultimi titoli pubblicati, oltre a riproporre, per la prima volta in versione integrale, un classico del gotico francese, Il signore dei lupi, di Alexandre Dumas, presentano rispettivamente La cantina dei rospi, di Owen e La giostra del maleficio di Ray. Un’opera relativamente giovanile, pubblicata per la prima volta nel 1945, nel caso di Owen, e una molto tarda in quello di Ray, uscita l’anno stesso della sua morte, il 1964. Non si tratta, nell’un caso come nell’altro, delle raccolte migliori dei due autori – non ci si troveranno capolavori come quelli antologizzati in 25 histoires noires et fantastiques di Ray o in Le Livre noir des merveilles di Owen – ma sono entrambe significative e ricche di racconti che ben esemplificano il magistrale artigianato dei due scrittori nel campo della narrativa weird: termine oggi fin troppo di moda, ma in questo caso più adatto che horror per definire l’essenza delle due antologie. Infatti il cosmic horror o il terrore psicologico delle storie migliori di Ray e di Owen, qui si stempera in toni più variegati e meno intensi che passano, nel caso di Owen, dall’erotismo sottile della storia di vampiri Il pericolo (la migliore del libro), alla metafora crudele di Padre e figlia, all’umorismo nero da fiaba macabra di Il testamento del signor Breggins (la meno interessante); e in quello di Ray, dall’esistenzialismo nero di Teste di luna e di Croquemitaine non esiste più (le due storie migliori), al soprannaturale “scientifico” di Matematica superiore o Il tesseratto, al dark-fantasy avventuroso del lungo Il formidabile segreto del polo.
Oltre alla fascinazione stilistica raffinata e raramente orientata al pulp (più spesso in Ray, quasi mai in Owen), oltre al guizzo surrealista, che accomunano strettamente i due scrittori, si rilevano anche notevoli differenze: Ray è profondamente radicato nei luoghi che descrive – siano le sonnacchiose città portuali del nativo Belgio o i quartieri di una Londra apparentemente assai ben conosciuta – e sempre attento ai personaggi che delinea (aridi borghesi spilorci nei casi più riusciti), contiguo quindi a un realismo fantastico che metta in luce il contesto senza trascurare impliciti tratti di critica sociale; Owen è invece più centrato sul fenomeno descritto che sullo scenario, di solito evanescente e onirico: luoghi imprecisati che potrebbero essere ovunque o immaginarie plaghe dell’Europa dell’est, balcaniche, russe o polacche, dai nomi slavi, personaggi meno caratterizzati e riconoscibili e più metaforici. Sanguigno Ray, languido Owen; sarcastico Ray, allegorico Owen; esauriente Ray, laconico Owen. Due polarità non necessariamente opposte ma ben distinte. E due autori che, ognuno a suo modo, si pongono al centro della corrente carsica del fantastico in Belgio, piccolo paese ricco di una doppia cultura, francese e fiamminga, e cerniera tra l’Inghilterra e il continente, posizione privilegiata che gli ha assicurato, pur nel suo essere periferico rispetto ai centri della cultura europea, un ruolo fondamentale nella sua elaborazione di un fantastique autoctono e autonomo: la grande tradizione simbolista nelle arti figurative (Rops, Ensor, Khnopff, Delville), ma anche letteraria (quel piccolo capolavoro decadente e macabro che è Bruges la morta di Georges Rodenbach o le opere di Maurice Maeterlinck); poi il surrealismo (Magritte e Delvaux su tutti); infine la narrativa horror e weird più recente, oltre a Ray e Owen anche il non meno significativo Gérard Prévot (1921-1975), che di nuovo la Bizarre di Agenzia Alcatraz ci ha fatto scoprire.
Ci auguriamo di percorrere ancora fino in fondo questo affascinante viaggio in territori inesplorati – decine di volumi da tradurre, di Jean Ray, di Thomas Owen, di Gérard Prévot, e di molti altri – sempre e risolutamente guidati da Max Baroni e dall’Agenzia Alcatraz.