È domenica mattina, quando Marteen aspetta invano di vedere i bambini del vicinato correre a prendere lo scuolabus, con i loro vestiti colorati contro il grigio degli alberi spogli e il bianco della neve. Glielo dice la moglie Vera, che è domenica. Sembra una svista, una cosa di nessun conto. Marteen sta alla finestra tutte le mattine, da quando è andato in pensione. Guarda nascere il giorno e guarda il mondo svegliarsi, sente i rumori del mare e della sirena antinebbia. Una mattina, a un certo punto si ricorda del padre, della sua abitudine di annotare la temperatura ogni mattina e ogni sera. Per nessuna ragione apparente, se non quella di saperlo. A Marteen sembra di essere lì, gli sembra di seguire il padre con il suo termometro. Vivevano a Amsterdam, e il termometro del padre segnava le temperature in gradi Celsius e Fahrenheit. Con precisione sempre uguale.
Comincia così, con i giorni che si confondono e la memoria dell’infanzia e della giovinezza che si fa sempre più nitida (di certo molto più nitida della memoria del “poco fa”), la discesa di Marteen nell’inferno della demenza senile. Nella tristezza della demenza senile. Lo seguiamo, con infinita tenerezza e infinito dispiacere, mentre giorno dopo giorno perde la capacità di stare nel presente, fino a diventare un pericolo per sé stesso. Esce per passeggiare con il cane, un giorno, e quando arriva al pub dove vorrebbe prendere una birra, è sicuro che dietro il bancone ci sia la fidanzata di quando era giovane, la ragazza che ha amato prima di Vera. Non si ricorda dove vivono i suoi figli né quanti anni hanno. Non sa se deve andare a una riunione di lavoro, sono sempre così noiose ma bisogna andarci. Nella sua mente il giorno e la notte, il passato remoto e quello prossimo si mescolano, si rincorrono e non si trovano. Il passato più lontano si fa più vicino. E sono quei ricordi che ci aiutano a ricostruire la vita di Marteen e di Vera. La fuga dall’Olanda occupata dai nazisti. L’arrivo negli Stati Uniti. Il lavoro, la vita con Vera, i figli, la casa sulla costa a nord di Boston, il mare.
Ma è il viaggio di Marteen a ritroso nel tempo, e la sua impossibilità di vivere una vita normale, a essere fondamentali in questo bel romanzo. Perché il punto di vista sulla malattia degenerativa della mente, che sia demenza senile o Alzheimer non viene dichiarato e poco importa, il punto di vista non è quello dei medici, né di chi sta intorno al malato, ma del malato stesso. Consapevole di quello che gli sta succedendo ma incapace di impedirlo. Marteen fa resistenza, cerca in tutti i modi di dissimulare i momenti di smarrimento, di minimizzare i pasticci che combina, di ridimensionare il problema dicendo “non ho mai avuto molta memoria”. Ma sa benissimo che il deterioramento della sua mente non può che peggiorare, e capisce di non essere più in grado di condurre una vita normale, neppure quella ridotta e circoscritta di un pensionato anziano. Sa che quel deterioramento lo porterà lontano dall’amata moglie Vera, lontano dall’amato cane Robert, lontano dall’amata casa che si è costruito e che abita da anni, lontano dall’amato oceano. E il fatto di recuperare sempre più frammenti e immagini del passato non è di grande consolazione, perché quel passato si presenta come un adesso, come il tempo di oggi e non come qualcosa che è stato. C’è nostalgia, nel ricordare tutto quello che abbiamo vissuto. E c’è molto, moltissimo dolore nel non riuscire a vivere quello che succede ora, nel presente, nell’oggi.
La bellezza struggente di questo romanzo sta nella consapevolezza che Marteen, seppure a tratti e per periodi sempre più brevi, riesce a mantenere. Perché non c’è vita senza la consapevolezza di stare vivendo. E Marteen, che immaginiamo mite, gentile, dolce e un po’ ingenuo, fa comunque di tutto per conservarla. Per questo siamo con lui dall’inizio alla fine. Per questo pensiamo, a libro chiuso, quanto è importante la ricerca sulle malattie mentali e in particolare su quelle degenerative, che sembrano colpire sempre più persone. È una questione sociale e organizzativa, di certo, ma è anche, individualmente, per ogni singolo essere umano, qualcosa di profondamente triste. Esserci senza poterci essere. Quando avrai perso la tua luce, Marteen, ci mancherai davvero. Come ci mancano tutti quelli che sono ancora in vita, ma con cui non possiamo tessere nessuna relazione.