Jasper  Fforde: il sabotatore

Mr Fforde e Michael Banks

Chi abbia visto Mary Poppins (il film del 1964, con Julie Andrews e Dick Van Dyke per regia di Robert Stevenson) ricorderà la scena in cui il bambino Michael Banks riesce a far crollare, contemporaneamente, la reputazione della Banca d’Inghilterra e quella del proprio padre, impeccabile funzionario della suddetta istituzione. Leggendo la biografia di Jasper Fforde viene spontaneo ripensare a quella piccola (catartica) catastrofe; figlio di un alto dirigente della Banca d’Inghilterra, Jasper, lungi dal ricalcare le orme paterne, sceglie infatti di fuggire, fin da giovanissimo, nel mondo del cinema (chissà cosa avrà pensato il babbo?) quasi a realizzare le aspirazioni dei fratellini Banks, quando, grazie ai poteri della Tata, “entrano” nei riquadri a gessetto dipinti sul marciapiedi inverando le storie che vi sono disegnate.  Eppure.

Oggi Jasper Fforde assomiglia più al leggendario Bert (Van Dyke) che a Micheal Banks. Figura elettrica e sguardo capace di promettere patafisiche infrazioni,  incontrandolo al festival di Strani Mondi, confida ai lettori che: no, non è nel cinema che ha incontrato la possibilità di “entrare nelle storie” (quella del cinema è una macchina lenta per chi non ne sia mero spettatore) ma nella narrativa, luogo più empatico che consente un approccio più intimo con i personaggi.

E Fforde nelle “storie” ci è entrato con entrambi i piedi: un bel salto ed ecco che l’Universo della Letteratura è diventato “vero”. Vero e capace di interagire con l’universo ucronico in cui vive Thursday Next, detective letteraria e protagonista del ciclo che prende il suo nome. Un mondo obliquamente simile al nostro quello di Thursday (perlomeno quanto a vizi) ma anche assai distante, fosse solo perché lì le opere letterarie hanno un valore inestimabile e la gente è capace di spararsi nei giorni dei saldi in libreria.

Poco chiaro, vero? Mica facile spiegare gli universi dell’indomita Thursday. Ma prima di spiegare di cosa parliamo sarà bene chiarire di cosa non parliamo.

Il volumi del ciclo di T. Next

1) Non sono distopie. Nel mondo di Thursday (popolato da multinazionali superpotenti, manipolazioni genetiche che producono Neandethal sterili allo scopo di sottometterli ai lavori servili, corpi di polizia addetti a qualsiasi aspetto delle attività umane) la “cifra del potere”, per quanto pervasiva, è sempre instupidita dalla sua stessa hybris e contrastata dal buon senso e dal libero pensiero.

2) Non sono romanzi filosofici col gusto intellettualistico per la metanarrativa. Fforde  non è affatto algido: intellettuale sì, intellettualistico mai.

3) Non sono romanzi di fantascienza, benché non manchino viaggi nel tempo, paradossi temporali, tecnologie avveniristiche capaci di rimodellare la percezione della realtà.

4) Non sono romanzi fantasy, perché fantasy, in definitiva, è un’etichetta che, con  le sue infinite  sottocategorie,  vuol dir troppo e quindi dice niente.

5) Non sono thriller anche se ne assumono, talvolta, le movenze.

E allora di cosa parliamo? Parliamo di Originalità. Merce rara, bestia strana. Narrativa non ascrivibile ad alcun genere preciso. Del resto, quando qualcuno gli chiede a che genere appartengono i suoi romanzi Fforde storce il naso: non crede agli steccati (principalmente merceologici) che limitano l’invenzione.

L’unica cosa che si può affermare dei suoi libri è che appartengono, in senso lato, alla narrativa fantastica. Se proprio si volesse suggerire un’idea, si potrebbe dire che i volumi che compongono il ciclo di T. Next, starebbero bene, su uno scaffale ideale, accanto a quelli di Douglas Adams, Terry Pratchett e Walter Moers. Forse possiamo metterci anche qualche Cristopher Moore. Ma solo forse. Una parentela di atmosfere non sovrapponibili in quanto ad ambienti  e colori, ma accomunate dal gusto anarchico per l’invenzione, l’umorismo ininterrotto e la prodigalità fantastica; caratteristiche che generano nel lettore uno stato di gioia, stupore e gratitudine. Prendere o lasciare: o siete quel genere di lettore o non lo siete. Il lettore che non sa (e non vuole) ridere è un lettore che la gratitudine non la conosce. Lassù a Stoccolma, per esempio, ne sono vistosamente sprovvisti: mai una volta che si premi uno scrittore (anche) umoristico.

Il Sabotatore

D’altronde, lassù a Stoccolma sanno bene che la letteratura è una cosa molto seria: che i classici vanno nominati con un’ossequiosa vibrazione di narice. La stessa espressione che il padre di Micheal Banks (ancora Mary Poppins) assumeva parlando della Banca d’Inghilterra.

Allora che fa un sabotatore? Un sabotatore che, per sua stessa ammissione, ama viaggiare e ritiene i libri luoghi da visitare fisicamente? Bene, quel tipo di sabotatore lì entra nel regno di Sua Maestà Letteratura e sovverte i luoghi comuni che fanno di quel regno una torre d’avorio dal silenzio spettrale. Si badi non attraverso la parodia, (facile: troppo facile) ma immettendosi direttamente nella “centrale testi”.   Ecco cosa ha fatto Fforde.

Già nel suo primo romanzo (Il caso Jane Eyre, UK, 2001; Italia Marcos y Marcos, 2006) entra, infatti, nel famoso romanzo di Charlotte Brontë. O meglio, è la già citata Thursday Next ad entrarci per impedire all’arcimalvagio Acheron Hades (che ha rapito la romantica fanciulla, grazie al furto del “portale della prosa”) di ridurre la vicenda a un guscio vuoto. E che vi credete? Se oggi Jane Eyre finisce bene, lo si deve proprio a Thursday che, trovandosi tra quelle pagine a caccia del nemico, decide di alterare la trama del romanzo. Il lettore non lo sa ma prima del’intervento della detective letteraria il libro finiva davvero maluccio!

A Thursday l’infrazione (ha alterato un manoscritto originale) costerà un processo (prima sessione direttamente tra le pagine di Kafka, nel secondo volume del ciclo), ma al suo autore procura un successo inaspettato e folgorante.

Spiega Fforde che, inizialmente, l’editore  (Hodder & Stoughton) tirò un numero limitato di copie e le spedì a lettori qualificati (librai, insegnati di letteratura inglese, bibliotecari) così, tanto per capire  che impatto potesse avere quello stranissimo romanzo. Risultato? Esaltazione collettiva: «Questo libro è stato scritto per noi!». Le fortunate cavie avevano finalmente trovato la chiave per vivificare i ‘classici’: sottraendoli al destino di un’immortalità cadaverica. Il passaparola farà il resto, fino a spingere il Caso Jane Eyre al 5° posto della classifica del Nyt.

C’è un seguito vero?

Ah, la fama!  «C’è un seguito, vero?» chiede l’editore all’attonito Jasper. «Certo» risponde lui e, anche se non è vero, gli tocca presto inventarselo. È in quell’attimo di esitazione che Fforde capisce che scrivere, per lui, è innanzitutto una sfida. Non una sfida muscolare o romantica, ma logico-fantastica: «cosa succederebbe se entrassi in un libro; chi incontrerei? E come? Come potrei uscirne? Che genere di gente potrei incontrare? E che genere di problemi?». Un modo di affrontare la scrittura, spiega in seguito, che non lo abbandonerà mai: tutto si può scrivere bisogna solo capire come.

Col secondo romanzo, Persi in un buon libro, (UK, 2002; Italia,  Marcos y Marcos 2007) gli universi dell’agente Next si dilatano e Fforde dimostra di saper giocare non solo su più dimensioni ma anche su più tavoli;  riesce, cioè,  a sviluppare un numero sorprendente di linee narrative  che, intersecando i suoi universi, gli offrono l’opportunità di scatenare un’inventiva davvero mirabolante.

Infedele all’idea di genere e di omogeneità, Fforde miscela in un unico amalgama topoi e personaggi che, in teoria, non potrebbero mai incontrarsi sulla stessa pagina, scoppietta neologismi e giochi di parole, tratteggia situazioni del tutto originali. Tuttavia, se la sua immaginazione è quella di certi bambini che possono tranquillamente affermare che Cicciobello è figlio legittimo di Barbie, la sua maestria di tessitore dà vita a un macrouniverso mirabilmente coerente che, romanzo dopo romanzo, non smette di stupire, anzi moltiplica senza sosta le invenzioni. (Irresistibili quella del “pozzo delle trame perdute”: una sorta di immensa biblioteca dell’inedito e insieme coscienza collettiva degli scrittori al lavoro: un luogo ibrido in cui la narrazione in fieri diventa cosa concreta e si scontra con tutte le trappole della scrittura. Un luogo in cui l’astratto diventa materiale e  certe insidie stilistiche assumono la forma di batteri, i grammasiti,  capaci di parassitare e distruggere la prosa).

I volumi che seguono il Caso Jane Eyre, il già citato Persi in un buon libro e i seguenti il Pozzo delle trame perdute (UK 2003; Italia, Marcos y Marcos 2007) e C’è del marcio (Uk 2004; Italia, Marco y Marcos, 2009), mantengono l’andamento da thriller del primo romanzo (un arcinemico da combattere, un complotto da smascherare, una trappola fatale da sventare…), ma a soggiogare il lettore saranno i giochi sempre più sofisticati ed esilaranti delle sottotrame, ricchissime di spunti satirici sul mondo editoriale e sulla realtà politica (con notevoli capacità divinatorie, ahi noi). Le sottotrame sì, ma anche la caratura  dei comprimari: il padre di Thursday, disertore della Cronoguardia e mago stralunato delle manipolazioni temporali; lo zio Mycroft , occasionalmente nascosto – guarda caso – in un romanzo di Sherlock Holmes, per sfuggire alle brame della Goliath Corporation che vuole appropriarsi dei suoi talenti di scienziato svitato e visionario; l’insuperabile Miss Havisham (proprio quella di Grandi Speranze), intemperante tutor di Thursday nel mondo dei libri, dotata della proverbiale misandria ma altrettanto appassionata di motori; il Gatto del Cheshire, bibliotecario sornione e  lavoratore infaticabile. Impossibile citarli tutti (sono davvero tantissimi), certo è che come capita a molti cicli di successo sono soprattutto i comprimari a creare fidelizzazione.

Thursday non deve finire

E i lettori a quel mondo si affezionano. Eccome se si affezionano. Tant’è che quando Fforde con il quarto volume decide di chiudere la serie, tra i fan serpeggia la rivolta: Thursday non deve finire! A Jasper non resta che accontentarli (non vuol fare la fine dell’autore del kinghiano Misery!).

Seguono così a cadenza meno serrata First Among Sequels (2007), One of Our Thursdays is Missing (2010), The Woman Who Died a Lot (2012).

Purtroppo per il lettore italiano la serie si arresta con C’è del marcio; le avventure dell’indomita detective letteraria attecchiscono (e attecchiscono parecchio) solo in una cerchia assatanata di lettori. E’ vero che, forse, i libri di Fforde pullulanti di citazioni tratte prevalentemente dalla letteratura inglese non sono immediatamente recepiti come romanzi di svago (benché molte di quelle citazioni siano del tutto inventate), è vero che la stratificazione delle sottotrame ne fa romanzi per lettori attenti; ed è anche vero che certo umorismo inglese tutt’altro che compassato, (come vorrebbe lo stereotipo) non trova generalmente buona accoglienza nel nostro paese. Ma Thursday!

Sperando in una “Fforde Renaissence” che consenta all’editore italiano di scommettere di nuovo sugli ultimi titoli del ciclo, non possiamo tacere l’altra, non meno eccentrica, produzione del prolifico Jasper. La serie Nursery Crime (spin off del Pozzo delle trame perdute)  inedita in Italia come il primo volume della trilogia (non ancora ultimata) Shades of Gray, distopia che narra di un mondo in cui le gerarchie sociali sono stabilite in base alla facoltà di recepire i colori; la  serie per ragazzi The last Dragonslayer tradotta in italiano per Mondadori.

Infine ultima, non meno sorprendente, fatica: il romanzo Early Riser (Febbraio 2019): ambientato in un futuro prossimo venturo in cui gran parte del’umanità passa l’inverno in ibernazione letargica. Il che causa svariati problemi di salute quando ci si risveglia. Se ci si risveglia. E cosa accade se durante il sonno si diventa prede di sogni virali? E cosa succede se ci risveglia con una fame pericolosa?

Che tipo di sonno, Mr Fforde? E che tipo si fame? Che qui, (ma anche in UK) sembriamo tutti ibernati e affamati pure. Contemporaneamente.

Mr Fforde?

Ma Mr. Fforde se ne è già andato. Forse a casa sua, nel Galles; forse a sabotare l’ovvio, in qualche libro.

[Negli Archivi di Pulp Libri, Intervista a Jasper Fforde di Fabio Zucchella, n. 64]

Bibliografia

Serie di Thursday Next
– Il Caso Jane Eyre (The Eyre Affair, 2001), Marcos y Marcos,2006
– Persi in un buon libro (Lost in a Good Book, 2002), Marcos y Marcos, 2007
– Il pozzo delle trame perdute (The Well of Lost Plots, 2003), Marcos y Marcos, 2007
– C’è del marcio (Something Rotten, 2004), Marcos y Marcos, 2008
– First Among Sequels (2007)
– One of Our Thursdays is Missing (2010)
– The Woman Who Died a Lot (2012) 

Serie Nursery Crime
– The Big Over Easy (2005)
– The Fourth Bear (2006)

Serie di Eddie Russet (Shades of Gray)
– Shades of Grey 1: The Road to High Saffron (2011)

Serie The Last Dragonslayer
– L’ultimo Drago (The Last Dragonslayer, 2010), Mondadori, 2011
– La sfida di Kazam (The Song of the Quarkbeast, 2011); Mondadori, 2012
– Il destino dei draghi (The Return of Shandar, 2012);  Mondadori, 2013

Early Riser (2019)